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Oggi il 35° compleanno del Sic, Paolo Simoncelli a Fanpage: “Marco era felice, ci basta questo”

Lunga intervista esclusiva a Paolo Simoncelli nel giorno in cui il figlio Marco avrebbe festeggiato il suo 35° compleanno: i rimpianti e i ricordi, la forza per andare avanti, le iniziative della Fondazione benefica, i progetti della squadra Corse Sic 58, la MotoGP del dopo Valentino Rossi.
A cura di Michele Mazzeo
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Oggi Marco Simoncelli avrebbe compiuto 35 anni e probabilmente avrebbe festeggiato il suo compleanno con la semplicità e l'entusiasmo che metteva in ogni cosa che faceva e che è ciò che lo ha fatto entrare nel cuore di tante persone che, ancora oggi, a distanza di oltre 10 anni da quel tragico incidente in MotoGP a Sepang in cui ha perso la vita, non hanno smesso di amarlo. Non è però un giorno speciale a casa dell'indimenticato Sic dove papà Paolo e mamma Rossella vivono tutti i giorni dalla mattina alla sera nel ricordo del figlio prematuramente scomparso quel maledetto 23 novembre 2011. "Lo viviamo come un giorno normale" ci ha detto infatti Paolo Simoncelli nell'intervista esclusiva concessa a Fanpage.it nella quale non ha potuto fare a meno di ricordare (e ricordarci) che "sicuramente se ci fosse stato Marco ci saremmo tutti divertiti molto di più".

Nonostante l'inevitabile velo di malinconia che nasconde con l'ironia, nella lunga chiacchierata fatta con papà Paolo in occasione del 35° compleanno di Marco Simoncelli ci ha spiegato come non vi sia alcun rimpianto per come è andata: "A volte penso: ‘se avessimo scelto Yamaha invece di Honda oppure fossimo andati in Ducati, forse…'. Ma poi mi rendo conto che c’è un segno nel destino di ognuno e quando arriva quel giorno può essere dove vuoi, non cambia nulla", ci ha rivelato a riguardo.

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Zero rimpianti perché sia lui che mamma Rossella potessero tornare indietro rifarebbero esattamente le stesse cose "dato che quelle cose lo hanno portato a realizzare il proprio sogno ed essere felice". Ed è proprio questa serenità che li ha portati a tramutare una tragedia (la morte del figlio) in qualcosa che facesse del bene agli altri: lo hanno fatto tramite le iniziative benefiche della Fondazione Marco Simoncelli che aiuta tante persone in difficoltà e tramite la Squadra Corse Sic 58 che, come ammesso dallo stesso Paolo, ha creato "per non morire" ma che da 9 anni offre la possibilità a tanti giovani piloti che vogliono realizzare lo stesso sogno che il figlio è riuscito a realizzare.

Oggi Marco avrebbe festeggiato il suo 35° compleanno, come vivi questo giorno da quando non c’è più?
"35°? Non ho mai tenuto il conto. Lo viviamo come un giorno normale. Se ne preoccupano più gli altri di noi in famiglia. Per noi ogni giorno è uguale. Per noi Marco è un denominatore comune tutti i giorni dalla mattina alla sera, quindi non è che ci sia un giorno particolare. Sicuramente se ci fosse stato ci saremmo divertiti di più sia noi che voi spettatori".

C'è un ricordo particolare legato al giorno del compleanno di Marco?
"Il compleanno quando era con noi si festeggiava con le solite feste in casa ed era bello così. Per quanto riguarda il compleanno la cosa che mi è rimasta più impressa è stata il primo ‘Buon Compleanno Sic’ organizzato tre mesi dopo che è morto (il 20 gennaio 2012) a Rimini. Credo che quella sia stata una cosa pazzesca: per quanto ho sentito vicino il calore della gente e quanto era evidente che tutta quella gente fosse lì proprio per onorare Marco. Il primo ‘Buon Compleanno Sic’ ce l’ho ben impresso nella memoria".

A più di 10 anni dalla sua morte ancora tanta gente si ricorda di Marco, perché è stato ed è tuttora così speciale per così tante persone secondo te?
"Questo lo dovrei chiedere io a te (ride, ndr). Da parte mia ti posso dire che nel tempo la cosa che è rimasta nel cuore alla gente e che l'ha legata a Marco è stato il fatto di quanto fosse normale. La sua semplicità, la sua normalità e che dicesse le cose da comune mortale e con la schiettezza del romagnolo. E poi credo che abbia influito anche che è comunque riuscito a raggiungere il suo obiettivo che era quello di diventare campione del mondo, di arrivare in MotoGP e di emulare Valentino (Rossi, ndr). E questa è anche la cosa che ci rende sereni a me e la mamma perché lui era felice e quindi noi rifaremmo tutto quello che abbiamo fatto".

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C’è una domanda, un pensiero, che dopo tanti anni ogni tanto ancora riaffiora? Qualcosa a cui non riesci a dare risposta?
"Per trovare una risposta devi arrivare a delle convinzioni, oltre al fatto di non avere rimpianti per tutto quello che hai fatto. Noi pensiamo di aver fatto la cosa giusta e siamo fermamente convinti che quel giorno, se lui avesse fatto il muratore, sarebbe comunque caduto dall’impalcatura. E dopo tanti anni ci siamo resi conto che ognuno di noi ha il suo punto di arrivo ovunque tu sia. Quindi rimpianti zero e felici di aver fatto le cose che hanno reso più felice lui".

