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Il presunto terrorista arrestato grazie ai migranti (e che non era un imam)

Chi è e di cosa esattamente è accusato il 22enne somalo arrestato a Campomarino per istigazione al terrorismo islamico? Ricostruendo la vicenda, l’operazione sembra sia partita su segnalazione degli ospiti del centro d’accoglienza Happy Family. Il ragazzo, però, non è un Imam, tantomeno è un rifugiato, come invece ripetutamente affermato nella giornata dell’arresto.
A cura di Charlotte Matteini
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Allarme terrorismo Roma

Cosa sappiamo davvero sul giovane somalo arrestato in provincia di Campobasso con l'accusa di "istigazione alla commissione di delitti con finalità di terrorismo"? Le informazioni attualmente in circolazione ancora non permettono di tracciare un ritratto quanto più aderente alla realtà e ricostruire la vicenda con esattezza. Questa mattina, un comunicato stampa della Questura di Campobasso ha annunciato il fermo del 22enne sospettato di avere forti legami con il terrorismo islamico, in particolare con il Daesh:

Questa mattina, alle ore 6.30, presso il Centro di accoglienza rifugiati richiedenti asilo di Campomarino (CB), personale della Polizia di Stato di Campobasso – DIGOS – ha proceduto all’esecuzione di fermo di indiziato di reato di un cittadino somalo, richiedente asilo, emesso dal Procuratore della Repubblica di Campobasso, Armando D’Alterio, per il seguente reato: artt. 81 e 302 c.p.: perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, svolgeva reiterata attività di istigazione alla commissione di delitti con finalità di terrorismo, nei confronti di correligionari ospiti della struttura di accoglienza per richiedenti asilo “Happy Family” di Campomarino.

In particolare, resa nota ai predetti ospiti la sua adesione agli obiettivi e metodi delle organizzazioni terroristiche internazionali, di matrice confessionale, “Al Shabab” (operativa in Somalia) e “Isis” ovvero “Daesh” (operativa in Iraq, Libia ed altri Stati del Medio Oriente e Nord Africa) aventi lo scopo di compiere atti di violenza con finalità di terrorismo internazionale, nei Paesi europei ed extraeuropei, in quanto ritenuti contrapposti ai principi ed agli interessi dell’Islamismo, nell’eccezione estremista e violenta sostenuta da dette organizzazioni, invitava   alla conseguente azione violenta, da realizzare nell’ambito della “Jihad” islamica, al punto da ottenere seguito da alcuni ed altamente allarmare altri correligionari, riottosi alla deriva terroristica, così costretti ad allontanarsi dalla preghiera comune ed indotti ad auspicare l’intervento delle forze dell’ordine.

I titoli dei giornali, comprensibilmente, hanno puntato a enfatizzare l'imminente allarme terrorismo, scrivendo che il somalo stesse organizzando un attentato a Roma, precisamente alla stazione Termini. Verso le 16.30, però, l'Ansa batte un'agenzia che ridimensiona parzialmente le informazioni finora pubblicate dalle testate italiane:

"E' stata una conversazione intercettata tra due soggetti residenti all'interno del Centro per rifugiati di Campomarino, in cui l'imam veniva definito un esaltato pronto a passare alla mobilitazione, a far scattare il fermo nei confronti del ventiduenne somalo. Secondo gli uomini dell'Antiterorrismo e della Digos della Polizia che hanno condotto le indagini, il somalo era un soggetto pericoloso, una figura che in poco tempo aveva avviato un'attività di proselitismo e si era imposta all'interno del centro che lo ospitava con posizioni dominanti e radicali. Agli altri ospiti della strutture l'uomo diceva di appartenere ad Al Shabaab, il movimento terrorista somalo".

Fin qui, la notizia rimane pressoché identica a quella fornita nella mattinata. La seconda parte dell'agenzia, però, prosegue con una sorta di smentita:

 Nei suoi confronti, sottolineano fonti qualificate, c'erano elementi per ritenere che fosse nella fase della mobilitazione, ma alcun segnale che da qui potesse passare alla fase operativa: né dalle conversazioni intercettate né dagli elementi raccolti, infatti, è emerso che l'imam avesse un piano operativo per entrare in azione, del materiale per compiere il presunto attentato né le capacità per utilizzarlo. Il fermo è scattato anche in considerazione di un altro elemento: al giovane somalo era stato negato lo status di rifugiato e, dunque, di qui a breve avrebbe lasciato la struttura di Campomarino. In considerazione della sua pericolosità, dunque, si è deciso di bloccarlo ed evitare che potesse far perdere le sue tracce.

Il pericolo di un imminente attentato a Termini pare essere alquanto recondito, da quanto si apprende dall'Ansa. Altra smentita: da più parti il somalo era stato descritto come uno rifugiato ospite del centro d'accoglienza di Campomarino, Happy Family. Anche in questo caso la definizione appare scorretta: lo status di rifugiato era stato negato al giovane e per questo motivo a breve avrebbe dovuto lasciare la struttura che lo ospitava e proprio per questo motivo è stato preventivamente fermato, per evitare una possibile fuga.

