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L’avvocato del brigadiere che uccise il suo comandante: “Non può stare in carcere, chiesta libertà vigilata”

L’avvocato del brigadiere che uccise il suo comandante nella stazione di Asso (Como), ha presentato un’istanza in cui ribadisce che il suo cliente non possa stare in carcere e in cui chiede la libertà vigilata.
A cura di Ilaria Quattrone
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Foto di repertorio
Foto di repertorio

Lo scorso ottobre nella caserma di Asso (Como) il brigadiere Antonio Milia ha sparato e ucciso il suo comandante Doriano Furceri. Milia si trova in carcere a San Vittore, ma durante l'udienza del 9 marzo scorso il Tribunale Militare di Verona lo aveva dichiarato incapace di intendere e di volere al momento dei fatti.

Una decisione che aveva portato alla revoca della custodia cautelare in carcere e al trasferimento di una Rems, una residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza. Nelle Rems, però, non ci sono posti. E questo fa sì che Milia resti ancora in carcere. Per questo motivo il suo legale, Roberto Melchiorre, ha presentato un'istanza in cui chiede che venga trasferito in una Cra (Comunità riabilitativa ad alta assistenza) e che venga disposta la libertà vigilata.

La richiesta di trasferimento

"Su questo punto, ribadisco che non intendiamo rimettere in libertà una persona con problemi ma garantirgli le cure assistenziali che la sua malattia richiede", specifica il legale al quotidiano La Provincia di Como. L'avvocato sostiene infatti che il suo cliente abbia diritto "alle cure sanitarie del caso e non debba rimanere rinchiuso in carcere in attesa che si liberi un posto in Rems".

La carenza di posti nelle Rems e le lunghe liste d'attesa sono un serio ostacolo soprattutto perché rende più complessa l'assistenza a coloro che soffrono di problemi psichici e che difficilmente in carcere riescono ad accedere a un'assistenza psicologica adeguata. E infatti l'avvocato di Milia racconta che nell'unica residenza in Lombardia – precisamente a Castiglione delle Stiviere (Mantova) – c'è una lista di attesa di un anno.

Fin quando non si libererà un posto, Milia dovrà scontare la sua pena in carcere: "Una situazione che ci appare inumana, dal momento che il mio cliente ha una patologia psichiatrica e che in carcere non può avere le cure necessarie". L'uomo, stando a quanto denunciato dal suo legale, prenderebbe solo psicofarmaci senza fare psicoterapia.

Le accuse del Tribunale militare

Da qui, quindi la decisione di presentare un'istanza con quale si chiede il trasferimento in una Comunità riabilitativa ad alta assistenza con la libertà vigilata e l'obbligo di permanere nella struttura. Questo tipo di comunità sarebbero molte di più sul territorio rispetto alle Rems.

Nel frattempo, la procura militare di Verona ha chiuso le indagini: Milia è accusato di insubordinazione con violenza pluriaggravata per aver sparato tre colpi al petto al suo comandante e insubordinazione con violenza pluriaggravata per i colpi esplosi contro il carabiniere del Gis che era intervenuto quando Milia si era barricato in caserma.

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