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Recovery Fund, i negoziati sono appesi allo stato di diritto (e perché è importante che sia così)

Gli Eurodeputati lanciano l’allarme: lo stato di diritto è in pericolo anche in diversi Paesi dell’Europa democratica e i controlli non bastano più. Serve un regime di sanzioni che precluda l’accesso alle risorse Ue e al Recovery Fund da parte di quei governi che violano i diritti civili dei cittadini e cercano di scavalcare la legge. Ma quali sono i Paesi che si comportano in questo modo? Nel primo report annuale sullo stato di diritto nella Ue ci sono due Stati che continuano ad essere menzionati. Si tratta di Polonia e Ungheria.
A cura di Annalisa Girardi
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Ursula von der Leyen
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"Non ci sarà nessun Recovery fund senza il meccanismo vincolante dello stato di diritto. Questo è un chiaro messaggio al Consiglio Ue", ha detto il leader dei Popolari, Manfred Weber. Il principio dello stato di diritto è parte delle fondamenta su cui è stato costruito l'ideale, e non solo, di Europa: ma oggi questo appare sotto scacco nello stesso cuore del Vecchio Continente. Si sta svolgendo in questi giorni la plenaria dell'Europarlamento: tra le altre cose, i deputati europei hanno lanciato l'allarme sull'uso improprio da parte di alcuni Stati membri delle risorse del bilancio comunitario, affermando che potrebbero essere usate per compromettere e indebolire i valori fondamentali della Ue. Secondo gli europarlamentari i fondi comunitari, sia quelli del bilancio a lungo termine che quelli del Recovery Plan, non dovrebbero finire nelle mani di quegli Stati che mettono in discussione i principi democratici e i diritti fondamentali dei loro cittadini. I deputati, chiedendo di rafforzare lo stato di diritto in tutta l'Unione, hanno proposto di introdurre un nuovo meccanismo di controllo che prevede anche delle sanzioni verso quei Paesi in cui saranno evidenziate delle violazioni.

Cosa sta succedendo tra Parlamento e Consiglio europeo

Le trattative tra Parlamento e Consiglio europeo sul budget comunitario del 2021-27 si sono interrotte bruscamente. Non si è riuscito a raggiungere un accordo principalmete rispetto a due questioni. In primo luogo il Parlamento chiede maggiori fondi su 15 capitoli di spesa, accusando il Consiglio di non aver stanziato abbastanza risorse nella sua proposta. Inoltre ha poi spinto affinché i sodi del Quadro finanziario pluriennale siano legati al rispetto dello stato di diritto e degli standard democratici. Il Parlamento si è anche  detto "impaziente" per i colloqui sullo stato di diritto, nei quali si dovrà discutere anche la possibilità di imporre sanzioni agli Stati membri che non lo rispettano. Infine una relazione votata da oltre 500 deputati non ha solo sottolineato la necessità di emanare sanzioni contro quei governi che violano gli standard democratici Ue, ma ha anche ribadito come queste vadano legate sia ai fondi europei del bilancio 2021-2027 che al Recovery Fund. Ma il Consiglio europeo, dietro la guida della presidenza della Germania, ha rigettato questi argomenti sottolineando che non ci può essere un meccanismo sanzionatorio finanziario, dal momento che esiste già una procedura prevista dal Trattato Ue che si occupa precisamente di questo assunto.

Che cos'è lo stato di diritto e perché è in pericolo

Ma perché ultimamente si parla così tanto di stato di diritto? E che cos'è questo precisamente? Per stato di diritto si intende il riconoscimento della supremazia della legge sugli altri poteri. Come quello di un governo, che deve sempre rispettare i limiti imposti dalla legge. Rule of law in inglese, cioè il governo della legge. Negli ultimi anni si è parlato spesso di questo concetto in quanto anche nell'Europa democratica, liberale e progressista lo stato di diritto può essere messo in pericolo. Sempre più spesso abbiamo visto alcuni Stati, specialmente nell'Europa dell'Est (in primis Polonia e Ungheria, ma anche Bulgaria e Romania), essere accusati di calpestare lo stato di diritto. Per questo gli eurodeputati spingono affinché questo venga messo in cima all'agenda comunitaria, proprio per evitare che un vulnus democratico si apra nel Vecchio Continente.

