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Opinioni

È ora che i 5 Stelle facciano i conti con la realtà: i decreti sicurezza vanno cancellati

Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte conferma che la prossima settimana il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese presenterà le modifiche al pacchetto sicurezza che porta la firma di Matteo Salvini. Il problema è che Governo si muoverà sulla strada tracciata dal Presidente della Repubblica, senza azzerare un provvedimento iniquo che per giunta nemmeno funziona. Il motivo? La posizione del Movimento 5 Stelle.
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La ministra Lamorgese ha avuto l’incarico di mettere a punto la versione finale delle modifiche del decreto sicurezza, il Consiglio dei ministri si riunirà per approvarle già nei prossimi giorni”. Le parole che il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte sceglie di affidare a Fanpage.it ufficializzano una notizia attesa da tempo: il governo ha intenzione di modificare i decreti sicurezza che portano la firma del leader della Lega Matteo Salvini. Modifiche che sembrava dovessero arrivare immediatamente dopo la nascita del governo giallorosso, come parte essenziale della convergenza programmatica tra le diverse anime che compongono la maggioranza che sostiene il secondo governo Conte in Parlamento. E che invece erano state bloccate sia da dissidi interni alla maggioranza che da alcune “perplessità” interne al Viminale (del resto, la ministra Lamorgese si è in un primo momento affidata allo stesso gruppo di tecnici e funzionari che quei decreti li aveva scritti per il suo predecessore Salvini).

L’esplosione dell’emergenza Covid-19 aveva poi definitivamente bloccato un percorso che ora dovrebbe ripartire proprio dal punto in cui si era interrotto: le osservazioni del Presidente della Repubblica. Come ricorderete, infatti, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva firmato il decreto sicurezza bis facendo due osservazioni / correzioni: una legata alla inapplicabilità della causa di non punibilità per la "particolare tenuità del fatto", l’altra alla sproporzione tra sanzioni e comportamenti nel caso delle multe per la violazione del divieto di ingresso nelle acque territoriali. Detto in parole povere, il Capo dello Stato rilevava come non si potesse limitare la potestà decisionale dei giudici (e impedire loro di fare appello alla “particolare tenuità del fatto”, non punendo dunque comportamenti e azioni di nessuna gravità o di chiara marginalità) e allo stesso tempo riteneva abnormi le multe previste dalla nuova normativa. L’idea iniziale di PD e M5s era dunque quella di cambiare i decreti sicurezza in due punti, limando solo marginalmente altri aspetti controversi. Un’operazione di maquillage che però non convince più, dal momento che più passa il tempo più appaiono evidenti le falle dell’impianto disegnato da Salvini e l’inefficacia delle misure in esso contenute.

Servono modifiche sostanziali e bisogna provare a cambiare le colonne portanti dell’architettura salviniana, nella considerazione che si sia trattato di un fallimento completo, di un’insieme di norme che ha prodotto solo disastri, finendo con il creare decine di migliaia di irregolari e cancellare centinaia di posti di lavoro. Il tutto senza che sia possibile azzerare tutto, dal momento che, come vi raccontavamo qui, si rischierebbe di determinare conseguenze gravi per l'intero complesso del sistema dell'accoglienza e della gestione dei flussi, peraltro in una difficilissima congiuntura economica e sociale. Un bel rebus, insomma, da cui Lamorgese intendeva uscire con un testo che comunque concedeva poco a sinistra e ancor meno alle pressioni di ONG e associazioni. Il piano della ministra, oltre che accogliere le richieste di Mattarella (riduzione delle multe e specifica su competenze dei giudici) e separare "anche concettualmente" immigrazione e sicurezza, prevedeva alcuni interventi giudicati necessari anche in relazione a diversi pronunciamenti della magistratura, tra cui la revisione del sistema di "permessi speciali" (probabilmente senza il ripristino della protezione umanitaria), la riscrittura delle norme sui rimpatri nel decreto sicurezza bis e alcuni chiarimenti normativi in relazione a questioni non proprio secondarie come l'iscrizione anagrafica. Finanche poco per alcuni esponenti del PD, che insistono, tra le altre cose, per la cancellazione dell'articolo 1 del decreto sicurezza bis, quello che consente di "limitare o vietare l’ingresso il transito o la sosta di navi nel mare territoriale" e che viene utilizzato in chiave ONG (anche da questo governo).

