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Dallo Ius soli al fine vita, il Parlamento dimentica le leggi sui diritti civili

La pandemia e l’insediamento del governo Draghi hanno cancellato alcuni temi dall’agenda. Letta ha rilanciato la riforma della cittadinanza. Ma la morte assistita, la cannabis legale e la legge Zan sono finite nel cassetto. C’è chi, come Cappato, annuncia battaglia: “Pronti al referendum sul fine vita”. E molti parlamentari vogliono tentare la sfida del voto in Aula.
A cura di Stefano Iannaccone
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Le buone intenzioni non mancano affatto. Tra annunci di referendum e battaglia in Parlamento, con la promessa di portarle fino al voto in Aula, c’è chi vuole tirare fuori dai cassetti le leggi sui diritti civili. Questioni relegate in secondo piano da pandemia, Recovery plan e crisi economica. Almeno fino a qualche giorno fa, quando Enrico Letta ha rilanciato il confronto sulla riforma della cittadinanza per introdurre in Italia lo Ius soli. Un’accelerazione, certo, ma i risultati sono tutti da vedere. Così come resta da capire l’evoluzione delle altre iniziative: dal fine vita alla legalizzazione della cannabis. Senza dimenticare la legge Zan contro l’omotransfobia e la misoginia, già approvata alla Camera e in attesa del passaggio al Senato, e la tampon tax per ridurre l’Iva sui prodotti igienici femminili, in primis gli assorbenti. Tutto in stand-by.

Mentre in Spagna il governo Sanchez rende legale l'eutanasia, in Italia il discorso è fermo. Per questo c’è chi è intenzionato a portare avanti l’impegno con ogni strumento possibile. Marco Cappato a Fanpage.it annuncia: “Sulla legge per il fine vita proseguiremo con i ricorsi in Tribunale e stiamo valutando la strada per il referendum. Intendiamo dare la possibilità di fare esprimere i cittadini sull’abolizione dei divieti previsti in Italia”. “Su tutta la partita dei diritti civili si farà molta fatica”, commenta Giuseppe Civati, fondatore di Possibile e ora editore di People. “In Parlamento prevale la posizione del ben altro. Credo che questa maggioranza non si possa consentire lo Ius soli, anche perché vediamo qual è la linea della ministra Lamorgese sull’immigrazione”, aggiunge Civati.

Ma la senatrice del Partito democratico, Monica Cirinnà, promette il massimo impegno: “Bisogna sconfiggere l’immobilismo su questi temi. In questi anni abbiamo visto applicare la peggiore delle tecniche parlamentari, quella di decidere di non decidere. Un modo per non discutere nemmeno all’interno dei partiti”. Per la parlamentare dem, protagonista della legge sulle unioni civili, “le battaglie sui diritti non sono snobismo, né sono cose da salotti, ma afferiscono alla vita quotidiana delle persone. Diritti sociali e diritti civili sono legati in maniera indissolubile. La richiesta di integrazione si rivolge a tutti, ritenerli salottieri è un errore storico della sinistra italiana”. L’obiettivo minimo? “Arrivare in Aula alla votazione”, dice Cirinnà. Anche al prezzo della mancata approvazione: “Il voto è un atto di limpidezza nei confronti dei cittadini. Così sapranno chi vuole dare dei diritti in più e potranno fare le loro valutazioni”.

Non tutto sembra perduto sul percorso dei diritti civili. Quantomeno nelle dichiarazioni. “Sullo Ius soli Letta ha avuto il coraggio di rilanciare una battaglia che altri avevano paura di portare avanti”, dice a Fanpage.it Matteo Orfini, deputato ed ex presidente del Pd. Ma a che punto è l’iter della riforma? In commissione Affari costituzionali alla Camera sono state valutare tre proposte di legge e si attendeva un testo unificato. Con la crisi di governo si è bloccato tutto. Per Orfini il via libera non sarebbe un problema per il governo: “Trattandosi di un’iniziativa parlamentare ci può essere una maggioranza diversa da quella che sostiene l’esecutivo. È giusto portare avanti la sfida alla destra ed è ovvio che Meloni e Salvini non la vogliano. Ma il Parlamento ha la sua autonomia dal governo come previsto dalla Costituzione”.

L’ex presidente della Camera e attuale deputata del Pd, Laura Boldrini, invita ad “alzare la bandiera dei nostri valori, senza subire le intimidazioni e le urla della destra”. “In Italia – aggiunge – non si riesce a ragionare in modo serio sul tema della cittadinanza. La destra assume una posizione di rifiuto ideologico e aprioristico. Lo fa per sfruttare le paure dell’elettorato. Eppure il senso della legge è semplice: chi nasce e cresce in Italia, è italiano. L’esclusione di questi giovani è controproducente, eliminando i presupposti per creare integrazione”. Il segretario di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni, non vede però grossi sbocchi: “Già prima del governo Draghi c’era un arretramento su questo tema su cui esistono resistenze non solo dalla destra, ma anche all'interno del Movimento 5 Stelle e in alcuni settori del Pd”. Quindi, il leader di Si, rimarca: “Nell’attuale contesto sembra molto difficile arrivare all’approvazione di questa norma di civiltà. Del resto la destra parla dei diritti come una perdita di tempo. Dicono ‘c'è la pandemia e parlate dei diritti'. È evidente la strumentalizzazione della questione”.

