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Da un anno isolato in Groenlandia, Robert Peroni: “Qui c’è terrore della malattia dell’Uomo Bianco”

Robert Peroni, 74 anni, vive da oltre 40 anni nella parte più isolata della Groenlandia dell’est, a Tasillaq. Gestisce la Casa Rossa, un punto di riferimento per le esplorazioni in questa zona selvaggia e anche un centro per i giovani della zona. La pandemia qui, oltre ad aver chiuso le porte al turismo, è vista con terrore da una comunità separata dal resto dell’umanità da oltre 1000 anni. I supermarket sono vuoti, Peroni va avanti a riso e scatolette: “Tornerò in Italia per fare un giro e salutare i miei, ma io da qui non me ne vado. La Casa Rossa rappresenta una speranza per il futuro di questa gente”.
A cura di Gianluca Orrù
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Ex esploratore, molto famoso negli anni '70 per aver attraversato a piedi il Sahara e 1400 km a piedi per attraversare la Groenlandia del nord, Robert Peroni è un uomo abituato all'avventura. Da 40 anni la sua avventura è vivere a Tasillaq, una piccola città di 1900 abitanti nella Groenlandia dell'Est, la zona più selvaggia e disabitata della grande isola.

Qui si è trasferito nel 1980, dopo aver scoperto la storia di quel popolo e aver fondato la Casa Rossa, un rifugio per giovani della zona in difficoltà di sostentamento e psicologiche, che è gradualmente diventato anche un rifugio per turisti da tutto il mondo e che dà lavoro a 74 persone della città.

Quando è arrivato il Covid, la Groenlandia ha scelto un lockdown duro e si è sostanzialmente auto isolata dal resto del mondo. Le ragioni, oltre alla protezione dal virus, stanno anche nell'organizzazione sanitaria: "Nella Groenlandia dell'est siamo particolarmente lontani da tutto – racconta Robert Peroni – e il nostro piccolo ospedale non è attrezzato per gestire un'epidemia Covid. Inoltre l'isolamento di queste civiltà che dura da 1000 anni ha anche prodotto una resistenza diversa alle malattie del continente. Qui il coronavirus farebbe una strage".

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Il virus dell'uomo bianco, così lo chiamavano a marzo gli Inuit, che si sono chiusi per proteggersi. Un fatto testimoniato anche dalla presenza di una troupe cinematografica che ha realizzato un film documentario sulla Casa Rossa e su Robert Peroni e che è rimasta bloccata per oltre 2 mesi in Groenlandia.

"Quando abbiamo capito che eravamo di fronte a una pandemia – racconta Francesco Catarinolo, regista del documentario The Red House prodotto dalla casa di produzione italiana Tekla Films – molti dei personaggi con i quali stavamo lavorando si sono rifiutati di proseguire. Sono stati i giovani a voler continuare il lavoro. La Casa Rossa e Robert Peroni sono un simbolo che rappresenta la speranza per la Groenlandia di un futuro autonomo legato al turismo. Qui è la Danimarca che sovvenziona tutto".

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"Con la Casa Rossa – spiega Robert Peroni – noi cerchiamo di dare un'idea di futuro e portiamo del lavoro, perchè qui ce n'è pochissimo". La disoccupazione resta a livelli altissimi, in alcune zone al 90-95%, i tassi di suicidio sono tra i più elevati al mondo e la Casa Rossa, o Red House come la conoscono a livello internazionale, adesso è chiusa a causa della pandemia.

I costi fissi restano altissimi anche senza ospiti e il rischio chiusura è dietro l'angolo. Col freddo non si scherza ed è necessario evitare che il gelo estremo (-40° di notte) danneggi irrimediabilmente la struttura. Così è partita una campagna di raccolta fondi per evitare la chiusura della Casa Rossa, promossa e lanciata da Giorgia Ginaldi e Nora Kauffeldt su Gofundme, che al momento in cui sto scrivendo ha raccolto quasi 80mila euro sui 100mila complessivi.

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"Io ho solo due paia di pantaloni – racconta ridendo Robert Peroni – e ieri avevo le lacrime agli occhi quando vedevo i versamenti, anche da 5 euro, che arrivavano a frotte. Per me quelli più piccoli sono quelli più importanti, perchè anche in Italia la situazione non è buona eppure gli italiani stanno davvero aprendo il loro cuore".

Lo stile di vita parco e il rapporto di Robert Peroni con la natura fanno parte delle sue origini da esploratore e gli sono utili anche oggi che a causa della pandemia i supermarket non hanno alimenti freschi. Le scorte che aveva fatto per la stagione, comprate a dicembre dell'anno scorso, sono tutte scadute: "Ma ho fatto il conto e ho 17 chili di riso. Ci vado avanti due anni – ironizza Peroni – e poi anche se scrivono che il formaggio è scaduto, se ben conservato si può mangiare anche dopo, e io lo mangio senza nessun problema"

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