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La mamma di Valeria Solesin ai terroristi del Bataclan: “Cosa sono per voi quei 130 morti?”

Luciana Milani, la madre di Valeria Solesin, uccisa nell’attentato al Bataclan di Parigi, ieri durante il processo si è rivolta agli imputati: “Cosa rappresentano per loro questi 130 morti, i morti che noi piangiamo e che per motivi che sfuggono a tutti noi sono diventati il loro bersaglio?”.
A cura di Davide Falcioni
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"Mi chiamo Luciana Milani, sono la madre di Valeria Solesin, uccisa al Bataclan. Vivo a Venezia con mio marito Alberto. A Venezia vive anche nostro figlio Dario". Sono state queste le prime parole pronunciate ieri mattina a Parigi, durante un'udienza del processo sugli attentati che tra il 13 e il 14 novembre 2015 sconvolsero la Francia, dalla mamma della 28enne veneta uccisa all’interno della sala concerti della capitale francese. Milani, rivolgendosi direttamente agli attentatori, ha detto: "Ho sentito dire da uno degli imputati che l’uccisione di 130 persone non ha ‘niente di personale'. Questa locuzione, così banale e anche così convenzionale, mi ha fatto pensare. È rivelatrice di un pensiero più profondo e non detto: questi morti non sono persone, non sono esseri umani, sono qui solo per interpretare la parte che noi vogliamo dar loro, sono dei burattini nelle nostre mani. Sono metafore di quello che noi odiamo, di quello che noi vogliamo combattere. Chiedo agli imputati di chiarire, di manifestare il loro pensiero su questo punto. Cosa rappresentano per loro questi 130 morti, i morti che noi piangiamo e che per motivi che sfuggono a tutti noi sono diventati il loro bersaglio? Cosa rappresentano o hanno rappresentato per loro?".

Luciana Milani ha aggiunto: "Sono a Parigi e sono in quest'aula perché ho capito che questo processo, come i fatti che l’hanno preceduto, sono una parte imprescindibile della mia vita. Una parte che non può essere accantonata, né dimenticata. Una parte che bisogna avere il coraggio di guardare in faccia, viverla per quello che è e farne un oggetto di riflessione. Non abbiamo un’altra vita e la consapevolezza è l’unica strada che abbiamo per poterne influenzare il percorso. Il mio essere qui ha proprio questo senso. Desidero che la mia testimonianza, insieme a tutte le altre, faccia sì che il dolore e la sofferenza delle vittime entri a far parte della storia. Devono essere ricordate perché questo costruisca un cammino civile che sarà argine al diffondersi del terrorismo e della mentalità che lo alimenta".

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