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Gioventù Meloniana: inchiesta su giovani di FdI

Il vero problema della lettera – manifesto di Giorgia Meloni dopo l’inchiesta su Gioventù Nazionale

La lettera di Giorgia Meloni non segna solo il cambio di strategia di Fratelli d’Italia sull’inchiesta Gioventù meloniana. È anche l’ammissione di una difficoltà: cambiare radicalmente volto a un partito che è tutt’altro da quello che la presidente del Consiglio vorrebbe. O che almeno dice di volere.
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Non è semplice ricostruire le reazioni di Fratelli d’Italia alla pubblicazione dell’inchiesta del team Backstair di Fanpage.it su Gioventù Nazionale. In un primo momento la scelta era stata quella di non rispondere e sperare che la polemica si sgonfiasse. Il crescere dell’interesse pubblico, la diffusione dell’inchiesta sui media internazionali e la mobilitazione di diverse forze politiche avevano mostrato la debolezza strutturale di una simile strategia e quasi obbligato Fratelli d’Italia a cambiare approccio.

Dunque, la linea sembrava dovesse essere quella esposta dal ministro Luca Ciriani in Parlamento, in un intervento che è un piccolo compendio di strumentalizzazioni, tentativi di inquinare il dibattito, minimizzazioni della gravità dei fatti e accuse random ai giornalisti. Peraltro, il ministro dei Rapporti col Parlamento era sembrato più un difensore d’ufficio della giovanile di partito che un dirigente preoccupato di capire i fatti o isolare chi si fosse macchiato di comportamenti deprecabili.

Molto era cambiato dopo la pubblicazione della seconda puntata, è innegabile. Perché probabilmente la pressione sui dirigenti era cresciuta anche dall’interno del partito, dove in molti avevano considerato l’antisemitismo come la linea da non superare, proprio perché mette in crisi la narrazione meloniana in politica estera e non solo. Tant’è che, nelle ore immediatamente successive all’uscita del secondo capitolo dell’inchiesta, la sensazione era che si andasse verso una netta presa di distanza dai comportamenti di alcuni dirigenti di GN, magari accompagnata da interventi risoluti sul piano interno (dimissioni, allontanamenti o comunque l’apertura di procedimenti volti ad accertare eventuali responsabilità). Invece, l’intervento diretto di Giorgia Meloni, un durissimo atto di accusa nei confronti del nostro giornale accompagnato da una clamorosa richiesta di intervento del Presidente della Repubblica, aveva rimescolato le carte. Ed era partito un vero e proprio assalto alla diligenza/Fanpage, con in prima linea giornali di area ed esponenti di spicco di Fratelli d’Italia. Non staremo qui a ricostruire l’elenco degli attacchi, dei dossier e delle sciocchezze che ci è toccato leggere o ascoltare; segnaliamo solo come la messa in discussione del metodo giornalistico che abbiamo utilizzato sia avvenuta tirando in ballo giuristi e costituzionalisti, per culminare con una discutibilissima (e giustamente discussa) intervista del consigliere giuridico di Giorgia Meloni, in cui veniva legittimato l’appello a Mattarella e si immaginava l’intervento della magistratura. Lo ripetiamo, non contro i nostalgici del duce o i razzisti, ma contro i giornalisti d’inchiesta di questo giornale.

Come detto, però, il superamento della linea rossa e la solidità del lavoro giornalistico hanno fatto sì che questa strategia della delegittimazione e della confusione fosse destinata a fallire. E, indubbiamente, le parole di Liliana Segre, la risposta della stampa internazionale e nazionale, le critiche di quasi tutti gli esponenti di minoranza e la perplessità degli stessi alleati di Meloni, hanno giocato un ruolo chiave in tal senso. Così si è giunti all’ennesimo cambio di strategia difensiva, che si è esplicitato in una lunga e importante lettera di Meloni ai dirigenti del suo partito.