"La notizia, ripresa e rilanciata da tutti i media nazionali, preoccupa chi qua dentro ci lavora e sa perfettamente – ed è pronto a giurarlo – che il somalo è un’eccezione, la stragrande maggioranza di questi ragazzi sono a posto, sono giovani che hanno bisogno di una seconda chance e non hanno niente a che vedere con l’Isis e il terrorismo", dichiara allarmato Sebastiano Di Nardo, responsabile dell’Happy Family, ai cronisti del Primo Numero, testata molisana che sta seguendo attentamente il caso.

Le frasi che hanno allarmato i ragazzi ospiti del centro di Campomarino appaiono inquietanti: “C’è una strada più semplice: quella di attrezzarsi e farsi saltare in aria”. Oppure: “Cominciamo dall’Italia, andiamo a Roma e iniziamo dalla stazione”. Ma, come spiega lo stesso Di Nardo, è stato proprio grazie "ai ragazzi musulmani ospiti dell’Happy Family, che hanno segnalato il tenore di quelle affermazioni" che il 22enne è stato tratto in arresto. Di Nardo spiega inoltre che i responsabili del centro erano al corrente dell'imminente operazione della Digos: "Eravamo stati avvertiti. Ma erano mesi che andava avanti l’indagine, avvenuta nella massima riservatezza. Gli agenti sono stati di una discrezione straordinaria e noi, da parte nostra, ci siamo ben guardati da farci scoprire, mantenendo sempre la calma".

Durante l'intervista, Di Nardo racconta:

Cosa hanno fatto, esattamente?
«Hanno notato certi comportamenti soprattutto durante la preghiera del venerdì, il giorno sacro dei musulmani, e mi hanno avvisato. Mi hanno raccontato che lui inneggiava alla Jihad, riferiva di avere contatti con Isis e altre organizzazioni terroristiche, cose così. Ripeto: se non ci fossero stati loro, i giovani musulmani ospiti del centro, non si sarebbe avviata l’indagine»

E tu cos’hai fatto?
«Ho avvertito le forze dell’ordine. Tutto è cominciato così, e c’è stata una grande collaborazione».

Ma era veramente un Imam, come viene definito da quasi tutte le fonti giornalistiche italiane? Dalla risposta, pare di no:

Era l’Imam dell’Happy Family?
«In realtà no. Si è trovato per caso a fare l’Imam perché quello di prima è stato trasferito in un altro centro. Ha preso in mano la preghiera del venerdì e nel corso delle settimane ne è diventato il curatore. Era un Imam non riconosciuto, possiamo dire così. Ma al di là dei momenti in cui guidava la preghiera, non c’era nulla in lui che potesse aprire al sospetto che ambisse a fare il terrorista».

Alcuni giornali parlano di un secondo fermo nella vostra struttura per concorso in istigazione al terrorismo.
«Non c’è stato un secondo fermo. C’è un ragazzo che ascoltando le parole dell’amico somalo forse si è lasciato condizionare troppo. Ma non è stato arrestato, è ospite da noi».

 "Il provvedimento contiene alcune intercettazioni, o meglio alcuni stralci di intercettazioni che lasciano un po’ il tempo che trovano – ha detto l’avvocato Di Renzo – Oltre a quella resa nota in cui il mio cliente avrebbe detto «cominciamo dall’Italia, andiamo a Roma e iniziamo dalla stazione», c’è anche quella in cui una seconda persona a cui il mio assistito aveva prestato il cellulare parla con un terzo soggetto per raccontare ciò che stava facendo all’Happy Family e cioè proselitismo. Sempre questa seconda persona ha detto di lui che voleva andare in Siria per allearsi con l’Isis. Ma siamo ancora in fase cautelare, quando avrò il fascicolo potrò dire di più", ha dichiarato a Primo Numero l'avvocato Di Renzo, che ha inoltre raccontato che il proprio assistito avrebbe chiesto per quale motivo fosse stato arrestato dagli uomini della Digos: «Non ho fatto nulla, non ho capito neppure perché sono venuti a prendermi».

Alfano tweet


Il ministro dell'Interno, Angelino Alfano
, non appena la notizia dell'arresto è stata diffusa, si è subito complimentato su Twitter con le Forze dell'Ordine e ha dichiarato: "Il rischio zero non esiste ma l'arresto a Campobasso dimostra che il sistema di prevenzione funziona. Non dobbiamo distrarci ed il nostro grazie sincero va al lavoro svolto dalle Forze dell'Ordine". Leggermente più cauto rispetto a quando, l'anno scorso, festeggiò sui social l'arresto di Abdel Majid Touil, accusato di terrorismo internazionale e strage che rimase in carcere per cinque mesi e mezzo,  fino a che i magistrati milanesi titolari del fascicolo decisero di archiviare le accuse in quanto gli indizi raccolti dalle autorità tunisine, che ne chiedevano l'estradizione, erano così labili e inconsistenti che non sarebbe stato possibile procedere in altra maniera.

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