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Caso Lisa Gabriele, l’ombra della massoneria dietro i depistaggi: “L’ex poliziotto coperto e aiutato”

Per gli inquirenti, all’epoca vi furono anomalie investigative legate a infiltrazioni massoniche in grado di pregiudicare la ricerca della verità sulla morte della 17enne Lisa Gabriele e sulle presunte responsabilità dell’ex poliziotto Maurizio Abate.
A cura di Antonio Palma
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Potrebbe esserci l’ombra misteriosa di una loggia massonica deviata dietro i tanti depistaggi e le coperture che per anni hanno impedito di scoprire la verità sulla morte di Lisa Gabriele. E quanto sostengo gli inquirenti che hanno indagato sulla morte della ragazza di 17 anni, uccisa il 7 ottobre del 2005, arrivando ad arrestare l'ex poliziotto Maurizio Abate, 52enne che all’epoca dei fatti aveva una relazione con lei mentre aspettava un figlio dalla sua compagna e ora deve rispondere di omicidio.

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Secondo le forze dell'ordine e la magistratura calabrese, infatti, Abate avrebbe agito in concorso con una seconda persona la cui identità resta ignota ma soprattutto per lungo tempo sarebbe stato coperto, potendo contare su una rete di sodali che lo avrebbero aiutato nello sviare le indagini.

È tutto scritto nero su bianco nell'ordinanza di custodia cautelare a carico dell’uomo firmata dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Cosenza. “I depistaggi, le omertà, le ambiguità emerse nel corso delle indagini per l’omicidio di Lisa Gabriele hanno dimostrato come una rete di protezione e reticenza, di dubbia natura, ha accompagnato tutte le fasi della indagine e stenta ancora oggi, a distanza di molti anni, a cadere" ha osservato il giudice, dedicando una intera parte del provvedimento restrittivo alla rete di copertura che avrebbe garantito 17 anni di impunità all’ex poliziotto di Cosenza.

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Il primo depistaggio, secondo gli inquirenti, vi fu col trasporto del cadavere della vittima, uccisa altrove e poi trasportato sul luogo del ritrovamento in località “Manca di Gallina” del Comune di Montalto Uffugo, dove venne rinvenuto il 9 gennaio 2005 vicino a un casolare abbandonato. Una messinscena preparata con l’aiuto di altri e che prevedeva anche il falso biglietto di addio ritrovato sul posto.

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“X la famiglia, x una persona speciale, scusami pure se non esiste” recitava il bigliettino trovato nell’auto vicino a una bottiglia di whisky “J&B” semivuota, due confezioni di uno psicofarmaco e un cellulare inspiegabilmente senza sim. Gli esami post mortem in realtà stabilirono che Lisa non aveva assunto né alcol né farmaci. L’esame calligrafico ha stabilito inoltre che il biglietto non era suo.

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Depistaggi che però sarebbero proseguiti per anni con comportamenti che sarebbero andati ben oltre errori investigativi, secondo il gip. Una “serie di anomalie che, col senno di poi, analizzate oggi alla luce delle nuove circostanze e della esigenza di riapertura delle indagini, conferiscono alla vicenda una patina di inquietante ambiguità”. 

Anomalie che per i giudici potrebbero essere ricondotte anche all’apparenza dell’uomo a logge massoniche deviate. Del resto che il cinquantenne, poi espulso dalla Polizia, facesse parte di una loggia massonica lo affermava lui parlando con i parenti in una intercettazione dell’epoca, poi riascoltata dai militari. La stessa Lisa Gabriele l’aveva rivelato al responsabile della ditta per cui lavorava nel 2003 che ha confermato la circostanza ai carabinieri. La conferma agli inquirenti è arrivata da un cugino dell’ex poliziotto che ha rivelato: “Mi disse che era iscritto ad una massoneria di Bisignano denominata mi pare ‘Sacro Gral’ e il cui maestro venerabile era un certo Mario, rivenditore di rivestimenti per pavimenti”

“Che la ragione delle anomalie investigative possa risiedere non solo in una censurabile superficialità ma possa invece celare il voluto proposito di favorire la persona indagabile la si trae dalla constatazione di legami ed infiltrazioni massoniche nella vicenda, in grado di pregiudicare, irrimediabilmente o meno, la ricerca della verità e tali da rendere il quadro storico ancora più fosco” scrive infatti il giudice, spiegando che l‘esigenza del carcere per il 52enne è dovuta proprio alle “amicizie, le connivenze e la colleganza anche massonica dell’indagato con molti di coloro che erano e sono tuttora in grado di riferire circostanze utili a fare luce sul decesso di Lisa Gabriele”.

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