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Il caso banca popolare di Bari

“C’è la protezione di Bankitalia”: così Popolare di Bari ha preso Tercas ed è finita nei guai

Dalle carte dell’indagine che ha portato all’arresto di Jacobini padre e figlio e all’interdizione di De Bustis, emergono tutte le ambiguità del rapporto tra i vertici della Popolare di Bari e quelli della Banca d’Italia: banche decotte che vengono comprate senza motivo, manager formalmente cacciati che continuano a stare al loro posto e un controllore silente. Troppo silente.
A cura di Barbara D'Amico
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A leggerlo distrattamente, il provvedimento con cui il 31 gennaio la procura di Bari ha disposto l’arresto di parte dei vertici di Bpb è solo la nuda cronaca di un disastro annunciato.  Invece contiene molti elementi che, messi in fila, fanno emergere grandi contraddizioni nel percorso che ha portato al dissesto della più grande banca del Sud, commissariata in extremis il 13 dicembre 2019 e salvata dal Governo con un piano da 900 milioni di euro a tutela dei risparmiatori, vere vittime in questa vicenda da fanta-finanza mediterranea.

De Bustis era preoccupato per l’operazione Tercas

La prima riguarda ancora una volta le condizioni che hanno permesso a Bpb, nel 2014 (quando la banca tace ufficialmente la sua sofferenza finanziaria ma è ancora nel radar dei controlli di Palazzo Koch) di acquisire un’altra banca in difficoltà posta in amministrazione straordinaria, la Cassa di risparmio di Teramo (Banca Tercas), a cui Bankitalia ha prestato in un periodo precedente 480 milioni di euro per evitare una crisi di liquidità.
Il mutuo però non viene menzionato nella relazione ufficiale di Palazzo Koch sul commissariamento della popolare barese (lo avevamo riportato qui) e il governatore Ignazio Visco dichiara ufficialmente nei giorni successivi il commissariamento che è Bpb ad aver deciso in autonomia sull’operazione.

Ma se è vero che per evitare il commissariamento Bpb aveva tutto l’interesse a negare le sue vere condizioni finanziarie a Banca d’Italia, è anche vero che i dirigenti baresi non potevano ignorarle e tantomeno decidere a cuor leggero di acquisire Tercas per quasi mezzo miliardo di euro. È quanto emerge dalle indagini, del resto. È il 15 novembre 2013 e l’ex ad di Popolare di Bari Vincenzo De Bustis – interdetto dal 31 gennaio 2020 per un anno dall’attività bancaria – parla informalmente con Luca Sabetta, responsabile delle operazioni di rischio (C.R.O) nominato solo pochi mesi prima. Nella conversazione, registrata da Sabetta – figura chiave e che sporgerà poi denuncia contro la banca – De Bustis parla dell’operazione Tercas.

[…] Abbiamo cominciato a ricevere dei rapporti riservati sulla situazione di questa banca – spiega De Bustis al collega – perché quello che trovo qui è una situazione drammatica [Termini inc.] questi vanno cacciati tutti”. De Bustis si riferisce ai crediti deteriorati e ai debiti dell’istituto abruzzese che Bpb dovrebbe acquisire e quel “vanno cacciati tutti” punta a chi nella Tercas ha contribuito a creare il buco di bilancio e le condizioni di dissesto con ben 3,46 miliardi di crediti deteriorati. Gente che l'ad in caso di acquisizione, vuole essere sicuro di poter mandare via.

L'amministratore ha un atteggiamento incerto, quasi insicuro, rispetto a quello sbandierato sei anni più tardi quando, il 10 dicembre 2019, discute in una riunione con dirigenti e dipendenti il futuro della banca. Nell'audio pubblicato in esclusiva su Fanpage.it l'allora presidente di Bpb, Gianvito Giannelli, tranquilizza i presenti spiegando che non c'è ragione di temere un commissariamento perché "ci appoggia il mondo politico, e ci appoggia anche la vigilanza”.  Posizione condivisa dall'ad De Bustis che aggiunge: “Bontà loro, e per ragioni strategiche altissime, qualcuno ha deciso che la banca debba sopravvivere”.

Ma nel 2013 De Bustis quelle certezze non le ha e non solo ammette di conoscere la rischiosità dell’operazione Tercas  ma esprime tutta la sua preoccupazione  anche perché spiega a Sabetta che Bankitalia ha messo in pancia all’istituto abruzzese 480 milioni di euro dimostrando così di essere a conoscenza del fatto che Palazzo Koch ha erogato un mutuo a una banca che non è in grado di restituirlo senza un ulteriore passaggio: un salvataggio operato da terzi.

