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Simoncelli: “Perdere un figlio è straziante. E il raccoglimento inutile se accendi i motori”

Paolo Simoncelli ha rivissuto la tragedia personale per la scomparsa del figlio Marco, in Malesia. La morte di Jason Dupasquier è stata un déjà vu terribile, straziante. “Fino a ieri mi credevo fortunato, perché il mio Marco era morto subito. Ma quando ho visto la carezza di un mio caro amico al figlio sulla sedia a rotelle avrei voluto che anche Marco fosse finito così. Sarebbe stato ancora con me”.
A cura di Maurizio De Santis
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Un déjà vu terribile, straziante. Quando Paolo Simoncelli ha visto le immagini dell'incidente di Jason Dupasquier al Mugello ha trattenuto il fiato, il cuore ha avuto uno sbalzo. S'è sentito scuotere fin dentro l'anima, morto dentro ancora una volta. La tragedia del pilota svizzero, morto a 19 anni per le gravi lesioni riportate dopo l'incidente in pista, l'ha vissuta attimo per attimo. È stato come azionare il rewind, fare un viaggio indietro nel tempo a quel maledetto giorno in cui suo figlio, Marco, perse la vita in Malesia nella carambola di moto che lo travolsero e poi ritrovarsi catapultato nel presente. Tutto in pochi attimi. E ti mancano le forze, sopraffatto dall'angoscia.

Sono stato male – ha raccontato Simoncelli nell'intervista a Repubblica -. Pensavo e ripensavo al trauma cerebrale che aveva subito Jason. Se fosse sopravvissuto, nella migliore delle ipotesi sarebbe rimasto attaccato a una macchina. Fino a ieri mi credevo fortunato, perché il mio Marco era morto subito. Ma quando ho visto la carezza di un mio caro amico al figlio sulla sedia a rotelle dopo un incidente in motocross avrei voluto che anche il mio Marco fosse finito così. Sarebbe stato ancora con me.

Chi l'ha detto che il tempo è la miglior medicina? Chi l'ha detto che aiuta a dimenticare? Certe cose non ti abbandonano mai: gli affetti più cari, le persone e i loro visi. È un attimo, ti volti a guardare e non li trovi. Quel che resta è solo una sensazione di dolore latente nella consapevolezza che niente sarà più come prima.

Quando perdi un figlio in pista quei luoghi, dove magari hai trascorso tutta la tua vita, di colpo cessano di esistere – ha aggiunto Simoncelli -. E puoi esserne certo che non ti importa nulla di tutto il resto. Ti ritrovi in un altro mondo. Nulla, nemmeno del minuto di silenzio che può sembrare un omaggio o un segno di rispetto. Anzi, io lo eliminerei. È una cosa angosciosa, insopportabile. Soprattutto se dopo accendi i motori.

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