Cappato, entrando nel dettaglio sulla legge per il fine vita, è duro nel suo giudizio: “Se l’Italia fosse una democrazia e se fossero rispettate le regole costituzionali, non ci sarebbe nessun problema a far approvare questa norma. Nessuno chiede a Mario Draghi di approvare una legge sull’eutanasia. Il Parlamento deve avere la libertà di votare su una norma chiesta, per due volte, dalla Corte costituzionale”. E invece? “In questo Paese ogni tema sociale diventa destabilizzante. Così prevalgono le chiacchiere da talk show e i partiti hanno il terrore di parlare di qualsiasi cosa”. Anche Fratoianni manifesta amarezza: “Anche sul fine vita la magistratura è arrivata prima della politica, riuscendo a capire meglio la trasformazione e l’ampliamento dei diritti. La politica non deve dare risposte alla Corte costituzionale, ma deve muoversi con autonomia”. In realtà la disattenzione su molte questioni era preesistente, ma è cresciuta con la pandemia. “Purtroppo il Covid, tra le tante cose, sembra averci portato via anche il diritto di parlare dei nostri diritti”, sintetizza Matteo Mantero, senatore ex 5 Stelle e ora nel gruppo Misto.

Nel limbo del governo Draghi rischia di finire anche la legge Zan, pensata per il contrasto all’omofobia e più in generale ai reati di odio. Il testo è stato licenziato a Montecitorio e ora è fermo al Senato. “Si sta lavorando per l’approvazione definitiva, anche perché alla Camera è passata con una maggioranza che travalicava quella che sosteneva il Conte 2. Alcuni deputati di Forza Italia l’hanno votata insieme ad altri parlamentari di centrodestra”, osserva con Fanpage.it Alessandro Zan, deputato del Pd che ha proposto la riforma. Insomma, la legge è a metà strada. “Con il cambio di governo il cammino è più in salita”, ammette Zan. Che comunque promette: “Bisogna fare tutti gli sforzi per arrivare al via libera finale. Si tratta di una legge di civiltà, che anche le destre dovrebbero sostenere. Tanto per fare un esempio: in Francia una legge contro l’omofobia è stata approvata da una maggioranza di centrodestra nel 2004”. La contestazione che viene mossa è quella della lesione al diritto di opinione: “La libertà di espressione è messa in sicurezza. Nel testo si parla di discriminazione e di violenza. La realtà è che c’è solo chi vuole strumentalizzare questo punto. C'è uno zoccolo di omofobi che non vuole mollare”, incalza Boldrini. E l’ex presidente della Camera è perentoria: “La mancata approvazione sarebbe un segnale oscurantista”.

Un altro corposo capitolo è quello della legalizzazione della cannabis. “Non facciamoci illusioni, la proposta aveva più possibilità di passare nel Conte 2”, afferma Giuseppe Brescia, deputato del Movimento 5 Stelle e presidente della commissione Affari costituzionali alla Camera. Solo che, ricorda il parlamentare del M5S, “Italia Viva ha bloccato persino l’emendamento sulla canapa industriale nell’ultima Legge di bilancio”. Il barometro vira verso il pessimismo, in questo caso: “Possiamo pure continuare a fare proposte – osserva Brescia – ma da soli non abbiamo la maggioranza per poter far fare all’Italia questo passo in avanti di civiltà. Perde la legalità e vincono le mafie. Purtroppo”. Mantero annota un altro elemento: “Sarebbe una garanzia per la tutela della salute dei consumatori”. Il segretario dimissionario di +Europa, Benedetto Della Vedova, propone un modello: “Il continente nordamericano è diventato in larga maggioranza libero dal proibizionismo sulla cannabis, ottenendo effetti positivi sul controllo delle sostanze, sulla legalità e sull’erario”.

E c’è un’altra battaglia che dovrebbe essere posta al centro dell’azione: “Va data tutela a tutti i bambini nati dalla procreazione medicalmente assistita, fatta all’estero, e ai figli delle coppie arcobaleno”, insiste Cirinnà. Last but not least, c’è la tampon tax, l’Iva sui prodotti igienici femminili: “Tutte le forze politiche dovrebbero capire che il ciclo non è un lusso”, incalza Boldrini. “In un momento difficile come questo – prosegue la parlamentare del Pd – è ancora di più necessario mandare un segnale alle ragazze e alle donne di questo Paese. Il fatto che non ci siano mai risorseper le donne denota che non c’è alcuna uguaglianza per le donne. Non ci arrendiamo, ma è squalificante non trovare risorse sull'uguaglianza delle donne”.  Sul tema si intravede un po’ di ottimismo: “Speriamo che almeno facciano la tampon tax, che costa poco”, chiosa Civati. Così da portare a casa almeno uno dei temi sul tavolo.

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