L'Unione europea dispone di alcuni strumenti per proteggerlo, che in un contesto di questo tipo stanno diventando sempre più importanti. Per questa ragione lo scorso 30 settembre la Commissione europea ha pubblicato il primo report annuale sullo stato di diritto che ha lo scopo di monitorare le tendenze sia positive che negative registrate in tutti gli Stati membri (Italia compresa). Sottolineando come lo stato di diritto "protegge il popolo dai potenti",  la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha detto: "I nostri valori, incluso lo stato di diritto, sono le fondamente delle nostre società e una parte importantissima della nostra identità europea. Siamo fieri dei nostri standard elevati, ma ci sono anche delle sfide. Questo report ci aiuta a identificare i divari, prevenire le violazioni e trovare soluzioni insieme alle autorità nazionali".

Rule of law e le sfide del coronavirus

Sono diversi gli assunti da considerare quando si parla di stato di diritto. L'indipendenza dei sistemi giudiziari, i meccanismi anticorruzione, il pluralismo e la libertà dei media e il bilanciamento dei poteri sono quelli presi in considerazione dal report della Commissione. "Nessuna democrazia può prosperare senza tribunali indipendenti che garantiscano la protezione dei diritti fondamentali e delle libertà civili, o senza un'attiva società civile e dei media liberi e pluralisti", si legge nelle prime righe del documento. Nonostante l'Unione europea sia riconosciuta in tutto il mondo per i suoi standard elevati, prosegue il report, questi non sono applicati ovunque allo stesso modo e c'è sempre il rischio di fare un passo indietro. Le particolari circostanze del 2020, inoltre, hanno reso questa sfida ancora più complicata, dal momento che alcune restrizioni alle libertà dei cittadini sono state per forza di cose introdotte vista la situazione sanitaria e l'emergenza coronavirus.

La crisi generata dalla pandemia non è stata solo di tipo sanitario ed economico. Ci sono in gioco anche questioni politiche e sociali, dal momento che la maggior parte dei governi degli degli Stati membri ha dichiarato lo stato di emergenza o ha assunto poteri speciali per fronteggiare la situazione. La Commissione ha sottolineato come le risposte alla crisi non possono e non devono comunque scavalcare i principi e i valori dei trattati europei, rimarcando come in alcuni Stati membri i tribunali si siano trovati a verificare se le misure straordinarie applicate fossero o meno giustificate e proporzionate.

Magistratura, anticorruzione, libertà dei media e bilanciamento dei poteri

Per quanto riguarda i quattro ambiti considerati, due Paesi in particolare tornano di volta in volta ad essere menzionati. E non per i meriti: si tratta di Ungheria e Polonia.

L'indipendenza della magistratura

Per quanto riguarda l'indipendenza delle magistratura il report sottolinea come la situazione sia preoccupante in alcuni Paesi Ue ed entrambi i casi vengono citati. In Polonia, si legge, il doppio ruolo per cui il ministro della Giustizia è anche il Procuratore generale ha generato non poche apprensioni per quanto riguarda la vulnerabilità delle indagini alle interferenze politiche. Alcune riforme nell'Ue in materia di giustizia hanno poi sollevato un'altra ondata di preoccupazioni: è il caso dell'Ungheria, per cui si ricorda la procedura avviata dal Parlamento europeo, secondo l'articolo 7 del Trattato Ue, che concerne soprattutto le difficoltà a cui può essere sottoposto il Consiglio giudiziario nazionale nel controbilanciare i poteri del Presidente dell'Ufficio Nazionale della Magistratura, incaricato della gestione dei tribunali. La nomina di un nuovo presidente, sottolinea però il report, potrebbe cambiare le cose. Anche in Polonia le riforme giudiziarie sono state origine di controversie negli ultimi anni. E anche in questo caso la Commissione ha avviato una procedura contro Varsavia che è ancora sotto esaminazione del Consiglio Ue. "Nel 2019 e nel 2020 la Commissione ha lanciato due procedure di infrazione per salvaguardare l'indipendenza della magistratura e la Corte di giustizia ha concesso misure provvisorie per sospendere i poteri disciplinari della Camera disciplinaria della Corte Suprema per quanto riguarda le cause disciplinari riguardanti i giudici", si legge nel documento.