Il senso profondo della lettera di Giorgia Meloni ai dirigenti di Fratelli d'Italia

La missiva della leader di Fratelli d’Italia va oltre il merito dell’inchiesta, è allo stesso tempo una dichiarazione d’intenti e un richiamo all’ordine. Meloni non si limita a ribadire che “non c’è spazio, in Fratelli d’Italia, per posizioni razziste o antisemite, come non c’è spazio per i nostalgici dei totalitarismi del ‘900, o per qualsiasi manifestazione di stupido folklore”, ma fa un passo ulteriore, chiarendo il posizionamento politico del partito e ribadendo quali sono le coordinate ideologiche di riferimento. Fratelli d’Italia, scrive la presidente del Consiglio, è un partito conservatore e nazionalista (lei dice patriottico), il laboratorio della nuova destra europea, che si propone come alternativa netta e radicale alla “socialdemocrazia europea e occidentale”. Un progetto che, nell'idea di Meloni, è allo stesso di rottura (“possiamo essere il grimaldello per la fine dei giochi di potere, delle lobby, dei privilegi di pochi sulla pelle dei molti”) e di recupero di una supposta identità originaria delle nazioni (contro l'ideologia woke e le vorticose trasformazioni del mondo occidentale). Non è una strada semplice, ma proprio per questo ritiene di "non aver tempo da perdere" con nostalgici e personaggi macchiettistici.

Attenzione, perché questo è un passaggio importante, fondamentale. Se c'è una cosa che la nostra inchiesta ha mostrato con brutale evidenza è ciò che non va in una parte del processo di formazione della nuova classe dirigente di Fratelli d'Italia. Un'infiltrata dal profilo moderato e liberale viene portata a radicalizzarsi, perché è esattamente quello che trova nel suo percorso all'interno della giovanile di partito. Canti del Ventennio, slogan fascisti, riferimenti al nazismo, antisemitismo e razzismo, in questo senso non sono goliardia o folklore, ma elementi caratterizzanti di una comunità, che in parte è la fucina della classe dirigente del partito che governa il Paese. E che, come vi abbiamo raccontato in questo pezzo, subisce l'influenza di frange estremiste e nostalgiche.

Non è un caso che una delle pratiche di attivismo politico che la nostra giovane militante moderata dovrebbe fare consiste nell'attaccare adesivi con slogan fascisti. Così come non è casuale che i riferimenti dell'esperienza "di campo" della giovanile siano mutuati dalla vecchia tradizione dell'estrema destra postfascista. È un caso isolato quello del circolo frequentato dalla nostra giornalista? Dalle testimonianze raccolte nel corso dell'inchiesta e da alcuni contributi giunti in redazione dopo la pubblicazione della prima puntata, sembrerebbe di no. Ciò non significa che "tutti i circoli" siano coinvolti, né che "tutti i militanti" abbiano simpatie neo-fasciste, né che Gioventù Nazionale sia "solo questa".

È però evidente, come traspare dalla lettera di Meloni, che un partito moderno abbia bisogno di riferimenti nuovi, di rompere il legame con una tradizione, di abbattere gli idoli. Che quello della presidente del Consiglio sia un progetto serio e concreto o una semplice operazione di maquillage politico, non cambia di molto la sostanza del problema. Perché se "il problema" nasce dai giovani, da chi dovrebbe rappresentare il nuovo e portare il partito su un altro livello, allora la domanda è: questa operazione in Fratelli d'Italia è possibile? Il dubbio resta, in quanto la storia, i riferimenti culturali, i simboli, l'orizzonte ideale tanto della classe dirigente quanto dello zoccolo duro del partito sono lontani dalla tradizione conservatrice e molto diversi dall'impostazione della "nuova destra" che Meloni intende o almeno dice di voler costruire. E gli stessi attuali dirigenti di partito sembrano essere parecchio disattenti e distratti sul punto: possibile che nessuno di loro si fosse mai accorto di cosa avveniva nella giovanile? Possibile che parlamentari di spicco e altissimi dirigenti di Fdi non conoscessero le idee e le convinzioni di giovani con i quali collaboravano assiduamente? Ed è credibile un percorso di rinnovamento e cambiamento che ha fatto i conti con il proprio passato solo a chiacchiere, sorvolando su comportamenti assai singolari (la collezione di cimeli del Ventennio, i riti del presente, le ambiguità su Salò e via discorrendo) di propri dirigenti apicali?

Tralasciando la narrazione vittimista che fa da sfondo all'intera lettera e che sembra essere davvero la cifra irrinunciabile di ogni comunicazione pubblica, il punto è che Meloni sa bene quanto complesso sia questo percorso e quanto lavoro ci sia ancora da fare per trasformare Fratelli d'Italia in un partito conservatore e nazionalista che abbia piena dignità in Europa e che, addirittura, si ponga come modello per deframmentare un'area politica divisa come mai prima. Ma di questa svolta Meloni ha bisogno, per essere credibile in Europa e per operare quella trasformazione del Paese che ha in mente. Con i nostalgici, i razzisti e gli antisemiti non c'è proprio nulla che si possa costruire. Su questo, almeno, concordiamo con la presidente del Consiglio.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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