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Festival di Sanremo 2024

Il napoletano di Geolier e quello di Pino Daniele sono totalmente diversi. Ma figli della stessa città

Geolier, il testo in dialetto napoletano per Sanremo e l’occasione che fornisce: capire come si muove la città attraverso l’uso delle parole.
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Era inevitabile che accadesse ed è accaduto. Nulla è lasciato al caso, tutto come da copione e probabilmente già previsto dalla Warner Music, la major discografica che pubblica gli album del trapper napoletano Emanuele Palumbo, in arte Geolier. La canzone di Sanremo 2024 – o meglio il testo depositato per il Festival, perché la canzone sarà nota solo durante lo show – ha scatenato critiche a non finire per com' è scritta, ovvero in un dialetto napoletano riportato così come viene pronunciato. Il testo sanremese, dal titolo "I p' me, tu p' te" , scritto a più mani – si contano almeno altri 6 nomi oltre quello del cantante – non tiene conto di quelle regole che, seppur non rigide e codificate come quelle di una lingua consolidata e nazionale, definiremmo universalmente accettate.

L'enorme popolarità del dialetto parlato a Napoli

Il napoletano è uno dei dialetti più noti d'Italia e negli ultimi anni ha avuto una poderosa diffusione nazionale fra i giovanissimi grazie al successo di serie tv diffuse in Italia e all'estero (sottotitolate) come "Gomorra", "L'Amica Geniale",  "Mare Fuori".

La notorietà della lingua parlata a Napoli e in provincia non è roba di oggi: è legata a canzoni note in tutto il mondo (una su tutte «'O sole mio»),  a spettacoli teatrali, poesie e romanzi. Solo qualche nome fra i tanti: Eduardo Scarpetta, Salvatore di Giacomo, Ferdinando Russo, Libero Bovio, Raffaele Viviani,  Eduardo De Filippo, Totò. E ancora, in anni recenti: Sergio Bruni, Roberto Murolo, Nuova Compagnia di Canto Popolare, E Zezi,  Edoardo ed Eugenio Bennato, Pino Daniele, Enzo Gragnaniello, Almamegretta, 99 Posse, 24 Grana. E oggi: Tommaso Primo, Roberto Colella, Davide Petrella "Tropico", Davide Napoleone e molti altri.

Chi con le parole ci lavora, difende quel dialetto consolidato che ama leggere, parlare e scrivere magistralmente. È il caso di Maurizio De Giovanni: «La lingua napoletana non meritava questo strazio – dice -. Bastava chiamare qualcuno e farsi aiutare, con un po’ di umiltà».

Gennaro De Crescenzo presidente del Movimento Neoborbonico, ha invitato Geolier «e la sua casa discografica milanese» a seguire uno dei corsi di lingua napoletana che organizza con l’associazione ‘I Lazzari’. E gli ha anche corretto il testo della canzone, diventato «I’ pe mme, tu pe tte /  Nuie simmo ddoie stelle ca stanno cadenno /  Te staie vestenno pure sapenno ca t’hê ‘a spuglià…» e così via.

Analisi linguistica del napoletano usato da Geolier

La domanda che ora molti si pongono è: ma quello di Geolier è vero napoletano? È una evoluzione o si tratta di frasi sgrammaticate, di forzature? Fanpage.it aveva già chiesto ad un popolare (e anonimo) divulgatore di lingua partenopea su Tiktok, che si fa chiamare "L'Auciello" come dovremmo giudicare i suoi testi:

Il napoletano di Geolier è ricco di prestiti dall’italiano, ma la struttura grammaticale è solidamente napoletana. Tutte le lingue cambiano da una generazione all’altra.

Non solo noi non parliamo più lo stesso napoletano che parlavano i nostri nonni, ma neanche i nostri nonni parlano il napoletano che si parlava nell’800 […] Non è mai esistito un napoletano puro che è stato "corrotto dai giovani d’oggi": le uniche lingue pure e immutabili sono le lingue morte.

Come sempre, nei casi che riguardano le lingue, la loro evoluzione e utilizzo in vari contesti ci sono regole, ma c'è anche un grande dibattito che non porta necessariamente ad una ragione o un torto netti.

Uno dei libri recenti e più interessati sulla questione, dal titolo "Napoli e la Campania", scritto da Pietro Maturi per gli Itinerari del Mulino, parla anche di Geolier, di “Mare Fuori” e di quel dialetto, inserito nel capitolo «Nuovi usi del napoletano» che – come dicevamo – essendo vitale, da secoli conosce una vasta e valida produzione letteraria e paraletteraria.