La lotta alla corruzione

Per quanto riguarda la lotta alla corruzione (che trova a sua volta il proprio fondamento in una giustizia indipendente), il report rimanda all'Indice di percezione della corruzione, che vede l'Ungheria come fanalino di coda tra i Paesi Ue. A livello globale, il Paese di Viktor Orban si ferma alle 70esima posizione, mentre la Polonia ottiene la 41esima. L'Ungheria totalizza un punteggio di 44 su 100, mentre la media Ue è di 66. In Ungheria inoltre, sottolinea il report, continua a mancare un'azione determinata ad avviare indagini penali e perseguire i casi di corruzione che coinvolgono funzionari di alto livello o la loro cerchia immediata.

Pluralismo e libertà dei media

La libertà dei mezzi di informazione, così come il pluralismo attraverso questi, è fondamentale per assicurare che lo stato di diritto venga rispettato e per denunciarne le violazioni. In molti Stati membri, tuttavia, giornalisti ed editori continuano a ricevere minacce per il loro lavoro. In particolare, sottolinea l'indagine della Commissione, in alcuni Stati tra cui Polonia e Ungheria a destare preoccupazioni è il rischio di politicizzazione dei media da parte dell'autorità per i propri scopi propagandistici. In Ungheria l'assenza di una normativa in materia ha fatto sì che diversi aiuti di Stato finissero per finanziare canali mediatici filo-governativi e ha permesso all'esecutivo di esercitare un'influenza politica indiretta sulla stampa. Sempre in Ungheria inoltre, il report segnala la violazione del principio del pluralismo: "L'istituzione del KESMA, un conglomerato mediatico creato tramite la fusione di oltre 470 organi di stampa favorevoli al governo, senza il controllo da parte delle autorità garanti della concorrenza, è stato visto come una minaccia per i media pluralismo", si legge. Inoltre sono state espresse ulteriori preoccupazioni per uno schema di acquisto di altri media fino ad ora rimasti indipendenti. In Polonia, durante la campagna presidenziale di quest'anno, la coalizione di governo ha parlato di un piano per alcune modifiche legislative da applicare alla stampa straniera sul territorio: un'iniziativa che potrebbe avere implicazioni negative sul pluralismo mediatico nel Paese.

La separazione dei poteri

Un principio fondamentale dello stato di diritto riguarda poi la separazione dei poteri. In alcuni casi la Commissione ha avvertito contro il rischio che vengano adottate delle leggi che potrebbero mettere in pericolo il rispetto dei diritti fondamentali, lo stato di diritto, i principi democratici e anche gli obblighi internazionali. In Polonia, afferma il documento, tra il 2015 e il 2019 la promulgazione accelerata di una serie di leggi per la riforma della magistratura non ha fatto altro che accrescere il controllo politico sulla giustizia.

L'Istituto sul Rule of Law di Polonia e Ungheria

Come anticipato all'inizio di questo articolo, l'Unione europea dispone di una serie di strumenti per rispondere alla situazioni critiche. In primis l'Articolo 7 del Trattato dell'Ue, che definisce come indirizzare le minacce ai valori fondanti dell'Ue e la sanzione politica più forte per chi li viola. Cioè la sospensione del diritto di voto all'interno del Consiglio. Non si è mai arrivati a tanto, ma nel 2017 una procedura è stata avviata contro la Polonia da parte della Commissione, mentre nel 2018 l'Europarlamento l'ha lanciata per l'Ungheria. Queste procedure sono al momento sotto l'esame del Consiglio, ma le specifiche criticità continuano a rimanere insolute. Con il rischio di poter sempre peggiorare.

Mentre l'Ue da mesi punta il dito contro questi due Paesi, accusandoli di non tutelare abbastanza lo stato di diritto (riducendo al silenzio stampa l'opposizione, controllando la magistratura e calpestando i diritti civili dei cittadini in violazione dei principi fondanti dell'Ue), Polonia e Ungheria rigettano completamente ognuna di queste denunce. Così come non hanno accettato il report della Commissione. Al contrario, hanno fatto sapere di voler creare un istituto proprio per valutare lo stato di diritto nei Paesi membri. Il ministro degli Esteri ungherese, Péter Szijjártó, ha detto che lo scopo di questa istituzione parallela sarà quella di impedire che i due Paesi vengano "presi per stupidi", come farebbe invece l'Ue con le sue accuse. Il suo omologo polacco, Zbigniew Rau, da parte sua ha ribadito l’importanza di non scambiare "una disputa legale con una politica".

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