Le moto sono sempre state la tua vita, la vostra vita, nonostante quello che è successo. Come si spiega un legame così?
"Bisogna continuare a vivere. Quando dico che ho fatto la squadra corse (la SIC 58, ndr) per non morire è vero. Essere impegnati e avere un lavoro che ti appassiona in un posto poi che porta il nome di Marco onestamente aiuta tantissimo. Ti fa sentire più forte e certamente siamo più “belli” ogni giorno. Quindi è un modo per sopravvivere".

C’è invece un rimpianto che ancora ti porti dietro?
"No. A volte penso: ‘se avessimo scelto Yamaha invece di Honda oppure fossimo andati in Ducati, forse…'. Ma poi mi rendo conto che c’è un segno nel destino di ognuno e quando arriva quel giorno può essere dove vuoi, non cambia nulla".

Di recente un ragazzo sardo ha raccontato di esser uscito dal coma grazie a Marco. Che effetto ti ha fatto quando lo hai saputo?
"Io ho parlato con lui e con la mamma e il babbo e mi sono sembrate delle persone normali, poi quando ho saputo che è andato in una trasmissione televisiva mi ha fatto pensare: ‘Ecco, siamo alle solite’. Quindi più che altro mi ha fatto incazzare quando è andato in televisione per questa vicenda".

Marco vive ancora oggi anche tramite le tante iniziative benefiche che voi portate avanti attraverso la Fondazione…
"La Fondazione funziona benissimo anche perché c’è veramente tanta gente che ci segue e che continua a fare donazioni. Noi da parte nostra cerchiamo di spendere bene i soldi degli altri. Fino ad oggi ci è riuscito molto bene: abbiamo fatto tante cose, soprattutto il centro a Coriano (Casa Marco Simoncelli, ndr) dove vivono questi ragazzi della comunità di Monte Tauro ed è stupendo. C’è la piscina, palestre, tante sale dove possono fare dei lavori e poi hanno gli appartamenti dove vanno a dormire. La loro vita si svolge tutta lì dentro e adesso stiamo terminando la sistemazione del giardino esterno. Per il resto stiamo aiutando una cooperativa di genitori che hanno figli autistici di Ferrara: hanno fatto un centro come il nostro anche loro e meritavano di essere aiutati. E poi adesso vedremo come spendere mano mano questi soldi che arrivano con il 5×1000 che per noi è un introito importantissimo. A tal riguardo la cosa che ci tengo a dire è: ‘Sappiate che i soldi che arrivano dal 5×1000 alla Fondazione non vengono utilizzati per la squadra corse'. Sono due cose completamente separate".

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E invece la squadra che porti avanti nel nome di Marco come va?
"Purtroppo devo dire che sono deluso dalla stagione corsa perché pensavo di vincere il Mondiale di Moto3. Tatsu Suzuki ha avuto un anno proprio brutto e quindi non abbiamo rispettato i pronostici. Quest'anno abbiamo preso Riccardo Rossi che correrà insieme a Fellon: è un ragazzo italiano che è partito con me. Adesso è già da tre anni che è nel Motomondiale, l’ho visto crescere, ha fatto dei podi, ha fatto dei buoni risultati e credo che con una buona squadra che lavora per lui possa dare molto. Poi abbiamo la squadra di MotoE con Zannoni: un ragazzo romagnolo e quindi proseguiamo nella nostra ‘scalata' verso il titolo".

Marco è cresciuto nel mito di Valentino e quell'era si è chiusa pochi mesi fa. Che MotoGP trova chi ci arriverà da domani?
"Intanto diciamo che è da due anni che Valentino Rossi era sì presente ma non era più quello di una volta. Sicuramente ci sono tantissimi ragazzi giovani che faranno la storia nei prossimi 10 anni. Ci sono dei bei piloti italiani. Credo però che sostituire Valentino, non tanto il campione quanto il personaggio, sia davvero difficile. Poi onestamente in questo momento non vedo dei ‘guasconi’, vedo degli iper-professionisti che però trasmettono poco quando parlano in pubblico: sembrano tutti depressi, sembrano leggano un qualcosa di già scritto senza trasmettere alcun entusiasmo. Io con mio figlio ero abituato diversamente. E forse è proprio quella così lì che manca e non vedo al momento ragazzi che abbiano quel carisma lì".

Lo scorso anno Dupasquier, Millan e Vinales, altri tre giovanissimi motociclisti morti mentre inseguivano il loro sogno. Credi si possa fare qualcosa per aumentare il livello di sicurezza in pista?
"Il livello di sicurezza dei circuiti è già altissimo. Credo che si possa fare davvero pochissimo. Dal punto di vista dell’abbigliamento si è fatto uno step enorme. Purtroppo quando vieni investito da altri c'è poco da fare. La più grande dimostrazione è stata il fatto che Marco è morto nel circuito più sicuro del mondo (Sepang, ndr)".

Pensi che i nuovi regolamenti introdotti nel CEV e in Moto3 possano davvero rendere questo sport meno pericoloso?
"Nel Cev si è passati da 38 bambini in gara a 30 ed è stato alzato il limite minimo di età per partecipare al Mondiale (da 16 a 18 anni). Non credo siano misure fondamentali però permettono magari ad un ragazzino di avere più tempo per maturare nei campionati minori. Più di così credo che veramente non si possa fare. E poi resto convinto che ognuno ha il suo destino al di là dei regolamenti".

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