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Inferno Sudan, i militari chiudono Internet: foto profilo blu per protesta in ricordo di Mohamed

Dal Sudan, dove la giunta militare ha sospeso Internet, è partita una campagna di sensibilizzazione sui social network in tutto il mondo. Gli utenti stanno cambiando il loro profilo con uno sfondo blu, il colore preferito da Mohamed Mattar, un ingegnere di 26 anni ucciso il 3 giugno scorso mentre manifestava a Khartum. Unicef denuncia: “Almeno 19 bambini sarebbero stati uccisi e altri 49 feriti sono rimasti feriti”.
A cura di Mirko Bellis
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La campagna #BlueForSudan per ricordare Mohamed Mattar (a destra), ucciso il 3 giugno scorso a Khartum
La campagna #BlueForSudan per ricordare Mohamed Mattar (a destra), ucciso il 3 giugno scorso a Khartum

Un’onda blu diffusa sui social network: è la campagna di sensibilizzazione nata per ricordare la morte di Mohamed Mattar, un ingegnere sudanese di 26 anni ucciso il 3 giungo scorso a Khartum. Il giovane è stato colpito a morte dai paramilitari della Rapid Support Forces mentre partecipava ad una manifestazione pacifica davanti al quartier generale dell’esercito nella capitale sudanese. Mattar è stato ucciso poche ore dopo aver festeggiato il suo compleanno e, secondo alcune testimonianze, avrebbe fatto da scudo con il suo corpo a due donne che si trovavano con lui in quel momento.

Il blu era il colore preferito di Mohamed Mattar e in moltissimi su Twitter e Instagram stanno usando uno sfondo di questo colore con l'hashtag #BlueForSudan. Iniziato come un modo per ricordare l’uccisione del 26enne, il blu è diventato presto un modo per esprimere solidarietà con le proteste in Sudan per chiedere alla giunta militare di consegnare il potere ad un'amministrazione civile.

Shahd Khidir, una influencer sudanese residente negli Usa, di solito di occupa di bellezza ma, di fronte a quanto sta avvenendo nel suo Paese, ha voluto pubblicare un commovente post sul suo profilo Instagram, seguito da quasi 100mila follower. “Sono nel mio ufficio a piangere perché sono molto triste e mi sento male. C'è un massacro nel mio paese, in Sudan, e i media non dicono nulla. In più, da giorni c'è un blackout di internet”.

It’s really hard being an influencer and sharing information that is “off brand” and not worthy of the “feed” but I cannot hold this in anymore. I am at my office crying because I have so many emotions in me and I feel horrible. There’s a massacre happening in my country Sudan’s and a media blackout and internet censorship for four consecutive days. There is no objective media sharing what’s going on expect for @aljazeeraenglish which had their offices shot down. My friend @mattar77 was MURDERED by the Rapid Support Forces. My best friend was in hiding on June 2 and that’s the last time I spoke to him. He was missing for 4 days and when I got in touch with him he said: “I was caught, beaten and abused and humiliated and arrested and had my phone confiscated from me. I am injured currently.” And all I could do this post this. I am sorry to all companies I am running campaigns with but my editorial calendar is currently on pause. I am willing to refund all and everything right away. Please, just send me an email. To my followers/supporters who this is too much for I am also sorry but my regularly scheduled content/reviews is also on pause. If this offends you, I am sorry. But I need to speak out and share this in a time like this. If you want to support me please share this information as widely as possible and don’t be silent. Be an ally because we need your help. And tune into my stories for more information. THE INTERNATIONAL COMMUNITY HAS BEEN SILENT. #sudanuprising #sudanese_protest #مجزرة_القيادة_العامة #عيد_شهيد #اعتصام_رويال_كير #اعتصام_القيادة_العامه #السودان @wawa_waffles @sudanuprising.updates #sudanrevolts #sudanuprising #iamsudan #iamsudanrevolution #sudanese #freesudan

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In Sudan, le proteste sono iniziate a dicembre 2018, quando i cittadini della città settentrionale di Atbara, esasperati dall'aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, hanno appiccato il fuoco al quartier generale del partito al governo dando il via alla rivoluzione che ha portato alla caduta nell'aprile scorso di Omar al-Bashir, per 29 anni alla guida del Paese. A sostituire il dittatore, però, è stata una giunta militare che sembra intenzionata a perpetuarsi al potere. Di fronte agli scioperi e alle proteste per chiedere il passaggio di consegne ad un'amministrazione civile, esercito e milizie paramilitari hanno reagito con le maniere forti e, la settimana scorsa, i morti sarebbero stati almeno un centinaio. “In un lasso di tempo relativamente breve siamo passati da un leggero ottimismo alla delusione più totale”, ha detto Mohamed Abdelrahman, un sudanese residente nel Regno Unito. “Più utenti [sui social] useranno lo sfondo blu, quante più persone chissà prendano coscienza di quello che sta succedendo”. Una campagna che vuole sfidare la quasi totale chiusura di Internet in Sudan. Negli ultimi giorni, infatti, l’accesso alla rete è stato tagliato dai militari per cercare di impedire la diffusione di immagini e video delle proteste e, soprattutto, della repressione in corso.

Le violenze non hanno risparmiato donne e bambini. “Dal 3 giugno in Sudan, almeno 19 bambini sarebbero stati uccisi e altri 49 feriti”, denuncia Unicef. “Abbiamo ricevuto notizie di bambini detenuti, reclutati per partecipare ai combattimenti e vittime di abusi sessuali”, ha dichiarato Henrietta Fore, direttrice generale Unicef. “Le scuole, gli ospedali e i centri sanitari sono stati utilizzati come obiettivi, saccheggiati e distrutti. Gli operatori sanitari sono stati attaccati solo perché facevano il proprio lavoro. Molti genitori – si legge nella nota diffusa da Unicef – sono troppo preoccupati per lasciare uscire di casa i propri figli, impauriti da violenza, molestie e illegalità”. “Sono profondamente preoccupata – scrive ancora Fore – per l’impatto sui bambini e i giovani delle continue violenze e disordini nel Paese soprattutto per l’uso eccessivo della forza che sembra sia avvenuto contro manifestanti pacifici”. “I bambini in Sudan stanno già portando il peso di decenni di conflitti, sottosviluppo cronico e scarsa governance. Le violenze attuali – conclude Fore – stanno rendendo una situazione già critica ancor peggiore”.

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