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La domanda di risoluzione in sostituzione della domanda di adempimento

La Cassazione del 28.5.2015 n. 11037 ha stabilito che la risoluzione del contratto può essere domandata anche quando inizialmente è stato chiesto l’adempimento, in quanto l’art. 1453 cc fissa un principio processuale in virtù del quale la parte che ha invocato la condanna dell’altra ad adempiere può sostituire a tale pretesa quella di risoluzione non solo per tutto il giudizio di primo grado, ma anche nel giudizio di appello, in deroga agli art. 183, 184, 345 cpc.
A cura di Paolo Giuliano
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In presenza di un contratto a prestazioni corrispettive nella maggior parte dei casi entrambe le parti adempiono alle proprie prestazioni (la tipologia di adempimento varia in base alla prestazione, fare, dare, non fare), eseguite le reciproche prestazioni il contratto diventa un ricordo di un evento storico (naturalmente se non ha altre funzioni, ad esempio come titolo dell'acquisto di un diritto reale).

Però, può anche capitare che una delle parti risulti inadempiente, cioè non esegue la propria prestazione (in tutto o in parte). In questa situazione al parte adempiente ha due strade a propria disposizione, può chiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno oppure può chiedere l'adempimento del contratto (salvo il risarcimento del danno se ha avuto dei danni, ad esempio, per il ritardo dell'esecuzione).

Si tratta di una situazione espressamente prevista e regolata dall'art. 1453 c.c. il quale dispone che "Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l'altro può a sua scelta chiedere l'adempimento o la risoluzione del contratto,  salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno".

Potrebbe sembra strano che in presenza di un inadempimento di una delle parti l'altra voglia (ancora) l'adempimento, ma in realtà la scelta tra adempimento e risoluzione non è sempre così scontata perché dipende da numerosi fattori, basta pensare all'ipotesi in cui la parte inadempiente è l'unico che fornisce un determinato tipo di prestazione e, in questo contesto,  la richiesta di risoluzione potrebbe non essere la soluzione ideale, anzi potrebbe portare a maggiori complicazioni.

Domanda conseguenziale a quanto sopra esposto è la seguente, ma la parte che domanda l'adempimento è vincolata a tale scelta oppure può modificare la propria domanda originale presentando una domanda di risoluzione per inadempimento ?

La risposta si ottiene sempre leggendo l'art. 1453 c.c., infatti, anche questa domanda è espressamente regolata dal legislatore nel II comma dell'art. 1453 c.c. il quale dispone che  "la risoluzione può essere domandata anche quando il giudizio è stato promosso per ottenere l'adempimento; ma non può più chiedersi l'adempimento quando è stata domandata la risoluzione. Dalla data della domanda di risoluzione l'inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione".

Altra domanda che deriva dalla lettura del II comma dell'art. 1453 c.c. è quella relativa all'influenza delle preclusioni processuali sul potere di scelta o di modifica della scelta.

Il problema è se le disposizioni processuali (preclusive) di cui agli artt. 183 e 189 c.p.c. vietano l'esercizio della facoltà di mutamento della domanda di adempimento in quella di risoluzione del contratto concessa in via generale dall'art. 1453 comma 2 c.c. allorché siano scaduti i termini per precisare le domande e le eccezioni per la contestazione; del resto, accettare il contraddittorio sulla nuova domanda di risoluzione (eventualmente formulata successivamente alle preclusioni di cui all'art. 183 cpc e, addirittura, con una domanda di risarcimento danni formulate all'udienza di precisazione delle conclusioni di cui all'art. 189 c.p.c.) il Giudice dovrebbe . quanto meno –  consentire il diritto di replica e di indicare prove contrarie (rimettendo nei termini ex art. 184 bis c.p.c.)

La domanda di risoluzione per inadempimento, ancorchè proposta in sede di precisazione delle conclusioni, è consentita dall'espressa previsione dell'art. 1453 c.c. che consente la proposizione della domanda anche quando sia stato promosso giudizio per l'adempimento del contratto; (soprattutto se la domanda di risoluzione è fondata sugli stessi fatti oggetto del giudizio per l'adempimento) spetta alla parte processuale che si vede proporre la domanda di inadempimento il dovere e il potere di replicare chiedendo di svolgere attività difensive e non può e non deve limitarsi ad eccepire infondatamente l'inammissibilità della domanda;

La giurisprudenza ha in più occasioni affermato che la disposizione dell'art. 1453 cod. civ., secondo cui nei contratti con prestazioni corrispettive la risoluzione può essere domandata anche quando inizialmente sia stato chiesto l'adempimento, fissa un principio di contenuto processuale in virtù del quale la parte che ha invocato la condanna dell'altra ad adempiere può sostituire a tale pretesa quella di risoluzione non solo per tutto il giudizio di primo grado, ma anche nel giudizio di appello, in deroga agli artt. 183, 184, 345 cod. proc. civ., sempre che non alleghi distinti fatti costitutivi e, quindi, degli inadempimenti diversi da quelli posti a base della pretesa originaria.

E' opportuno sottolineare che il mutamento della domanda non deve basarsi su nessuna diversità dei fatti costitutivi, infatti,  "la suddetta facoltà (di chiedere la risoluzione dopo avere chiesto l'adempimento) non deve basarsi sulla prospettazione di fatti novelli idonei a configurare una diversa causa petendi.

Cass., civ. sez. II, del 28 maggio 2015, n. 11037 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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