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Ddl Anticorruzione, governo battuto con il voto segreto sulla norma che attenua il peculato

Per la seconda volta in una settimana, il governo è stato battuto in Parlamento. Questa volta l’esecutivo è stato battuto alla Camera su un emendamento al ddl Anticorruzione. Con il voto segreto, l’emendamento presentato dall’ex M5S Catello Vitiello – espulso dal Movimento per la sua appartenenza alla Massoneria – che prevede un alleggerimento delle norme a contrasto dei reati di peculato e abuso d’ufficio, è stato approvato con 284 voti a favore e 239 contrari.
A cura di Charlotte Matteini
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Per la seconda volta in una settimana, il governo è stato battuto in Parlamento. Dopo lo scivolone in commissione al Senato sul condono per l'isola di Ischia contenuto nel decreto Genova, questa volta l'esecutivo è stato battuto alla Camera su un emendamento al ddl Anticorruzione. Con il voto segreto, l'emendamento presentato dall'ex M5S Catello Vitiello – espulso dal Movimento per la sua appartenenza alla Massoneria – che prevede un alleggerimento delle norme a contrasto dei reati di peculato e abuso d'ufficio, è stato approvato con 284 voti a favore e 239 contrari. La norma presentata da Vitiello assomiglia molto a quella presentata dalla Lega in commissione e poi ritirata a causa delle polemiche.

Che cosa prevedde questo specifico emendamento che sta causando così tante polemiche e spaccando la maggioranza? In pratica, la norma approvata modifica l’articolo 314 e il 323 del codice penale e prevede nel primo caso che “il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la autonoma disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, salvo che tale distrazione si verifichi nell’ambito di procedimento normato da legge o regolamento e appartenga alla sua competenza, è punito con la reclusione da 4 anni a 10 anni e 6 mesi" mentre nel secondo caso "la pena non può essere inferiore a due anni se il fatto del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio consiste nella appropriazione mediante distrazione di somme di denaro o di altra cosa mobile altrui delle quali ha il possesso o comunque la autonoma disponibilità per ragione del suo ufficio o servizio, nell’ambito di un procedimento disciplinato da legge o regolamento che appartenga alla sua competenza”.

Dopo l'approvazione, è scoppiata una bagarre in Aula e la seduta è stata sospesa con tanto di rinvio dell'esame del provvedimento a domani mattina. "Quello che è accaduto oggi in Aula è un fatto gravissimo. Così non si va avanti. Noi non salviamo i furbetti dalla galera. Chi ha votato Sì a un emendamento che va a favore dei delinquenti si sta assumendo una responsabilità enorme agli occhi dei cittadini”, ha tuonato il capogruppo M5S Francesco D'Uva. Alla maggioranza mancano all'appello 106 voti: la Lega ha 121 deputati, 9 erano assenti e altri 9 del Movimento 5 Stelle non c’erano.

"Voto in aula assolutamente sbagliato. La posizione della Lega la stabilisce il segretario. Il provvedimento arriverà alla fine come concordato dalla maggioranza", ha dichiarato Matteo Salvini intervenendo sul caso. I deputati della Lega, però, sostengono di non aver votato a favore dell'emendamento della discordia. Questa modifica salverebbe dalla condanna per peculato alcuni esponenti del Carroccio, come il viceministro ai Trasporti Edoardo Rixi, imputato per le “spese pazze” in Regione Liguria oppure il deputato Paolo Tiramani, condannato a un anno e 5 mesi nell’inchiesta sulla Rimborsopoli in Piemonte e proprio anche a causa di questo conflitto di interessi venne richiesto al Carroccio di ritirare una norma molto simile a quella approvata oggi, presentata in Commissione qualche tempo fa.

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