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Il consulente tecnico d’ufficio (ctu) e l’onere della prova

La Cassazione del 12.2.2015 n. 2761 ha stabilito che la consulenza tecnica d’ufficio (ctu) non è qualificabile come mezzo di prova e non può essere utilizzata per sgravare le parti dall’onere probatorio, però è possibile che la ctu possa costituire prova, quando si risolva in uno strumento di accertamento di situazioni di fatto rilevabili solo con il ricorso a determinate cognizioni tecniche e percepibili con l’ausilio di specifiche strumentazioni tecniche. Inoltre, è consentito affidare al consulente non solo l’incarico di valutare i fatti accertati o dati per esistenti (cosiddetta consulenza deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (cosiddetta consulenza percipiente), quando si tratta di fatti che la parte ha dedotto e posto a fondamento della sua domanda ed il cui accertamento richiede specifiche cognizioni tecniche.
A cura di Paolo Giuliano
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Il giudice, come ogni altro professionista, non ha conoscenze illimitate (potendo trovarsi in presenza di un fascicolo che esula dalla propria preparazione giuridica di base e che, al contrario, presuppone delle conoscenze specifiche in campi tecnici, basta, ad esempio, pensare alle problematiche mediche o ai calcoli ingegneristici oppure all'analisi calligrafiche di un testo o alla traduzione di in testo da una lingua straniera).  In altre ipotesi la causa potrebbe essere tanto complessa da richiedere un approfondimento maggiore (basta pensare all'analisi dei bilanci societari o del rendiconto del condominio).

In tute queste ipotesi, il giudice può chiedere l'ausilio (può nominare) quello che con un acronimo viene definitivo C.T.U. (consulente tecnico d'ufficio), la cui funzione è quella di fornire al giudice uno strumento (una relazione) che faciliti la decisione.

Quanto detto già mette in evidenza un aspetto particolare:  lo stretto legame tra il Ctu (le competenze tecniche / professionali del ctu) e la situazione di fatto e la difficoltà del giudice (per mancanza di specifiche conoscenze) con la situazione di fatto (basta pensare ad una causa per plagio sulla base di  un testo redatto in lingua non italiana). Questo comporta che rilevano le specifiche competenze professionali del ctu, infatti, per stabilire se vi è stato un errore medico per valutare il danno fisico derivante da un incidente sarà nominato ctu un medico; per valutare la stabilità di una costruzione o le cause di infiltrazioni d'acqua, ed, infine, per analizzare un bilancio di una società sarà nominato un commercialista. Quindi, la peculiare situazione concreta influenza la figura (le caratteristiche professionali) che dovrà avere il soggetto che sarà chiamato ad essere nominato come Ctu.

Altro elemento che rileva  è dato dal fatto che la consulenza tecnica d'ufficio è uno degli strumenti del giudice per poter giungere alla decisione, ma non è l'unico strumento, in altri termini, la consulenza tecnica d'ufficio, non solleva le parti dagli oneri probatori a loro carico (e, certo, non è un mezzo per sopperire all'eventuale mancato adempimento dell'onere della prova).

Infine, l'ultimo elemento è dato dal fatto che il CTU non è il Giudice, in altri termini, il consulente d'ufficio non redige la sentenza e non emette decisioni, ma presta la sua opera per facilitare il compito del giudice e/o per fornire alcune delucidazioni tecniche, all'esisto delle quali, poi, il giudice deciderà quale norma giuridica applicare e quale decisione assumere.

Da quanto detto risulta che è molto delicato (per non dire problematico) è il rapporto tra Ctu ed onere della prova. In quanto la nomina di un ctu, per quanto discrezionale del giudice, non può essere concessa o non può essere effettuata quando serve per sopperire all'onere della prova a carico di una delle parti.  Questo limite è vero in generale, ma, esisto delle eccezioni, infatti,  la consulenza tecnica può costituire essa stessa fonte oggettiva di prova, quando si risolva in uno strumento, oltre che di valutazione tecnica, anche di accertamento di situazioni di fatto rilevabili solo con il ricorso a determinate cognizioni tecniche e percepibili con l'ausilio di specifiche strumentazioni tecniche.

Quindi,  pur non essendo la consulenza tecnica d'ufficio qualificabile come mezzo di prova in senso proprio e non potendo essere utilizzata per sgravare le parti dai loro oneri probatori, è consentito affidare al consulente non solo l'incarico di valutare i fatti accertati o dati per esistenti (cosiddetta consulenza deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (cosiddetta consulenza percipiente), quando si tratta di fatti che la parte ha dedotto e posto a fondamento della sua domanda ed il cui accertamento richiede specifiche cognizioni tecniche.

Cass., civ., sez. III, del 12 febbraio 2015 n. 2761 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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