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Coppa Davis, Pinochet e Panatta: la vittoria più bella del tennis italiano

Grazie ai moschettieri azzurri, Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli, guidati dal capitano Nicola Pietrangeli, nel 1976 vinciamo la nostra prima e unica Coppa Davis. La storia di quel’avventura è romanzesca e con i vari Sinner, Berettini, Musetti e Darderi non vediamo l’ora di rivivere quelle emozioni.
A cura di Jvan Sica
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Oggi nel tennis ci iniziamo a godere un futuro che si prospetta roseo, con Jannik Sinner, Lorenzo Musetti, Matteo Berrettini e (segnatevi questo nome) Luciano Darderi, ormai qualcosa di più che in rampa di lancio e pronti per darci una squadra di Davis da batticuore. Ma il tennis italiano, per decenni sotto traccia e mediocre, ha avuto anche un grande passato e oggi non si può non ricordare la vittoria di 44 anni fa esatti, il 18 dicembre 1976, quando il doppio Bertolucci-Panatta ci diede la nostra prima e unica insalatiera fino a oggi.

Quella Coppa Davis per noi inizia ad aprile, contro una modesta Polonia che distruggiamo a Firenze per 5-0. Bastano Bertolucci e Panatta che fanno tutto sia nel singolare che nel doppio per regolarli. Un mese dopo a Bologna l’ostacolo è più difficile. Si gioca contro la Yugoslavia di Željko Franulović, nel 1970 finalista del Roland Garros perso in una finale tutta esteuropea contro il cecoslovacco Jan Kodeš e Nikola Pilić, anche lui finalista a Parigi nel 1973, battuto dal romeno Ilie Nastase e specialista del doppio. Anche questa volta però passeggiamo per 5-0. Panatta la settimana successiva avrebbe vinto gli Internazionali d’Italia ed era nella forma più incredibile della sua carriera.

Le semifinali della zona Europea sono di cartello. A Eastbourne la Gran Bretagna dei fratelli Lloyd sfida la Francia di François Jauffret, mentre noi al Foro Italico giochiamo contro la Svezia che aveva vinto la Davis l’anno precedente ma in quel momento era senza Björn Borg. Li battiamo a zero, anche perché abbiamo il vincitore del Roland Garros 1976, ancora una volta Adriano Panatta.

Dal 5 al 7 agosto giochiamo la finale della Zona Europea contro gli inglesi a Wimbledon, sull’erba. Noi terraioli maestri siamo più che sfavoriti, ma facciamo il primo miracolo. Grazie al terzo uomo, Antonio Zugarelli (Bertolucci era il nostro asso del doppio), vinciamo i suoi due singolari, in quell’anno Panatta è ingiocabile e vinciamo 4-1, una delle sfide più belle della storia della Davis azzurra.

Gli italiani seguono quella squadra con enorme passione e quando dal 24 al 27 settembre si sfida l’Australia per la semifinale mondiale le tribune quasi scoppiano. Qui facciamo un secondo miracolo perché la squadra australiana è fatta di grandi campioni: John Newcombe, vincitore di 26 titoli del Grand Slam tra singolare e doppio, John Alexander, il più giovane tennista a rappresentare l'Australia in Coppa Davis nel dicembre 1968, Tony Roche genio del doppio (e come coach, avendo allenato Ivan Lendl e Roger Federer) che ha vinto 15 tornei Grand Slam di doppio nella sua carriera. Siamo sfavoriti eppure ci riusciamo, grazie alla vittoria proprio in doppio e nel singolare decisivo vinto da Adriano Panatta contro John Newcombe per 5-7, 8-6, 6-4, 6-2.Dall’altra parte del tabellone l’URSS non è andata in Cile per protestare contro il regime di Pinochet e ci toccano i sudamericani per la sfida finale.

Da questo momento anche in Italia inizia un’altra partita, quella sui diritti politici, civili, sociali e umani che si stanno ledendo durante la terribile dittatura di Pinochet. C’è una parte del Paese che vorrebbe reagire come l’URSS, per sottolineare come sia impossibile tollerare queste violenze in un mondo civile, un’altra invece che guarda solo alla parte sportiva e vuole che la nostra squadra vada a lottare per vincere la sua prima insalatiera. Nel discorso vi entrano tutti, giornali, politici, sindacati, altri sportivi, federazioni. Alla fine, come spesso si fa in Italia, si decide che decide un altro e senza sapere perché il 17 dicembre 1976 Corrado Barazzutti e Jaime Fillol si sfidano per il primo singolare. I cileni non sono tennisti mediocri, hanno una buona carriera sia Fillol che l’altro singolarista Patricio Cornejo, ma a preoccuparci sono il casino che si è creato prima di andare in Cile e l’ambiente molto sudamericano e quindi capace di spostare i pensieri e le decisioni degli arbitri.

Nicola Pietrangeli, come spiega bene il libro “Sei chiodi storti. Santiago, 1976, la Davis italiana” di Dario Cresto-Dina, capitano di quella Nazionale è decisivo. Riesce a isolare già dall’Italia il suo gruppo e a fargli pensare solo al campo, solo al tennis, solo a quello che devono fare su quella terra cilena. E loro lo faranno. Barazzutti batte 3-1 Fillol, Panatta scherza 3-0 contro Cornejo e Paolo Bertolucci e Adriano Panatta in doppio, con una maglia rossa, superano 3-1 i cileni per la vittoria definitiva. Poi Panatta batterà anche Fillol e nell’ultimo singolare spazio e gloria anche a Zugarelli che perde contro Belus Prajoux.

Otteniamo la vittoria più prestigiosa e bella della storia del tennis italiano. Sono passati 44 anni. È tempo in futuro di rivivere quelle emozioni.

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