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Opinioni

Ma un Governo senza opposizione è un problema per il Paese

I primi passaggi parlamentari del nuovo Governo regalano a Mario Monti la più ampia maggioranza della storia repubblicana. Una grande opportunità ma allo stesso tempo una enorme responsabilità (e con tanti lati oscuri…)
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Monti-berlusconi

La prima notizia è che l'Italia ha un nuovo Governo. Finalmente, verrebbe da dire, vista e considerata la latitanza del Berlusconi IV negli ultimi (cruciali) mesi. E, come se non bastasse, la seconda notizia è che questo nuovo esecutivo potrà contare sulla più ampia maggioranza della storia repubblicana, con la quasi totalità delle forze presenti in Parlamento che appoggeranno il "tecnico venuto (leggasi imposto) dall'Europa. E dunque, la terza notizia è che, eccezion fatta per una Lega Nord che improvvisamente si è riscoperta forza popolare ed attenta ai bisogni della base, nel nostro Paese non esiste più una opposizione parlamentare.

Un quadro però in continua evoluzione e che presenta aspetti non del tutto chiari, anche in considerazione del fatto che in poche settimane si è giunti da un clima di scontro senza precedenti alla "più ampia convergenza". Certo, è abbastanza chiaro che si tratta di una vera e propria tregua armata, tuttavia non sottovaluterei altri aspetti estremamente rilevanti. In questi "dieci giorni che hanno sconvolto il mondo" (la citazione è di Dario Franceschini) ad essere travolta, però, è stata l'intera politica italiana, costretta a piegarsi alle pressioni europee, tra mediazioni, congiure di palazzo e fallimentari strategie. Come hanno sottolineato molti analisti, in effetti se Napolitano ha avallato un esecutivo composto essenzialmente da tecnici non è stato per la banale considerazione della pressante emergenza economico – finanziaria. La ragione risiede nell'inadeguatezza e nella sostanziale impreparazione di questa classe politica, in gran parte asservita a stantie logiche di potere ed interessi di bottega, che da tempo aveva reciso consapevolmente il legame con la società, trascinandosi stancamente tra autoconservazione e propaganda di facciata. E come pretendere che a mettere a posto i conti e a restituire credibilità internazionale al Paese potesse essere la "nostra" politica?

E però (c'è sempre un però), la soluzione escogitata rischia di essere un clamoroso errore (almeno a medio e lungo termine) e frenare anche le spinte più progressiste che si erano sviluppate negli ultimi mesi, sia pure lontano dai palazzi della politica. Abbiamo già avuto modo di scriverlo, ma il senso resta lo stesso. La politica non può e non deve in alcun momento abdicare al suo ruolo delegando nelle mani di tecnocrati e banchieri (seppur stimati e competenti, lo ripeteremo fino alla nausea) decisioni di vitale importanza per la totalità dei cittadini italiani. E non occorre essere affascinati dalle teorie del complotto (che vedono la lunga mano di Goldman Sachs e della Fed dietro la reggenza di Monti) per sottolineare quella che è una vera e propria anomalia sulla quale occorre riflettere. E il fatto che una simile prospettiva ottenga consenso pressocchè unanime in Parlamento è decisamente singolare.

Sotto i colpi dello spread però non si sta sgretolando soltanto il nostro sistema economico – finanziario. Sta venendo meno anche la nostra possibilità di incidere concretamente sulla cosa pubblica e rischiano di perdere vigore le spinte migliori di tanta parte di società. E il rischio sempre più concreto è che il dopo Berlusconi debba passare per una "transizione morbida" guidata da conservatori e banchieri (prodotti di un sistema al collasso, inutile negarlo), che quelle riforme "lacrime e sangue", che per incapacità o negligenza non erano state nemmeno avviate, finiscano con l'essere imposte sotto il peso della spada di Damocle del default, che a pagare la crisi siano sempre le stesse fasce di popolazione.

Lo confessiamo, ci eravamo illusi che al termine dell'anomalia berlusconiana si sarebbero finalmente aperte le stanze della politica, facendo spazio alle migliori energie della società e alle nuove generazioni: insomma, che si allargassero gli spazi di rappresentanza e prendesse forma una reale partecipazione dei cittadini alla vita democratica. Un'illusione dalla quale ci stiamo lentamente svegliando, accorgendoci non solo di vivere una grande emergenza economica, ma anche che il "riposizionamento dei soliti noti" è già in atto, un processo al quale rischiamo di assistere impotenti per l'ennesima volta.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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