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Hikikomori a Torino. Il vicino: “Abitiamo nello stesso palazzo, ma non l’ho mai visto uscire”

Il ragazzo, 19 anni, viveva perennemente davanti al computer, chiuso in casa. Affetto dalla sindrome di Hikikomori, sabato si è buttato dal quinto piano dopo che la madre, con cui viveva da solo nella periferia di Torino, gli ha tolto la tastiera. Da qualche mese il giovane aveva anche deciso di lasciare la scuola. Ora è gravissimo.
A cura di Biagio Chiariello
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immagine di repertorio
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“Abbiamo quasi la stessa età, abitiamo sulla stessa scala, eppure anche dopo tanti anni non siamo andati oltre un ciao e un sorriso quando ci incrociamo all’ingresso o nei giardini qui davanti. Specialmente negli ultimi anni, non lo vedevo mai uscire se non per andare a scuola”. A parlare, sentito da La Stampa, è uno degli inquilini della palazzina del quartiere Mirafiori di Torino, dove Ruben (nome di fantasia), 19 anni, a seguito dell’ennesima lite con la madre, sabato pomeriggio, si è gettato dal quinto piano della sua abitazione. Ora è ricoverato in Rianimazione del Cto. Pare che la donna avesse deciso di sottrargli la tastiera del pc, lo strumento che lo aveva ridotto ad un vero e proprio schiavo. Il termine giusto è Hikikomori. ‘Autoescluso’. Questa la traduzione del termine dal giapponese che fa riferimento a tutti qui giovani affetti da questa sindrome che li fa vivere chiusi nella propria stanza, davanti ad un computer o con uno smartphone, in un isolamento sociale volontario. Non vanno a scuola e non lavorano. Con difficoltà parlano con i genitori e con i parenti. Non hanno amici. Si autoescludono dalla vita sociale, appunto.

Ruben viveva da solo con la madre, dopo che prima il padre e poi la sorella avevano deciso di lasciare quella casa nella periferia torinese. I vicini parlano di litigi sempre più frequenti, di urla e discussioni anche violente. Davanti al pc il ragazzo trascorreva tutto il suo tempo, nessuno dei vicini lo conosceva anche se sapevano perfettamente della sua esistenza. Ruben frequentava il Majorana di Grugliasco. Almeno fino a qualche mese fa, quando avrebbe deciso di non andare più a scuola, sempre secondo quanto si legge sul quotidiano locale. “Quando era ancora un bambino, ho provato a insegnargli come difendersi dai bulli che gli davano fastidio a scuola. Cose che capitano da queste parti: gli fregavano sempre la merenda – dice un vicino, lo sguardo rivolto alle finestre chiuse al quinto piano – Gli ho spiegato che doveva farsi rispettare altrimenti non avrebbero più smesso. È una lezione che avevo già dato a suo tempo ai miei quattro figli, e devo dire che con loro ha funzionato. Ma il giorno dopo sua madre è venuta da me. Si è sempre mostrata una donna gentile ma incredibilmente riservata. Quella volta, però, mi ha sgridato con decisione: diceva che non era affar mio”.

Ieri il 19enne è stato sottoposto ad un intervento chirurgico per tentare di limitare il trauma vertebrale provocato dalla caduta. Ne seguiranno necessariamente altri, ma bisognerà attendere ancora che le sue condizioni generali si mostrino più stabili. Per i medici è già un miracolo che sia sopravvissuto a quel volo di oltre 10 metri. È stata una vicina di casa a sentire il pianto della madre dopo il gesto del figlio. Secondo i racconti la donna era depressa e necessitava di cure: “E meno male che non ho visto il volo, perché ho sentito il tonfo, fortissimo”, ha raccontato la vicina. “Cinque minuti prima ero affacciata alla finestra. Aveva alzato le mani sulle madre già di mattina, sempre per il computer. E oggi pomeriggio di nuovo. Era sempre al pc, dal mattino alla sera. Infatti io non l’ho mai visto in vita mia. La prima volta è stato oggi. Quando sono scesa giù e il corpo era per terra”, ha proseguito la vicina.

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