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Schiacciati dai trattori e morti di fatica: perché nelle campagne ogni anno è strage di lavoratori

Schiacciati dai trattori, dilaniati dagli ingranaggi delle macchine agricole, spesso uccisi dalla fatica dopo giornate estenuanti nei campi. Ogni anno in Italia centinaia di lavoratori della terra muoiono nelle campagne dal nord al sud: colpa di macchinari obsoleti, ma anche dello sfruttamento, della fretta e della corsa al profitto che fa tagliare gli investimenti in sicurezza.
A cura di Davide Falcioni
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In Italia chi produce cibo rischia la vita ogni giorno. L'elenco delle vittime è in continuo aggiornamento, che si tratti di operai, braccianti o piccoli imprenditori addetti in prima persona al lavoro nei campi. Ieri, dopo essersi ribaltato con il trattore, è morto il 24enne Lorenzo Fino; giovedì scorso è stata la volta di Camara Fantamadi, ucciso dal caldo dopo ore a zappare i campi sotto il sole a picco. La "Spoon River" dei lavoratori della terra che perdono la vita ogni giorno conta però centinaia di nomi e storie: schiacciati dai trattori, colti da malore, catturati dagli ingranaggi dei macchinari, travolti da tonnellate di peso.

Lorenzo Fino
Lorenzo Fino

I numeri parlano chiaro e descrivono una situazione drammatica, seppur ufficialmente in miglioramento se si osserva il trend nel lungo periodo: secondo l'Inail nei primi quattro mesi del 2021 gli infortuni in agricoltura sono aumentati del 7,4% rispetto al 2020, dato che tuttavia risente anche del calo fatto registrare l'anno scorso a causa del lockdown. Sempre secondo l'Inail, infatti, tra il 2020 e il 2019 vi è stata un'importante diminuzione sia degli infortuni che dei decessi: i primi sono scesi del 19,6%, mentre i secondi del 25,2%. Questi dati, tuttavia, non sono in grado di restituire un quadro fedele della realtà in un settore dove il ricorso al lavoro nero è ancora massiccio. Quanti infortunati sfuggono alle statistiche dell'Inail? E quanti imprenditori non del tutto in regola denunciano incidenti nei campi occorsi a braccianti senza contratto?

Camara Fantamadi
Camara Fantamadi

Nel 2020 162 persone morte dopo un incidente con il trattore

Il quadro descritto dall'ASAPS, l'Associazione Sostenitori ed Amici della Polizia Stradale, è decisamente diverso da quello dell'Inail e dimostra la grande confusione sui numeri: nel 2020 gli incidenti con macchine agricole conteggiati sono stati 422 , in netto aumento rispetto al 2019, quando furono 307. I morti, invece sono stati 162, in aumento dell’11% rispetto alle 146 vittime dell’anno prima. Dati drammatici, anche se va specificato che l’Osservatorio conteggia anche gli incidenti con trattori agricoli che avvengono sulle strade (Interpoderali, comunali e provinciali in particolare) e non solo nei campi. Inoltre nel conto dell'Asaps non sono finiti non solo i conducenti dei mezzi agricoli, ma anche le altre persone trasportate e i conducenti e occupanti degli altri veicoli coinvolti negli incidenti.

La CIA: "Parco macchine obsoleto, l'età media dei trattori è di 26 anni"

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Perché ogni anno muoiono nei campi centinaia di agricoltori? L'abbiamo chiesto a Dino Scanavino, presidente nazionale di Cia – Agricoltori Italiani, sindacato che rappresenta circa 900 mila iscritti: "Le notizie che arrivano ogni giorno sono drammatiche, ma va detto che negli ultimi dieci anni gli infortuni sono diminuiti sensibilmente e avvengono molto spesso tra agricoltori anziani e hobbisti, cioè persone che sono in pensione o fanno un altro lavoro e si dedicano all'agricoltura nel tempo libero". Chi conosce un minimo il settore sa però che anche questi contribuiscono in modo importante al lavoro nei campi e alla produzione di cibo, spesso sostenendo in modo importante economie familiari altrimenti fragili. "Gli infortuni – continua Scanavino – si concentrano in particolare nei mesi estivi, quelli dedicati ai trattamenti. Gli agricoltori sono obbligati ad utilizzare i mezzi di protezione: arco e cinture di sicurezza impedirebbero loro di essere sbalzati fuori dai mezzi e schiacciati, inoltre tutti gli operatori che salgono sui trattori devono essere in possesso di un patentino". Il problema, sottolinea la CIA, è che l'età media dei mezzi agricoli circolanti in Italia è ancora molto alta, pari a 26 anni: "Abbiamo lavorato affinché i governi aiutino gli agricoltori a sostituire le macchine: sono stati messi in campo interventi incisivi come il credito d’imposta al 50% e un ulteriore finanziamento del 10% grazie alla legge Sabatini. Grazie a questa grande campagna gli imprenditori agricoli possono beneficiare su un grande sostegno economico, a patto però di investire e dotarsi di macchine evolute, ad esempio dotate di controllo remoto, gps, pilota parallelo e i più avanzati sistemi di sicurezza. Occorrono poi anche  attrezzature all'avanguardia: troppo spesso si utilizzano alberi cardanici non coperti e non si impiegano ripari per gli organi in movimento".

FLAI CGIL: "Servono finanziamenti pubblici rivolti anche alle piccole imprese agricole"

Insomma, lo Stato mette a disposizione aiuti economici a chi investe. Inutile però nascondere un problema: il prezzo di trattori e attrezzi agricoli è spesso inarrivabile per i piccoli imprenditori, spesso falcidiati da annate di raccolti sfavorevoli e dalla necessità di far quadrare i conti. Così, mentre i "grandi" possono spendere centinaia di migliaia di euro per macchine all'avanguardia, i "piccoli" si devono accontentare di mezzi obsoleti e non sempre sicuri. È proprio su questo aspetto che mette l'accento Tina Balì, membro della segreteria nazionale della FLAI CGIL: "Spesso le imprese agricole sono imprese familiari e il datore di lavoro e il lavoratore sono la stessa persona. A perdere la vita sono sovente coltivatori diretti che non hanno le risorse adeguate per rinnovare il proprio parco macchine dotandolo di tutte le caratteristiche di sicurezza necessarie. Per questo crediamo che una parte delle risorse del Pnrr debba andare proprio ai piccoli imprenditori, affinché possano lavorare in sicurezza. Crediamo, inoltre, che i ‘piccoli' laddove possibile debbano mettersi in rete, creare consorzi e cooperative. Di certo il settore primario, quello della produzione di cibo, ha bisogno di grande sostegno da parte del pubblico. Gli agricoltori non possono essere lasciati in balia delle leggi del mercato e della concorrenza".

Secondo Balì, inoltre, non si può ignorare il contesto generale in cui si muovono i lavoratori dell'agricoltura: "Sui banchi dei supermercati si vendono prodotti a prezzi irrisori, ma questo per chi produce cibo significa salari bassi, sfruttamento e tagli alla sicurezza. Nelle campagne i ritmi di lavoro sono estenuanti, spesso non sono previste pause e i controlli sono pochi e insufficienti. Non ci si ferma neppure con il caldo perché bisogna correre e sbrigarsi, questo è quello che chiede il mercato: essere competitivi a tutti i costi. Ma a pagare il prezzo più alto sono sempre i lavoratori". Così, mentre la grande distribuzione offre prodotti a prezzi stracciati, a pagare il prezzo più caro ogni anno sono centinaia di lavoratori della terra.

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