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Migranti, l’Arci smonta pezzo per pezzo il decreto sicurezza: “40mila in strada senza accoglienza”

L’Arci riscrive le “FakeFaq su immigrazione e sicurezza pubblica” pubblicate sul portale del ministero dell’Interno e smonta, punto per punto, il decreto sicurezza voluto da Matteo Salvini. “Oltre 40mila persone nei prossimi mesi finirà in strada senza aver diritto all’accoglienza”, denuncia l’Arci parlando di una norma che “viola i principi costituzionali”.
A cura di Stefano Rizzuti
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Una serie di domande a cui dare una risposta sul decreto sicurezza, il provvedimento fortemente voluto dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini. L'Arci risponde alle faq – definite "FakeFaq" – pubblicate sul portale del ministero dell’Interno per spiegare cosa realmente accadrà per i migranti con la nuova legge. La denuncia è che “oltre 40mila persone nei prossimi mesi finirà in strada senza aver diritto all’accoglienza”. A causa di una norma che “viola i principi costituzionali”, secondo l’Arci. E che comporterà un aumento “delle persone prive di permesso di soggiorno e quindi prive di tutele ed esposte allo sfruttamento lavorativo e al ricatto delle criminalità”. Il nuovo sistema predisposto dal decreto sicurezza, attacca ancora l’Arci, porterà una penalizzazione dell’accoglienza pubblica “a favore di quella privata”.

L’Arci inizia la sua analisi criticando il ricorso allo strumento del decreto, ingiustificato “in assenza di evidenti presupposti di necessità e urgenza”. Accusa il governo di aver “privato” il Parlamento della sua funzione di luogo di confronto, ponendo la questione di fiducia. Per poi passare nel merito del provvedimento e della situazione dell’accoglienza dei migranti in Italia. “Queste nuove misure – si sottolinea – violano i principi costituzionali a tutela della persona e delle libertà fondamentali”.

Nel dossier si spiega cosa cambia per chi sbarca in Italia, partendo dall’adozione di “una lista di paesi di origine sicura: viene istituita la ‘procedura in frontiera’ e una forma di procedura accelerata per coloro che provengono da un ‘paese di origine sicuro’. Le due procedure prevedono soli 15 giorni per impugnare un eventuale diniego e, in particolare per chi proviene da un paese di origine sicuro, l’onere della prova sarà esclusivamente a carico del richiedente”. In tema di protezione umanitaria, si spiega che la nuova forma che la sostituirà “non ha un’ampiezza come quella prevista dal permesso per motivo umanitari”. L’abrogazione della protezione umanitaria “porterà inevitabilmente ad un aumento delle persone prive di un permesso di soggiorno e quindi prive di tutele ed esposte allo sfruttamento lavorativo (lavoro nero) e al ricatto delle criminalità”.

Per quanto riguarda le norme sul diritto d’asilo, “la nuova legge riduce drasticamente le condizioni per l’ottenimento del diritto d’asilo a partire dall’abrogazione della protezione umanitaria. La richiesta di asilo presentata da richiedenti provenienti da un Paese di origine sicuro è considerata domanda con manifesta infondatezza”. Altro elemento sottolineato riguarda il sistema di accoglienza: quello “pubblico viene penalizzato a favore di quello privato. Il sistema di accoglienza diffuso e in piccoli numeri viene sostituito da quello fatto da grandi centri e grandi numeri. Alla gestione di enti di tutela competenti e di settore si sostituirà quella di soggetti terzi privi di esperienza e disinteressati al benessere delle persone accolte”.

L’Arci critica la decisione di revocare il diritto a chi ha commette un reato: “Il diritto di protezione internazionale non può esser ridotto da una previsione così stringente e punitiva. Il richiedente asilo o il titolare di protezione internazionale deve rispondere della propria condotta in base alle previsioni del codice penale come tutti gli altri cittadini presenti sul territorio nazionale. Legare la condotta al riconoscimento di un diritto soggettivo di protezione, riconosciuto da convenzioni internazionali, va solo nella direzione della promozione di un diritto speciale per gli stranieri. Previsione che viola l’articolo 3 della nostra Costituzione”.

La protezione internazionale viene automaticamente revocata se il rifugiato fa rientro nel Paese dal quale è fuggito, qualunque sia il motivo: “Viene cancellata la previsione di valutazione del caso concreto”, denuncia l’Arci facendo l’esempio di un migrante che torna nel suo Paese per salutare per l’ultima volta la madre in punto di morte, non potendo più tornare indietro.

C’è poi il capitolo Sprar, il sistema che “viene spogliato della sua natura: la nuova legge esclude sia i richiedenti asilo che i titolari di protezione umanitaria dalla possibilità di essere accolti nello Sprar”. Il sistema Sprar, precisa l’Arci, viene impoverito e “l’esclusione dei richiedenti asilo e dei titolari di protezione umanitaria (ad esempio vittime di tratta, immigrati con disabilità, donne sole con prole, neomaggiorenni) ha drasticamente abbassato il numero degli aventi diritto. Questa esclusione farà ricadere sui bilanci dei Comuni e delle Regioni i costi dei servizi sociosanitari che in ogni caso sarà necessario erogare per tutti coloro che non potranno più accedere al sistema di accoglienza”. Ai Cas, invece, si riserva “l’esclusività dell’accoglienza dei richiedenti asilo”.

I richiedenti asilo accolti nei Cas e nei Cara, una volta ricevuto il permesso per protezione umanitaria, avevano diritto all’accoglienza nel sistema Sprar, ma “ora non più: oltre 40mila persone nei prossimi mesi finirà in strada senza aver diritto all’accoglienza”. Aumenta, inoltre, il numero di persone “prive di un permesso di soggiorno presenti sul territorio”, mentre il termine per i procedimenti in materia di cittadinanza “è stato raddoppiato: 48 mesi dalla data di presentazione della domanda e non più 24. Il termine non è più perentorio: le domande di cittadinanza possono essere rigettate anche dopo i 48 mesi”.

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