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Il 2023 è stato l’anno di Sinner: tra infamie e trionfi, una storia italiana contemporanea

Accusato di non essere nemmeno italiano, Sinner vive il suo anno migliore e riporta in Italia una passione smodata per il tennis e la Davis dopo 47 anni.
A cura di Jvan Sica
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C’è stato un momento di quest’anno che è sembrato ancora più lungo del normale, in cui Jannik Sinner era presentato come l’antitaliano, o almeno l’a-italiano, secondo l’idea nata dalla melma dei social media e poi catturata per cercare un target e una scintilla di vita da alcuni media mainstream.

L’anno poi è finito con Sinner considerato come l’atleta italiano più importante del 2023 e una sorta di eroe nazionale in quanto ha trascinato la Nazionale alla vittoria della Coppa Davis dopo 47 anni.Cosa c’è stato prima e durante (quello che c’è stato dopo lo stiamo vivendo oggi, con la sua monumentalizzazione, che in Italia finisce poi sempre abbastanza male), può spiegare che atleta è Jannik Sinner.

L’anno era iniziato ad Adelaide, in doppio con Lorenzo Sonego e i due hanno battuto gli australiani Popyrin e Duckworth. Sembrava fosse iniziato con qualcosa di poco conto, se non completamente inutile, ma invece sappiamo ora quanto è stato importante quel doppio per la vittoria della Davis.

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Nel primo Slam della stagione, gli Australian Open, Sinner fa un discreto cammino con la sconfitta al quarto turno in 5 set contro Tsitsipas. Qualcuno mormora che è tutto lì, altri che è involuto con il nuovo allenatore. Sinner intanto continua a camminare. Un mese dopo vince l’ATP 250 di Montpellier e perde poi a Rotterdam contro Medvedev. Le solite voci dicono: “Contro alcuni avversari (vedi il russo) non vincerà mai”. Sinner non so se ascolta o legge, ma intanto procede.

Si va sul cemento americano da sempre amico e si gioca quella che potrebbe diventare la nuova sfida tra grandi, in semifinale contro Alcaraz. Perde ma il problema è più per quello che fa a Miami perché perde in finale ancora una volta contro Medvedev. Insomma per tanti sembra avere un suo status ma più su non può andare. “Ah, e soprattutto gli altri crescono, vedi lo spagnolino. Lui è fermo”. Fino a qui non sembrava una brutta stagione, però i musi storti continuano.

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Si storcono fino a deformarsi poi durante la stagione sulla terra rossa. Rune lo batte in semifinale a Montecarlo, non gioca contro Musetti nei quarti di Barcellona per un problema fisico non chiarito, a Roma perde da Cerundolo ai quarti, al Roland Garros esce al secondo turno contro il tedesco Daniel Altmaier. Non una grande stagione “rossa” in effetti e c’è la questione dei problemi fisici che incombe. “È troppo soggetto a infortuni di diverso genere. Non reggerà questo tennis”.

Se la terra piange, l’erba all’inizio non ride con s-Hertogenbosch e Halle sottotono, ma Wimbledon è di altissimo livello con la semifinale persa contro Djokovic. In realtà anche dopo Wimbledon non c’è pace. “Ma avete visto gli avversari che ha affrontato? E avete visto invece come il serbo lo ha fatto fuori facile?”. Mentre da noi si filosofeggiava, Sinner ritorna in Nord America e vince il suo primo 1000, il Canada Open, anche se a Cincinnati esce al primo turno. “Vedi, non ha continuità”.

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Agli US Open fuori agli ottavi contro Zverev e poi la decisione: si ferma, senza partecipare al girone di Coppa Davis a Bologna. Apriti cielo. Sinner spiega subito che per affrontare bene il finale di stagione ha bisogno di ricaricare le pile, ma nessuno ascolta. Qui non si tratta di essere un atleta discontinuo e debole, ma di poco attaccamento alla Nazione. Se tutto quello che abbiamo raccontato fino a questo momento è quello che è avvenuto prima della decisione, il “durante” è tragicomico.

Sinner è in mezzo a un turbine di infamie irreale, infatti non compreso fino in fondo dal pubblico cosciente. Non solo nessuno gli ha mai detto fino a quel momento che è uno dei nostri migliori atleti in circolazione, ma ora gli viene comunicato che non è affatto “uno di noi”, sottintendo l’ovvia conseguenza che veniamo prima noi e poi gli altri, ça va sans dire.

Con un animo ma soprattutto una faccia per fortuna tetragone ad ogni cavolata detta e scritta. Sinner inizia il finale di stagione vincendo il China Open e battendo Medvedev, il tennista che non aveva mai battuto prima. Poi vince anche a Vienna, ribattendo di nuovo Medvedev (in un mese si è ribaltata la bestia nera), fa sognare l’Italia intera alle ATP Finals di Torino, dove batte Djokovic (altra prima volta) ma poi ci perde in finale. Un sussurro ancora resiste: “Bravo, per carità, anche migliorato, ma il serbo quando conta non lo batterà mai”. Il gran finale lo conosciamo tutti perché è diventato già parte della nostra storia sportiva, se non Storia e basta perché con tutto il chiacchiericcio del prima e durante magari a qualcosa serve davvero.

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E la morale di questo bellissimo anno di sport, qual è? Prima di tutto abbiamo un grande campione nel tennis e questo non ci accadeva da decenni. In secondo luogo questo campione è bello da vedere fuori e dentro al campo e da ascoltare quando parla. In terzo luogo la storia parla anche tanto di noi: non ha senso giudicare un atleta in base al momento, siamo peggio delle trimestrali delle banche. Un atleta deve essere sicuramente analizzato e anche criticato, ma è importante accompagnarlo perché metterlo dall’altra parte rispetto a noi è stupido.

Nel mondo dell’invidia al potere scegliamo in continuazione nuovi bersagli. E se quello che ha comprato la macchina nuova non ci basta, allora puntiamo al miglior tennista che la storia ci abbia mai dato, sparando sentenze assurde per il brivido dell’essere contro. La cosa da fare sarebbe portarsi il bersaglio vicino, seguirlo, conoscerlo, approfondire senza giudicare a priori. Non tutti dobbiamo sapere come si tira un buon dritto, ma che almeno si concepisca che qualcuno a un certo punto sia stanco non farebbe male. Questo forse chiederà Sinner al nuovo anno e dovremmo darglielo noi, perché nel 2023 lui ci ha fatto un sacco di regali.

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