I limiti alla proprietà imposti dal regolamento di condominio
Il regolamento di condominio può imporre dei divieti (non adibire l'appartamento privcato a determinati usi) oppure può prevedere che i singoli proprietari possono modificare i beni condominiali 1117 cc (ad esempio possono prevedere che sulla facciate dell'fabbricato possono essere istallati i condizionatori o le caldaie solo previa autorizzazione dell'assemblea oppure il regolamento può richiedere la preventiva autorizzazione dell'assemblea per qualsiasi modifica dei beni condominiali ex art. 1117 cc effettuata dai singoli proprietari).
Mentre, nella prima ipotesi, si è in presenza di limiti al diritto di proprietà, le autorizzazioni dell'assemblea, indicate nella seconda ipotesi, devono essere meglio inquadrate, poiché sono poste a tutela del decoro architettonico dell'edificio.
La tutela del decoro architettonico del fabbricato imposta dal regolamento di condominio mediante preventivi assensi o autorizzazioni
Come si è detto all'autonomia privata è riconosciuta la facoltà di stipulare convenzioni che pongano limitazioni nell'interesse comune ai diritti dei condomini, anche relativamente al contenuto del diritto dominicale sulle parti comuni o di loro esclusiva proprietà.
Inoltre, il regolamento può validamente dare al decoro architettonico (e al divieto di ledere il decoro architettonico) una definizione più rigorosa di quella accolta dall'art. 1120 c.c. e supposta dal medesimo art. 1102 c.c., arrivando al punto di imporre la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all'estetica ed all'aspetto generale dell'edificio; ovvero richiedere, per le modifiche incidenti sulle facciate dell'edificio, il benestare scritto del progettista del fabbricato, o di altro tecnico da nominare, mediante predisposizione di una disciplina di fonte convenzionale, che pone nell'interesse comune una peculiare modalità di definizione dell'indice del decoro architettonico.
Ne consegue che i singoli condomini non possono sottarsi all'obbligo, di carattere negoziale, derivante dalle disposizioni del regolamento che impongono di richiedere la preventiva autorizzazione degli organi amministrativi del condominio per eseguire qualsiasi lavoro sulle cose comuni o sulle parti esclusive.
La mancanza della preventiva autorizzazione dell'assemblea
Se il singolo proprietario ottiene l'autorizzazione preventiva dell'assemblea nulla questio, ma se il proprietario effettua la modifica del bene condominiale in assenza dell'autorizzazione preventiva dell'assemblea occorre chiedersi come tale modifica si pone in relazione alla violazione del decoro architettonico.
Ora, si può dire che le modificazioni apportate da uno dei condomini alle parti comuni, in assenza della preventiva autorizzazione dell'assemblea prevista dal regolamento di condominio, connotano potenzialmente tali opere come abusive e pregiudizievoli al decoro architettonico dell'edificio e configurano l'interesse processuale del singolo condomino ad adire in giudizio a tutela della cosa comune.
L'autorizzazione successiva o in ratifica
Può anche capitare che prima venga effettuata (da singolo proprietario) la modifica del bene condominiale e poi l'assemblea fornisca (ex post modifica) l'autorizzazione.
In una situazione simile si pongono due problemi: a) una delibera successiva può essere impugnata ? b) l'eventuale contestazione giudiziaria della delibera riguarda il "merito" della scelta oppure è una contestazione di legittimità ? La stessa domanda si può porre chiedendosi se contesta la delibera successiva occorre accertare se la modifica del bene condominiale violi (o meno) il decoro architettonico.
L"assemblea ha la facoltà di ratificare o convalidare ex post le attività che siano state compiute dall'amministratore o dai singoli condomini in difetto nella necessaria preventiva autorizzazione.
Però, come si è già detto, le modificazioni apportate da uno dei condomini alle parti comuni, in assenza della preventiva autorizzazione prevista dal regolamento di condominio, connotano potenzialmente tali opere come abusive e pregiudizievoli al decoro architettonico dell'edificio e configurano l'interesse processuale del singolo condomino che agisca in giudizio a tutela della cosa comune. Ecco, quindi, che esiste l'interesse a contestare una postuma convalida dell'assemblea e, di conseguenza, si deve riconoscere ai condomini assenti o dissenzienti la legittimazione ad impugnare la delibera assembleare di "autorizzazione successiva" alla modifica ove essa risulti comunque lesiva del decoro architettonico dell'edificio, non dando ciò luogo ad un sindacato dell'autorità giudiziaria sulle valutazioni del merito o sulla discrezionalità di cui dispone l'assemblea, quale organo sovrano della volontà dei condomini.
Nel caso di esecuzione di opere e lavori lesivi del decoro dell'edificio condominiale o di parte di esso, ciascun condomino ha, infatti, il diritto di chiedere ed ottenere la demolizione delle opere illegittimamente eseguite, esulando comunque dai poteri istituzionali dell'assemblea dei condomini – né potendo attribuirla il regolamento condominiale, alla stregua dell'art. 1138, comma 4, c.c. – la facoltà di deliberare o consentire opere lesive del decoro dello edificio condominiale.
Va pertanto enunciato il seguente principio: "Allorché una clausola del regolamento di condominio, di natura convenzionale, imponga il consenso preventivo dell'amministratore o dell'assemblea per qualsiasi opera compiuta dai singoli condomini che possa modificare le parti comuni dell'edificio, pur dovendosi riconoscere all'assemblea stessa, nell'esercizio dei suoi poteri di gestione, la facoltà di ratificare o convalidare ex post le attività che siano state compiute da alcuno dei partecipanti in difetto nella necessaria preventiva autorizzazione, resta salvo l'interesse processuale di ciascun condomino ad agire in giudizio per contestare il determinato uso fatto della cosa comune ed il potere dell'assemblea di consentirlo, ove esso risulti comunque lesivo del decoro architettonico del fabbricato, non dando ciò luogo ad un sindacato dell'autorità giudiziaria sulle valutazioni del merito o sulla discrezionalità di cui dispone l'assemblea".
Cass., civ. sez. VI, del 18 novembre 2019, n. 29924