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Attacco in un centro commerciale di Sydney, l’assalitore voleva uccidere le donne

Secondo le autorità australiane che indagano sulla strage al centro commerciale di Sydney, l’attentatore voleva colpire le donne e avrebbe orchestrato l’attacco principalmente contro di loro.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Continuano le indagini sull'attacco in un centro commerciale di Sydney, dove un uomo ha ucciso 6 persone a coltellate per poi essere assassinato dalle forze dell'ordine. Dall'inchiesta iniziano ad emergere i primi dettagli sull'aggressione che, secondo le autorità, aveva come target le donne.

Tra le vittime, infatti, vi erano ben cinque donne, morte dopo essere state pugnalate a morte nei corridoi del centro commerciale. Joel Cauchi avrebbe cercato di aggredire principalmente le giovani mamme con i bambini: una donna è infatti deceduta dopo essere stata accoltellata mentre cercava di difendere il suo bimbo di 9 mesi nel passeggino. Il piccolo è rimasto ferito, ma non è in pericolo di vita.

La pista di un attacco contro le donne

Altre 12 persone sono rimaste ferite nell'attentato allo Westfield di Bondi Junction. Otto sono in ospedale in condizioni stabili, altre 4 invece sono state dimesse nelle ultime 24 ore. Le aggressioni sono terminate solo quando Cauchi è stato ucciso dagli agenti di polizia. Per le forze dell'ordine, le aggressioni ai danni delle donne sono una "pista da seguire": l'ipotesi di indagine sarebbe confermata anche dalle immagini delle telecamere di sorveglianza che hanno ripreso il killer evitare più volte gli uomini sul suo cammino per accoltellare le donne.

Le indagini potrebbero durare settimane e le autorità ascolteranno testimoni e vittime della tragedia. Secondo quanto reso pubblico, Cauchi era noto alle autorità e aveva sofferto di problemi psichici. A suo carico non vi erano precedenti penali. Da qualche tempo l'uomo dormiva in strada e non aveva contatti con la famiglia. L'ultimo controllo della polizia a suo carico risale al dicembre del 2023, quando Cauchi fu fermato per strada. Secondo chi indaga, prima dell'attacco potrebbe aver dormito in un veicolo ed era sprovvisto di zaino".

Per oggi è stata invece dichiarata una giornata di lutto nazionale: le bandiere australiane sventoleranno a mezz'asta sugli edifici governativi e l'Opera House di Sydney sarà illuminata con un nastro nero in memoria delle vittime dell'attacco. Nel frattempo dal centro commerciale sono state portate via più di 100 prove da analizzare.

L'aggressore
L'aggressore

Chi erano le vittime della strage

Una delle vittime è Ashlee Good, 38 anni, mamma di un bimbo di 9 mesi. La donna è stata portata d'urgenza in ospedale in condizioni critiche dopo essere stata accoltellata nel centro commerciale, ma è morta in seguito alle gravi ferite riportate. Anche il figlioletto di 9 mesi è rimasto ferito, ma dopo l'esecuzione di un delicato intervento chirurgico, i medici hanno potuto dichiararlo fuori pericolo.

I familiari della 38enne stanno aspettando la dimissione dal reparto infantile e si prenderanno cura di lui dopo la morte della mamma. "Il personale medico – ha spiegato il ministro della Salute Park – ha fatto veri e propri miracoli per salvare i feriti. Questo bambino è vivo grazie al loro incredibile impegno. Le parole non possono esprimere la gratitudine di tutti noi".

A fornire il primo soccorso al bimbo subito dopo l'accoltellamento, sono stati due fratelli che avevano cercato di salvare la vita anche alla sua mamma aiutandola a comprimere l'emorragia. I due avrebbero agito di nascosto, subito dopo i fatti e mentre il killer si allontanava per aggredire altre persone. Per la 38enne, purtroppo, non vi era già più nulla da fare, ma l'intervento dei due fratelli è risultato fondamentale per permettere al piccolo di arrivare in ospedale ed essere operato.

Tra le vittime vi è anche Fraz Tahir, 30 anni, una guardia addetta alla sicurezza nel centro commerciale. Si tratta dell'unica vittima di sesso maschile, secondo quanto reso noto, ed è morta mentre cercava di difendere una ragazza dall'aggressione del killer. "Era in servizio da un giorno – ha raccontato un amico del 30enne, membro della comunità musulmana australiana -. Era felice di vivere qui, voleva trovare un lavoro e mettere su famiglia. Era fuggito dalle persecuzioni in Pakistan ed era in Australia da un anno, era arrivato come rifugiato".

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