Il manager “fantasma”

In quella conversazione, lo abbiamo anticipato, la figura chiave è proprio Luca Sabetta, l’alto dirigente chiamato da De Bustis a luglio del 2013 per ricoprire il ruolo di Chief Risk Officer con potere di veto sulle operazioni a rischio. Una nomina dettata non tanto dalla volontà della banca ma dalle contingenze: Bankitalia, che ispezionava regolarmente l’istituto, aveva rilevato tra le criticità la mancanza di indipendenza tra gli uffici che dispongono le operazioni e quelli che invece ne devono valutare il rischio, l’impatto (all’occorrenza bloccando attività potenzialmente dannose: potere che appunto Sabetta avrebbe avuto).

Secondo gli inquirenti, la Popolare di Bari fa solo credere di voler superare quelle criticità, nominando appunto un nuovo Chief Risk Officer, esterno e indipendente e di cui, all'atto di nomina, invierà il profilo alla vigilanza. “Tuttavia – emerge dalle carte – gli accadimenti di poco successivi e che si illustreranno, deporranno in senso contrario ad una tale conclusione, svelando il reale progetto ordito dai vertici della Banca Popolare di Bari in frode alla Banca d’Italia e in danno del dott. Luca SABETTA, il quale, dopo la sua formale assunzione, non verrà mai messo nelle condizioni di svolgere in concreto e al meglio il proprio compito”. Sabetta, che denuncerà di essere stato poi mobbizzato e minacciato dagli stessi vertici Bpb, viene infatti solo formalmente nominato in quel ruolo che continua a restare appannaggio di uno degli uomini chiave della Popolare di Bari, Antonio Zullo, in spregio alle indicazioni di Banca d’Italia. Eppure Palazzo Koch avrebbe dovuto accorgersi che la nomina di Sabetta fosse solo di facciata.

Gli incontri tra Bankitalia e i vecchi vertici di Bpb

Secondo gli inquirenti infatti, “un dato sicuramente allarmante è il fatto che il dott. SABETTA non venisse mai messo al corrente, né tantomeno invitato, nei diversi incontri occorsi (spesso a Roma e/o a Milano) nell’ultimo trimestre del 2013 tra Banca Popolare di Bari e Banca d'Italia o Consob (incontri nei quali si discuteva anche la candidatura di Banca Popolare di Bari per l'intervento nei salvataggio del Gruppo Tercas – Cassa di Risparmio di Teramo, in quel momento, fine 2013, in amministrazione straordinaria da oltre 18 mesi). A tali incontri veniva invece invitato il dott.ZULLO Antonio, precedente responsabile dell'Ufficio di Risk Management che sarebbe dovuto confluire nella Funzione di Risk Management, guidata dal SABETTA e al quale il SABETTA chiedeva quali fossero gli argomenti trattati, nel tentativo di aggiornarsi”.

Secondo le indagini, dunque, Bankitalia e Consob, sapevano del peso e del ruolo giocato ancora dalla vecchia dirigenza perché l’avrebbero incontrata regolarmente in diversi meeting a Roma e a Milano, proprio negli stessi mesi in cui si formalizzava la richiesta di Bpb per l’acquisizione di Tercas, tema che è appunto oggetto di quelle riunioni.
Ma c’è un elemento ancora più incredibile: Zullo non avrebbe neppure cambiato il suo titolo lavorativo sul profilo LinkedIn che, riportano sempre le carte, è in quel periodo pubblico e disponibile. E quindi conoscibile anche ai vertici della vigilanza bancaria. “Il dott. SABETTA ha a tal proposito evidenziato che il dott. ZULLO, sul proprio "profilo Linkedin" – pubblicamente disponibile nel sito internet della società Linkedin – riporta che lui ha rivestito il ruolo di Responsabile del Controllo dei Rischi (C.R.O. – Chief Risk Officer) dal 2013 senza riportare alcuna data di cessazione dell’incarico”, spiegano gli inquirenti.

Come potevano allora i vertici di Palazzo Koch ignorare che Bpb non stesse minimamente rispettando le indicazioni richieste dagli ispettori? Quelle stesse condizioni che solo laddove messe in pratica avrebbero potuto far scattare l’ok all’acquisizione della banca abruzzese?

