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Il delitto di Giarre: la storia di Giorgio e Toni, “i ziti” uccisi perché gay

Il 31 ottobre 1980 nelle campagne di Giarre, nel Catanese, vengono trovati i cadaveri di Giorgio Agatino Giammona, 25 anni, e Antonio Galatola, detto Toni, 15 anni. Tutti li conoscono come “i ziti” (i fidanzati) perché dichiaratamente omosessuali: entrambi sono stati uccisi da un colpo di pistola alla testa. Un duplice delitto mai chiarito che ha portato nel 1980 alla nascita del primo circolo Arcigay in Italia.
A cura di Chiara Ammendola
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Giorgio e Toni
Giorgio e Toni

È il 31 ottobre 1980 quando i cadaveri di due giovani vengono rinvenuti nelle campagne di Giarre, piccolo comune della provincia di Catania. Poco dopo si scoprirà che quei corpi, che giacciono uno accanto all'altro nella Vigna del Principe, appartengono a Giorgio Agatino Giammona, 25 anni, e Antonio Galatola, detto Toni, 15 anni. Tutti li conoscono come "i ziti", ovvero i fidanzati, di Giarre: entrambi sono stati uccisi da un colpo di pistola alla testa.

Si pensa a un doppio suicidio ma ben presto si passa a ipotizzare un omicidio-suicidio, fino a quando si comprende che quei due giovani sono stati uccisi perché omosessuali: un crimine d'odio compiuto in una Sicilia che criminalizza l'omosessualità. A più di 40 anni da quel duplice delitto i colpevoli non sono stati mai individuati, ma la morte di Giorgio e Toni ha scosso fortemente l’opinione pubblica che per la prima volta ha ammesso l'esistenza dell'omofobia in Italia. Il 9 dicembre 1980, a poco più di un mese dal ritrovamento dei corpi dei due ragazzi, a Pelermo su costituito grazie a don Marco Bisceglia il primo nucleo di Arcigay, la più importante associazione LGBTIA+ italiana.

Chi erano Giorgio e Antonio: la storia degli ziti di Giarre

Giorgio Agatino Giammona ha 25 anni e Antonio Galatola ne ha 15. I due sono molto conosciuti a Giarre, sopratutto Giorgio, perché non ha mai nascosto la propria omosessualità. All'età di 16 anni fu sorpreso in auto dai carabinieri del posto insieme ad un altro giovane e per questo fu denunciato. La notizia divenne presto di dominio pubblico tanto da valergli il soprannome, dispregiativo, in dialetto catanese di "puppu ‘ccô bullu", ovvero "omosessuale patentato". I due in paese a Giarre venivano chiamati "i ziti" ("i fidanzati").

La scomparsa di Giorgio e Antonio e il ritrovamento dei cadaveri

Nell'ottobre 1980 di Giorgio e Toni si perde improvvisamente traccia. Nessuno a Giarre li ha più visti: le ricerche partono immediatamente, c'è chi pensa che i due siano scappati insieme, ma non è così. I loro cadaveri vengono ritrovati 31 ottobre 1980 in aperta campagna: giacciono sotto a un albero, uno accanto all'altro. Un colpo di pistola alla testa ha ucciso entrambi. I carabinieri iniziano immediatamente le indagini, nonostante l'omertà di chi, in paese, teme di poter essere associato alla storia di una coppia omosessuale.

Le indagini: chi è il colpevole del delitto di Giarre

E così nel silenzio di Giarre, i militari individuano il presunto colpevole: si tratta di Francesco Messina, nipote di Toni, all'epoca tredicenne e quindi non processabile. Ai carabinieri il giovane racconta di essere stato costretto a uccidere Giorgio e Toni sotto minaccia degli stessi: “Mi hanno detto o ci ammazzi o ti ammazziamo noi”, racconta Francesco Messina tra le lacrime. Un racconto che risulta da subito poco credibile e che lo stesso ritratta dopo due giorni, affermando di essere stato spinto dai carabinieri durante l'interrogatorio ad assumersi le responsabilità di quel duplice omicidio mai commesso. In seguito la tesi fu quella del doppio suicidio prima e poi, quella dell’omicidio-suicidio: Giorgio, quel ‘puppo’ impenitente, avrebbe ucciso prima il compagno più giovane e poi si sarebbe tolto la vita.

La fondazione del primo circolo Arcigay

La morte di Giorgio e Toni non verrà mai chiarita così come l'autore o gli autori del duplice delitto non saranno mai individuati. Il delitto di Giarre ha però smosso le coscienze rispetto al tema dell'omofobia in Italia. Un episodio tragico che è diventato un momento fondamentale per la nascita dei movimenti per i diritti LGBTQIA+. Poco dopo fu fondato a Palermo il primo nucleo di Arcigay, ad opera di don Marco Bisceglie, sacerdote gay, e di un giovanissimo Nichi Vendola. Francesco Lepore, ex sacerdote e arrivista, ha scritto un libro-ricostruzione "Il delitto di Giarre 1980: un caso insoluto e le battaglie del movimento LGBT+ in Italia".

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