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Comunali, Cateno De Luca (Sud chiama Nord) a Fanpage: “Contro questo csx anche una mezza cartuccia sembra un gigante”

Cateno De Luca, fondatore di Sud chiama Nord, è stato eletto sindaco di Taormina, la quarta città che guiderà. Il suo movimento si proietta su scala nazionale: ha fatto eleggere due parlamentari, e ora guarda alle elezioni europee con un nuovo soggetto di centro, insieme anche a Renzi e Calenda. La sua intervista a Fanpage.it.
A cura di Luca Pons
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Cateno De Luca, il leader del movimento meridionalista Sud chiama Nord, a 51 anni sarà sindaco per la quinta volta, nel quarto Comune diverso. Già sindaco di Messina durante la pandemia, alle ultime amministrative ha vinto al primo turno a Taormina, raccogliendo più del 60% dei voti. Il suo movimento, fondato lo scorso anno, oggi esprime due parlamentari e con le prossime elezioni europee vuole arrivare anche a Bruxelles. In un'intervista a Fanpage.it, De Luca ha commentato i risultati delle comunali e tracciato le ambizioni di Sud chiama Nord.

È la sua quinta elezione a sindaco, c'è stato qualcosa di diverso rispetto alle altre volte?

Non direi: anche questa volta mi sono trovato con tutto l'arco costituzionale contro. Nonostante ci fosse un sistema maggioritario, a Taormina tutti – da Pd a M5s, da Fratelli d'Italia a Forza Italia – si sono concentrati per fermare la mia candidatura. Era già capitato a Messina nel 2018 e nel 2022, a conferma che la nostra esperienza civica ha evitato di schierarsi e si è affermata sul territorio grazie al buon governo.

Queste comunali sono state una vittoria del centrodestra?

Più che altro una debacle del centrosinistra. Si è dimostrato inesistente, sia nella proposta politica che nella scelta delle candidature. Non è tutto merito del centrodestra: quando ti trovi nel deserto dei Tartari, anche se sei una mezza cartuccia diventi un gigante. Bisogna sottolineare la totale assenza del centrosinistra, anche proprio in termini di progettualità di alleanze. Ci siamo trovati con delle forze alternative all'area di governo che sono andate divise ovunque. È ovvio che la credibilità per governare è pari a zero.

In Sicilia per Sud chiama Nord avrebbe voluto trovare più alleanze con le opposizioni?

Le abbiamo trovate in alcuni centri, per cercare di capire se la formula poteva attecchire. Ma anche noi siamo rimasti fagocitati da questo vuoto cosmico. Anche la nostra presenza non ha cambiato il fatto che l'elettorato vede il centrosinistra come incapace di esprimere delle proposte di governo concrete. Va avanti con slogan vuoti, imita in malo modo la comunicazione per iperbole di alcune forze del centrodestra. Ma c'è una differenza: il centrodestra ha un gruppo di forze politiche che camminano in marcia unite, con poche eccezioni. Invece, tra gli altri, l'eccezione è stare insieme. Così, anche quando avviene, non c'è credibilità.

È soddisfatto dai risultati del suo movimento? Tra i capoluoghi, ha vinto il candidato che appoggiavate solo a Ragusa.

Abbiamo iniziato un percorso di sdoganamento di Sud chiama Nord che era concentrato nella provincia di Messina, dove abbiamo percentuali bulgare che hanno superato in alcuni casi il 50% e dove abbiamo eletto anche tanti sindaci. Negli altri territori, stiamo costruendo il movimento, per noi queste elezioni erano dei piccoli test. Alcuni sono andati bene, altri un po' meno, ma complessivamente siamo soddisfatti. Il nostro sistema si sta allargando a livello regionale, e ora lo lanceremo a livello nazionale.

Quali sono le vostre ambizioni su scala nazionale?