È stata infatti la vice direttrice generale della Banca d’Italia, Alessandra Perrazzelli durante un’audizione alla Camera, il 9 gennaio 2020, a ricordare il come e il perché del via libera di Bankitalia all'operazione Tercas.
“Nel febbraio 2014 – spiega Perrazzelli – la Vigilanza acquisisce un aggiornamento sull’attuazione delle iniziative di rimedio programmate dalla BPB, richiedendo tra l’altro alla funzione di Internal Audit e al Collegio Sindacale della banca una specifica verifica sulla loro adeguatezza. Le risposte aziendali dell’aprile 2014, inclusive di una ‘quality assessment review’ sull’Internal Audit della BPB condotta specificamente da una autorevole società di consulenza, evidenziano la sostanziale adeguatezza delle misure adottate. In considerazione di ciò, nel giugno 2014 – otto mesi dopo la originale manifestazione di interesse – la Banca d’Italia rimuove i provvedimenti restrittivi del 2009 e nel luglio del 2014 autorizza l’operazione di acquisizione (di banca Tercas ndr)”.

La rimozione e il ruolo di Bankitalia

Tercas sarà quindi acquisita. Ma solo nel 2014 e dopo mesi difficili. Soprattutto per Sabetta che sostiene di apprendere dell’intenzione di comprare la banca solo nel famoso incontro con De Bustis, il 15 novembre 2013. Non avendo elementi per poter svolgere il proprio lavoro, il C.R.O non può valutare il vero stato di salute della casse abruzzesi. Formalmente, è lui il responsabile della valutazione ed è su di lui che rischiano di scaricarsi le responsabilità in caso qualcosa vada storto. Ed è sempre lui che può, con il potere di veto, bloccare l’operazione Tercas.

Solo il 25 novembre il C.R.O riesce a ottenere via mail i documenti che gli servono. Tra questi c’è una presentazione in power point in cui emergono dati inquietanti: a partire dai 3,46 miliardi di crediti deteriorati. Il 9 dicembre 2013 il manager sollecita nuove informazioni, e scrive sia ai dirigenti di Bpb sia alla società di consulenza PriceWhaterhouseCoopers chiedendo “nuovi aggiornamenti in merito all’avanzamento della procedura di Due Diligence in corso presso Banca Tercas”. Non riceverà nessuna risposta. Ed è a questo punto che, con una inquietante coincidenza di date, Sabetta viene fatto letteralmente saltare dalla propria posizione: non dalla Popolare di Bari, per cui ormai l’operazione Tercas sembra essere diventata questione di vita o di morte, ma dal responsabile della vigilanza di Bankitalia, Carmelo Barbagallo.

Il suo nome infatti emerge dalle carte. È il 13 dicembre 2013 e proprio pochi giorni dopo aver sollecitato nuove informazioni su Tercas per decidere se dare l’ok o meno all’operazione, Sabetta viene convocato da De Bustis il quale gli comunicava di essere stato informato dal Responsabile del Dipartimento di Vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d’Italia, dr. Carmelo BARBAGALLO, dell’esistenza di un conflitto di interesse tra il SABETTA quale C.R.O. e lo stesso DE BUSTIS in qualità di direttore generale in virtù del fatto che i due avessero lavorato insieme in passato in alcune Aziende (Banca del Salento-Banca 121 e Monte dei Paschi di Siena) e indicava pertanto agli esponenti della Banca presenti a quell'incontro con l'altissimo Vertice della Vigilanza di Banca d'Italia, la necessità di una immediata risoluzione del conflitto di interessi”.

In quella stessa occasione De Bustis pronuncia una frase che getta ombre pesanti sul ruolo della Banca d'Italia. Lo scambio intercettato dagli inquirenti tra l'ad e il C.R.O si fa infatti concitato e a quel punto l'ad chiarisce: "No, no, mo prima devo dire ‘sta cosa a te. No, in questa circostanza c'è un po' di protezione in Banca d'Italia, no? Però non voglio creare casini a loro con… per un… proprio quisquilia, capito?".

La quisquilla è la presenza di un manager che vorrebbe fare il lavoro per cui è stato assunto, assicurarsi che l'istituto non commetta passi finanziari azzardati. Sabetta aveva in effetti lavorato con De Bustis, ma dodici anni prima e in un contesto diverso. La sua rimozione, se effettuata davvero su richiesta di un responsabile di Bankitalia,  entra in contraddizione con quanto dichiarato dalla Petruzzelli alla Camera il 9 gennaio.  "Come ho appena chiarito – spiegava – nei casi di difficoltà di un intermediario è prassi delle autorità di vigilanza esplorare tutte le possibili soluzioni, tra cui l’acquisto da parte di altre banche interessate. La decisione di realizzare un’acquisizione resta sempre tuttavia del vertice delle banche, la Vigilanza non può imporla". Imporla no, ma resta il fatto che a dicembre Sabetta viene rimosso e, spiega De Bustis, per ordini di Palazzo Koch. La sua eliminazione avrà senz'altro risolto il lamentato conflitto di interesse, ma di certo ha anche evitato nuovi ostacoli all’acquisizione della banca abruzzese.

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