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Opinioni

Fo, Strada e gli altri. Le figurine al Quirinale

Una pletora di nomi: ma siamo sicuri siano davvero quelli giusti?
A cura di Federico Mello
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dario fo franca rame

Siamo sommersi da nomi. Sul web circolano in ogni dove, non c'è petizione che chieda di far salire al Quirinale questo o quel candidato, non c'è sito web che non lanci un sondaggio per sapere chi potrebbe essere il prossimo Presidente della Repubblica.

I nomi spaziano in ogni campo dello scibile umano. Dall'archeologi ai Nobel de teatro off; dagli astrofisici ai giornalisti; dai magistrati ai sociologi. Dario Fo, Gino Strada, Margherita Hack, Milena Gabanelli, Ilda Boccassini, Chiara Saraceno, Salvatore Settis, Stefano Rodotà. Questi quelli che vanno nella maggiore surfando blog, siti di news, portali di ogni genere.

Chiariamo subito: non c'è niente di male a fare nomi in libertà. Viviamo un momento di totale stallo istituzionale e mentre ogni politico, ogni corrente e ogni partito muove le sue pedine tattiche, c'è poco da fare: si può solo aspettare il prossimo inquilino del Colle. I media si adeguano: quando non c'è qualche scampagnata grillina da seguire, è inevitabile sbizzarrirsi con il toto-nomi.

Questa tendenza, però, a vedere figure completamente fuori dalla politica come possibili guide dello Stato, non è occasionale. Non parliamo dei casi Boldrini e Grasso, persone che comunque avevano intrapreso un percorso politico e che hanno ricevuto una nomina dal profilo essenzialmente di rappresentanza. No. Parliamo dell'idea diffusa che una una politica screditata in ogni modo, possa essere sostituita con successo dalla “mitica” società civile, che risulterebbe più competente, più onesta, “migliore”.

Ma è davvero così? È davvero pensabile che Gino Strada, chirurgo e filantropo, uomo al quale chiunque di noi dovrebbe dire “grazie!”, possa essere la persona giusta per districarsi tra crisi istituzionali, governo di scopo, mandato esplorativo, tutela della costituzione nelle quotidiane prassi parlamentari? O è possibile che Dario Fo, candidato pressocché a tutto nonostante i suoi 88 anni, sia in grado di fare politica? A riguardo la ex iena Pif ha recentemente ricordato con un video su YouTube, quando il premio Nobel decise di voler fare il sindaco di Milano nel 2006. Si candidò alle primarie del centrosinistra, prese il 23 per cento dei voti ed entrò in consiglio comunale. Dopo di ciò, nonostante il nutrito supporto popolare, che fece? Si dimise subito per “i troppo impegni” extrapolitici, compresa la curatela di una rappresentazione al Festival Rossini di Pesaro.

Una brava persona, insomma, una figura stimabile, può essere davvero un buon politico? Può essere addirittura un buon presidente della Repubblica? Io penso di no. È stata sacrosanta la battaglia di questi anni contro il professionismo della politica. Ma professionismo e professionalità non sono la stessa cosa. Per svolgere incarichi delicati, da cui discendono le sorti di tutti noi, ci vogliono persone che sappiano fare il loro lavoro.

Beppe Grillo e il Movimento 5Stelle ci hanno detto che persone comuni, soltanto in quanto “incensurate”, avrebbero fatto meglio dei politici “professionali”. Ma è così? Per ora in Parlamento sono state presentate quasi mille proposte di legge, di queste nessuna dai grillini. In campagna elettorale era tutto uno scalpitare, un promettere: ma com'è possibile “aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno” se non si declina la propria visione del mondo in leggi e provvedimenti?

Nel libro scritto insieme a Gianroberto Casaleggio, Siamo in guerra, i due santoni a 5Stelle si lanciano in un'apologia del cittadino comune. Questo non sarebbe solo statista, ma anche cronista. “Siamo tutti giornalisti” si intitola un capitolo. Ma se vogliamo essere informati su una inchiesta delicata, sui rapporti tra mafia e politica, sugli sprechi di un ente o sulla situazione in Nord Korea, davvero chiunque può dire la sua con identica autorevolezza? Io non lo credo. Non siamo tutti “dentisti” tra l'altro, né tutti idraulici o esperti di logistica. Non mi farei togliere il dente del giudizio dallo studente che abita affianco a me e studia antropologia culturale, così come non mi farei governare da una persone “onesta” che per campare gestisce – degnamente, ci mancherebbe – un Bed&Breackfast.

Il web, che mastica e risputa tutto, spesso azzera le sfumature. Se fossimo in grado di formulare meglio le nostre proposte, invece, queste risulterebbero senza dubbio più efficaci. Facciamo poca strada se riusciamo a far sedere una bella figurina al Colle del Quirinale. Può aiutare il Paese, invece, l'elezione di una persona con una storia irreprensibile ma anche dotata della preparazione giusta per farci uscire dal guado. Lasciamo ad ognuno fare il loro lavoro, le figurine lasciamole all'album dei calciatori: con una persona preparata al Colle, potremo sempre continuare a fare la nostra donazione annuale ad Emergency e a guardare ogni domenica le inchieste di Milena Gabbanelli.

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35 anni, leccese, giornalista. Sono stato blogger, poi Annozero, Il Fatto Quotidiano e Pubblico. Ho scritto «Il lato oscuro delle stelle» : http://goo.gl/nCnaI
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