Far parte di un raggruppamento civico che abbia le caratteristiche e la credibilità per superare il 4%. Partendo dal presupposto che, come obiettivo principale, coltiviamo il nostro brand meridionalista. Faremo degli accordi, ci sono già interlocuzioni in corso, ma solo con chi preserva questo nostro obiettivo, il richiamo alla nostra matrice principale.

Interlocuzioni con chi?

Con vari soggetti, da Letizia Moratti a Renzi, da Azione a Fioroni e altri movimenti civici. L'obiettivo è mettere in piedi una proposta credibile entro fine giugno, con un comune denominatore: per noi, questo è l'equità territoriale. Non vogliamo che il sistema-Italia salti per l'esaltazione di egoismi territoriali, come sta facendo la Lega con l'autonomia differenziata.

Alle prossime europee si presenterà anche lei personalmente?

Sì. Sarò capolista in due collegi, quello delle Isole e del Meridione, a suggellare il nostro interesse in quest'area del Paese. Ovviamente abbiamo anche dei candidati da inserire in tutti i collegi, ma questo farà parte di un ragionamento che dipenderà dalle forze politiche e civiche con cui chiuderemo la piattaforma.

Alle scorse politiche lei si è candidato al Senato, sfidando l'ex presidente di Regione Musumeci, ed era anche candidato alla presidenza della Sicilia, ma ha perso entrambe le elezioni. Dove vorrebbe essere tra dieci anni?

Presidente della Regione siciliana. Questo è sempre stato il mio obiettivo conclusivo, non sono affascinato da ruoli oltre lo Stretto. L'ho anche confermato alle ultime elezioni: i due parlamentari che abbiamo eletto, Dafne Musolino e Francesco Gallo, erano assessore e vicesindaco quando ero sindaco di Messina. Quindi è chiaro che, se volevo fare una passeggiata a Roma, non mi mancava la possibilità. Sono rimasto in Sicilia, e ho confermato il mio impegno sul territorio: mi definisco ‘statista di trincea', come tutti i sindaci. Nell'attesa di completare questo percorso facendo il ‘sindaco di Sicilia', mi tengo in allenamento con una comunità complessa, dissestata e stuprata politicamente com'è Taormina.

Rispetto all'attuale governo avete dei punti di distanza, ma avete votato a favore di alcune proposte, come il Ponte sullo Stretto. Lei stesso in passato è stato vicino al centrodestra. Valutereste di far entrare Sud chiama Nord nella coalizione di maggioranza, se ci fosse l'opzione? 

No. Noi abbiamo dato voto favorevole sul Ponte di Messina, ma quando io ero ‘pontista' il buon Salvini saltava e faceva le tarantelle per inneggiare a un'eruzione del Vesuvio che facesse sparire i napoletani, o dell'Etna per i siciliani. Parliamo del 2006: quell'anno a settembre organizzai una grande manifestazione a Roma per spingere il progetto. Salvini non può continuare a giocare con il Ponte sullo Stretto senza una strategia complessiva di ciò che serve per renderlo funzionale (alta velocità, potenziamento dei porti, rete autostradale…). Servono 30 miliardi di euro, dal governo non abbiamo visto una strategia che metta sul tavolo le risorse e il cronoprogramma appropriati. Per come viene propinato adesso è poco più di un giochino, per questo ho regalato a Salvini un ponte di Lego.

Anche sull'autonomia differenziata il governo sbaglia?

Quello è un disegno criminale. Aumenterà il divario Nord-Sud. Oggi al meridione mancano circa 60 miliardi di euro l'anno di spesa pubblica. Se si cristallizza la spesa storica, l'autonomia differenziata conclamerà la situazione attuale senza dare nessuna prospettiva. I Lea sulla sanità risalgono al 2001, e da allora non è cambiato niente. I I fondi perequativi per le autonomie locali esistono dal 2010, e non è cambiato niente. Noi non abbiamo paura dell'autonomia, ma bisogna metterci nelle stesse condizioni di partenza. Altrimenti è come pretendere che una squadra di calcio giochi allo stesso modo in un campo di erba sintetica oppure in un campo di terra battuta pieno di buche.

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