Maturi racconta della «nuova scena musicale in dialetto napoletano» che ha prodotto una nuova immagine del dialetto, oggi percepito anche dal resto dei giovani italiani come «un codice giovanile e avanzato». Il docente universitario fa risalire questo filone ai 99 Posse, fino ad arrivare a Liberato, i cui testi includono anche elementi spagnoli, francesi e inglesi e sono privi della connotazione politica rispetto a quelli del gruppo di Luca ‘Zulù‘ Persico, sorto negli anni del movimento universitario della "Pantera".

Quando si parla della «grafia spontanea improvvisata» del partenopeo, contrapposta alla «tradizione scritta consolidata»  Maturi fa chiaramente capire che il conflitto fra le due modalità non è argomento nato oggi e che difficilmente si troverà mai un punto di mediazione.

La particolarità di Geolier, ciò che oggi fa discutere, è stata quella di far "salire" il suo testo in napoletano stile «scrivo come lo parlo» agli onori di canzoni destinate, checché se ne dica, a occupare uno spazio (piccolo o grande non lo decideremo noi ora) nella musica leggera di questo Paese. E sicuramente nella storia del Festival della Canzone Italiana.

L'operazione Geolier a Sanremo 2024

Geolier arriva a Sanremo "bussando coi piedi", ovvero carico di vendite e sold out nei concerti, nessuno gli ha regalato niente. Può permettersi oggi di andare con quel testo lì al Festival perché è il golden boy dell'industria discografica italiana, altrimenti – sia chiaro – non avrebbe mai potuto farer certe scelte.

Amadeus sa benissimo che portare Geolier a Sanremo significa accedere ad un pubblico di under 18 che in stanza il televisore manco ce l'ha e guarda serie, film, sport ed eventi in streaming sul cellulare.

Anche Pino Daniele, Massimo Troisi e Alessandro Siani furono osteggiati per il dialetto

Pino Daniele aveva 18 anni quando ha scritto e musicato "Napule è", che possiamo considerare una delle più belle canzoni mai scritte.

Non molti lo ricordano ma Pino fu osteggiato per i suoi testi in dialetto, in certi casi contestato: c'è il video di un concerto a Pescara nel 1980 che lo dimostra.

Lo stesso accadde per Massimo Troisi. Quando il regista e attore morì, fu Roberto Benigni a ricordare chi lo sminuiva, nei versi di una affettuosa poesia in sua memoria: «"Non si capisce", urlavano sicuri / "questo Troisi se ne resti al Sud!" / Adesso lo capiscono i canguri / gli Indiani e i miliardari di Holliwood!».

Alessandro Siani, oggi attore e regista di cinema e teatro, nei primi anni – prima ancora del successo di  "Fiesta" – pure ha subìto molti sfottò per il suo dialetto preso dalle conversazioni in metropolitana e dai ragazzini del muretto.

Molta gente aveva condannato Troisi e Daniele ad una dimensione regionale per il solo fatto di aver scelto il napoletano come modalità espressiva. I fatti e il tempo hanno dimostrato il contrario.

Emanuele Geolier ha iniziato a comporre canzoni quasi due generazioni dopo l'epoca di Pino e Massimo, in un contesto profondamente diverso e con riferimenti culturali, sociali, totalmente diversi (diremmo stravolti o inesistenti).

Egli scrive e canta come parla e nessuno gli ha insegnato altro. Cosa avrebbe dovuto fare per essere "accettato", cantare con le parole di un altro? Mettere nei testi un terzo di inglese e due quarti di slang trap milanese? Non è la mia musica, ma riconosco Geolier come figlio della mia stessa città. Ha lo stesso diritto di altri di esprimersi.

C'è un mondo che ascolta le sue canzoni e ci si riconosce – un mondo fatto non solo di persone nate e cresciute a Napoli -. È la forza evocativa di una lingua che si modella e trae potenza dalle storie personali e dal territorio. Non c'è niente di più interessante del capire come si muove e dov'è diretta una città. Lo si può fare anche dalle parole che la gente – i ragazzi soprattutto – usano. Ora tocca a noi non sprecare questo monitor acceso su Napoli e sui suoi cambiamenti. Vale molto più di certe analisi.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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