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Bambino segregato ad Arzachena: 8 anni di carcere ai genitori e alla zia

Rinchiuso in uno stanzino buio senza un letto e senza il bagno, picchiato con un tubo di gomma e umiliato il piccolo si è rivolto ai carabinieri chiedendo aiuto: “Scusate se vi disturbo, mi hanno rinchiuso”. Comincia così il caso del bambino salvato da Arzachena e conclusosi oggi con la condanna a 8 anni per la zia, la madre e il padre del piccolo. Veniva tenuto segregato per ‘punizione’.
A cura di Angela Marino
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Foto di archivio
Foto di archivio

"Scusate se vi disturbo, io sto cercando di chiamare mia zia. Ho bisogno di parlare con lei ma adesso sono chiuso in camera e questo cellulare non ha la scheda, dunque non posso chiamarla", una vocina incerta aveva chiesto aiuto così, un anno fa, ai carabinieri, dando inizio al caso che oggi si è concluso con una condanna a otto anni di carcere per i genitori e la zia del bambino segregato in casa ad Arzachena, in provincia di Sassari. La sentenza è stata emessa oggi camminando condanne inferiori a quelle richieste dai pm Luciano Tarditi e Laura Bassani, che per i tre chiedevano in tutto 15 anni di carcere: 12 anni per il sequestro e tre per i maltrattamenti inflitti al bambino.

I fatti risalgono al 29 giugno 2019, un anno fa, quando il piccolo, oggi 12enne, aveva chiesto aiuto al 112. Il bimbo, che voleva solo mettersi in contatto con la zia che lo teneva rinchiuso, non aveva idea che gli uomini dell'Arma sarebbero immediatamente intervenuti nella villetta di Arzachena, in provincia di Sassari, scoprendo così il degrado e l'orrore a cui la famiglia aveva costretto il piccolo ‘per punizione'.  Senz un bagno, ma con a disposizione solo un secchio, dentro uno sgabuzzino buio e senza un letto così i militari hanno trovato il piccolo. Dal suo racconto, non appena il bambino ha capito di essere al sicuro, è emerso un universo di abusi psicologici, percosse e minacce.  Il piccolo, infatti, che mai aveva dato problemi, come confermato a scuola, veniva umiliato e picchiato con un tubo di gomma e tenuto rinchiuso nella prigione improvvisata.

Da quanto emerso dalle indagini e come ammesso anche da lei stessa, la zia era stata l'ispiratrice delle ‘punizioni' inflitte al nipote per ‘correggere' comportamenti ritenuti inadeguati dalla donna. Dopo l'arresto la donna è stata sottoposta ad accertamenti pischiatrici risultando affetta da un disturbo di personalità che starebbe trattando, come affermato dal suo avvocato. Anche il padre del bimbo, 47 anni e la madre, 44 anni,  hanno ammesso le loro colpe, inizialmente avanzando una richiesta di patteggiamento che è stata respinta. Prezioso per la ricostruzione delle sevizie è stato il diario tenuto dal bambino durante la prigionia.

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