Chi si oppone alle modifiche ai decreti sicurezza

A mettersi di traverso sulla revisione consistente dei decreti sicurezza è il Movimento 5 Stelle, che non vuole andare oltre le correzioni di Mattarella e non ci pensa proprio a riaprire capitoli che considera chiusi definitivamente (in particolare sulla gestione dell'accoglienza sul territorio e sul già citato articolo 1 del dl sicurezza bis). La disponibilità grillina, esplicitata da Crimi, si ferma agli articoli 2 e 6 del dl sicurezza bis (pene, multe e sequestri), all'articolo 12 del TU sull'immigrazione (sulla confisca delle imbarcazioni) e alla revisione dei meccanismi di rimpatrio e gestione delle domande di protezione: niente abrogazione totale o stravolgimento dell'impianto di fondo, votato e sostenuto quando erano al governo con la Lega. Le ragioni sono sia politiche che strategiche: il M5s è scosso da una profonda crisi e gli attuali reggenti non vogliono fornire all'opposizione interna un ulteriore elemento di polemica, apparendo troppo remissivi nei confronti del PD o affidandosi anche in questo caso alle decisioni di Giuseppe Conte.

Ed è proprio il Presidente del Consiglio che deve decidere di prendere in mano la situazione per sbloccare un'impasse che rischia di durare a lungo o peggio ancora di partorire un provvedimento timido e in definitiva inutile. Non c'è solo una questione di natura per così dire ideologica di cui tenere conto. Il punto è che i decreti di Salvini non funzionano, sono scritti male e applicati peggio, hanno finito con il distruggere i presidi più funzionali alla buona accoglienza (il sistema Sprar, ad esempio), causando la perdita di posti di lavoro e persino la crescita del numero di irregolari. In estrema sintesi: l'abolizione fattuale della protezione umanitaria ha determinato la crescita del numero di irregolari, accelerando lo svuotamento dei centri di accoglienza e determinando, per dirla con le parole di Mario Morcone, "derive di esclusione sociale che inevitabilmente renderanno più fragili le persone che arriveranno in Italia enfatizzando il rischio di conflitti e rendendoli permeabili a percorsi di radicalizzazione"; lo smantellamento del sistema di accoglienza e il taglio dei costi hanno favorito solo i grandi centri quelli in grado di assicurare economie di scala e di "rientrare nelle spese", assestando un colpo durissimo ai piccoli centri e ai progetti a più alta vocazione sociale (con la perdita di centinaia di posti di lavoro); un numero sempre più alto di bandi è andato deserto, così come è diminuita la qualità del servizio offerto dagli aggiudicatari; la pressione sui centri per i rimpatri è aumentata, senza che il numero di rimpatri abbia subito un aumento considerevole (nei fatti, i governi Conte hanno fatto peggio dei precedenti, a dimostrazione di quanto siano complesse le pratiche per i rimpatri); numerosi pronunciamenti dei giudici hanno rilevato incongruenze, lacune e dubbi sulla costituzionalità delle norme (pensiamo alla questione dell'iscrizione anagrafica).

Insomma, da qualunque parte la si guardi, la partita sui decreti sicurezza è la più grande contraddizione di questo governo: norme che rimandano a un'idea mefitica di sicurezza, per giunta scritte male, che disincentivano i comportamenti virtuosi, generano confusione normativa e producono irregolarità e illegalità. E sarebbe ora che anche i 5 Stelle ne prendessero atto.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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