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Verso l’Architettura del 2013 (parte 1): Wang Shu

Scopriamo le direzioni che prenderà l’Architettura nel 2013 attraverso una riflessione sulle tendenze dell’anno appena trascorso: Wang Shu, l’architetto cinese tra futuro e tradizione.
A cura di Clara Salzano
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Ningbo History Museum

Per capire quelli che saranno i processi e le tendenze dell’Architettura del 2013 è necessario svolgere una ricerca delle radici dei fenomeni che hanno caratterizzato la realtà architettonica nel 2012. Se fino a non molto tempo fa, sembrava che l’Architettura stesse piegando verso una creazione fine a se stessa, perdendo il senso del quotidiano, dell’uso e del contesto, oggi iniziamo ad assistere ad un cambio di rotta. Ciò che caratterizzava molti protagonisti della scena internazionale, in alcuni casi ancora oggi, era un uso di soluzioni pressoché identiche per edifici completamente differenti tra loro. Da un lato ci si è convinti quindi che l’architettura fosse un’espressione artistica individuale, dall’altro invece, si è iniziato a manifestare un desiderio di comprendere i cambiamenti della società assecondando le esigenze concrete delle persone a cui l’Architettura si rivolge. Il 2012 ha visto appunto l’affermarsi di questa nuova concezione dell’Architettura, lontana dalle grandi opere pubbliche di forte richiamo e dal lavoro delle archistar.

the Ningbo Tengtou Pavilion

L’assegnazione del Pritzker Architecture Prize all’architetto cinese Wang Shu è il primo e più significativo segnale di questa tendenza, che crediamo sarà confermata nel 2013. Il premio, il più prestigioso riconoscimento internazionale in campo architettonico, creato nel 1979, si propone di “onorare annualmente un architetto vivente le cui opere realizzate dimostrano una combinazione di quelle qualità di talento, visione e impegno, e che ha prodotto contributi consistenti e significativi all’umanità e all’ambiente costruito attraverso l’arte dell’architettura”.

Wang Shu

Wang Shu, 48 anni, originario di Hangzhou, Repubblica Popolare Cinese, dove vive e ha fondato, con la moglie Lu Wenyu, nel 1997 Amateur Architecture Studio, è il primo progettista cinese a ricevere quello che è ritenuto l'equivalente del Nobel per il mondo dell'architettura. La Cina, negli ultimi 15 anni, si è concentrata su mega-progetti per città e monumenti. Le metropoli hanno subito un aumento esponenziale della popolazione e i vecchi centri sono stati demoliti e ricostruiti, nuovi e giganteschi.  Wang Shu è da sempre impegnato a praticare un nuovo modello di architettura, contrapposto al sistema imperante in Cina.

“ Ci siamo dimenticati che la cosa più importante è dare alle città una struttura comune per le persone che vi abitano. ”
Wang Shu

Il suo obiettivo è far coesistere materiali naturali, abilità artigianali e grandi strutture. Gli edifici che ha progettato – musei, campus universitari, biblioteche – richiedono il lavoro di migliaia di artigiani e operai: è così che si fanno rivivere tradizione e storia. Questa è la modernità per Wang Shu: «l'architetto è una persona che crea nuove opportunità per la tradizione». In Cina molte persone identificano i modelli provenienti dall'Occidente con la modernità, e la tradizione cinese con il passato. Invece «rispettare la tradizione significa avere il senso della propria vita, non impedisce di diventare moderni! Io vorrei andare oltre questa contrapposizione». Questa mentalità si ritrova in tutti i lavori di Amateur Architecture. I suoi progetti spaziano da edifici culturali a edifici scolastici o abitazioni private, in cui al calcestruzzo vengono spesso associati materiali come la pietra, il legno e il vetro.

Le coperture in legno di Wang Shu (foto di Ben Chan)

Unitamente alla realizzazione di architettura a grande scala, Wang Shu ha mostrato particolare attenzione anche nello studio delle strutture in legno, ideando prototipi di particolari cupole sferiche o installazioni con forti richiami alle forme della natura.

«Smarrire il proprio passato significa perdere il proprio futuro», dice Wang Shu, le cui opere sono una commistione di presente e passato in cui l’architetto combina pratiche e tecnologie avanzate sul lavoro con metodi di costruzione e di progetto tradizionali, usando materiali della tradizione e di recupero provenienti da demolizioni: ne è un esempio lo Xiangshan Campus alla China Academy of Art, realizzato con due milioni di tegole di recupero per la copertura dell'edificio, che, accoppiate con il cemento,  garantiscono in effetti un'ottima capacità di isolamento termico.

Lo Xiangshan Campus di Wang Shu (foto di Johann Grellaud)

Esempi della sua pratica architettonica sono: la Libreria del Wenzheng College alla Suzhou University (1999-2000), in cui un lavoro minuzioso sul paesaggio esistente si accompagna ai metodi tradizionali di giardinaggio di Suzhou, che prevedono che gli edifici posizionati tra montagne e specchi d'acqua non debbano essere troppo in rilievo, arrivando ad affondare per metà la libreria nel terreno; il Ningbo Contemporary Art Museum (2001-2005); le cinque case unifamiliari a Ningbo (2003-2006); la Ceramic House (2003-2006) a Jinhau; i Vertical Courtyard Apartments (2007) di Hangzhou; il Ningbo History Museum (2008), noto per essere stato realizzato utilizzando materiali riciclati provenienti da altri edifici dell'area.

Il fatto che sia stato scelto dalla giuria un architetto cinese rappresenta un passo significativo nella comprensione del ruolo che la Cina rivestirà nel progresso della riflessione sull'architettura. Nei prossimi decenni, inoltre, il successo cinese nel campo dell'urbanizzazione sarà importante tanto per la Cina quanto per il mondo intero. Questo processo di urbanizzazione, in Cina, come d'altra parte nel resto del mondo, dev'essere in armonia con i bisogni e le culture locali. Queste opportunità senza precedenti di pianificazione e progetto alla scala urbana, in Cina, dovranno tendere quindi a uno sviluppo sostenibile in armonia con una tradizione millenaria e con i bisogni futuri.

(Thomas J. Pritzker, presidente della Hyatt Foundation)

Il lavoro di Wang Shu si inscrive proprio in questo percorso.

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