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Il complotto della Camorra per far fuori Marco Pantani dal Giro ’99 e le rivelazioni di Vallanzasca

La Camorra aveva scommesso miliardi sulla sconfitta di Marco Pantani al Giro d’Italia 1999. Per questo sabotò la provetta con il sangue del Pirata, facendolo escludere dalla corsa rosa la mattina della penultima tappa. L’ipotesi nella relazione della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulla Mafia.
A cura di Davide Falcioni
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Carcere di Novara, sabato 5 giugno 1999. Renato Vallanzasca, il bel René, uno dei più efferati criminali italiani, si trova nella cella in cui sta scontando i quattro ergastoli ai quali è stato condannato per omicidi, sequestri di persona e rapine quando viene avvicinato da un altro detenuto: "Renà, hai visto? A Marco l’hanno fatto fuori… ò doping! Hai visto che avevo ragione io?".

Il Marco di cui si parla è Pantani, da poche ore escluso dal Giro d’Italia per un valore ematico fuori posto. Un controllo mattutino ha infatti rivelato un ematocrito del 52%, superiore di due punti percentuali rispetto al limite massimo stabilito dal regolamento (50%). Il Pirata, che fino a quella mattina indossava la maglia rosa e stava dominando la gara, è fuori dal Giro. Un fulmine a ciel sereno per milioni di persone. Non invece per un manipolo di detenuti del carcere di Novara, che sapevano perfettamente da tempo che quella corsa, Pantani, non avrebbe mai potuto vincerla. Costi quel che costi.

L'ipotesi della manomissione della provetta con il sangue di Pantani

Ripartiamo da qui. Secondo la relazione conclusiva della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul fenomeno delle Mafie la provetta contenente il sangue di Marco Pantani potrebbe essere stata manomessa allo scopo di falsare artificiosamente il dato dell’ematocrito, decretando automaticamente l’esclusione del Pirata dal Giro d’Italia. Si tratta, ovviamente, solo di un’ipotesi supportata non ancora da prove schiaccianti, ma da una serie di indizi giudicati dai membri della commissione molto solidi, dunque meritevoli di un approfondimento.

Ogni delitto che si rispetti è sostenuto da un movente, che nel caso di Pantani la commissione definisce "concreto e assai verosimile". Quale? Che il campione romagnolo sia stato estromesso a seguito di un’operazione della Camorra, che aveva scommesso clandestinamente miliardi sulla sua sconfitta al Giro d’Italia 1999.

Niente di nuovo: i familiari di Marco e alcuni addetti ai lavori, come i giornalisti Davide De Zan ed Enzo Vicennati (quest'ultimo autore del libro "Era Mio Figlio" con Tonina Pantani, ndr), avevano nel corso degli anni ripetutamente riferito le parole di Renato Vallanzasca, ma leggerle su un documento redatto da una Commissione Parlamentare d’Inchiesta fa un altro effetto.

Le parole di Renato Vallanzasca su Marco Pantani

Nella relazione, infatti, si spiega che già nell’ottobre del 2014 il bel René venne interrogato dai carabinieri di Forlì:

Vallanzasca dichiarò che nel giugno del 1999, sei o sette giorni prima della tappa di Madonna di Campiglio del Giro d’Italia, era stato avvicinato da un altro detenuto che asseriva di volergli fare un regalo consistente in una scommessa che non poteva perdere: il detenuto in questione si era detto certo del fatto che Marco Pantani non avrebbe vinto la gara e non sarebbe giunto a Milano e lo aveva invitato a scommettere una grossa cifra su tale evenienza (…). Vallanzasca aveva rifiutato l’offerta e nei giorni successivi, nonostante il susseguirsi delle vittorie del corridore nelle diverse tappe del Giro d’Italia, aveva più volte sentito l’altro detenuto rinnovare le sue previsioni, affermate con la medesima certezza. La mattina del 5 giugno, lo stesso detenuto, con la sua inflessione campana, gli aveva detto ‘Renà hai visto? A Marco l’hanno fatto fuori… ò doping ! Hai visto che avevo ragione io? ‘".

Renato Vallanzasca in una foto scattata nel 2012
Renato Vallanzasca in una foto scattata nel 2012

Le intercettazioni di un camorrista: "Così sono state cambiate le provette di Pantani"

Tre giorni dopo l’interrogatorio a Renato Vallanzasca i carabinieri convocarono Rosario Tolomelli, camorrista detto "O’ zio", anche lui detenuto a Novara nel giugno del 1999. L’uomo dapprima non fornì nessuna indicazione utile ai militari, ma poche ore dopo effettuò una nuova telefonata ai carabinieri della stazione Borgoloreto di Napoli sostenendo di avere urgenti dichiarazioni da far verbalizzare. Stavolta a Tolomelli la memoria non fece difetto e riferì "che già parecchio tempo prima rispetto al giugno 1999, era noto alla popolazione carceraria di origine campana che Pantani sarebbe stato escluso dal Giro, poiché tale manifestazione era condizionata dall’intervento di un clan camorristico".

A quanto pare, dunque, l’esclusione di Pantani dal Giro d’Italia era tra i detenuti – o almeno tra alcuni di quelli del carcere di Novara – il "segreto di Pulcinella". Molti avrebbero saputo da tempo che la Camorra aveva scommesso miliardi sulla sconfitta del Pirata e che i boss non potevano accettare di perdere tutto quel denaro senza intervenire. Sempre Rosario Tolomelli, intercettato nell’ambito di un altro procedimento penale, nell’autunno del 2014 disse alla figlia Anna:

Anna: Ma che ci azzecca Vallanzasca con questo Pantani?
Rosario: Che Vallanzasca poche sere fa ha fatto.
Anna: Eh.
Rosario: Dichiarazioni.
Anna: Una dichiarazione eh.
Rosario: Dicendo che un camorrista di grosso calibro gli avrebbe detto ‘guarda che il Giro d’Italia non lo vince Pantani non arriva alla fine'.
Anna: Ah ah ok.
Rosario: Altrimenti qua sbancano tutto quanto perché si sono giocati tutti quanti su di lui.
Anna: Ah ok.
Rosario: Quindi praticamente la Camorra ha fatto perdere il Giro a Pantani.
Anna: Ha fatto deviare stu[…] Giro a Pantani.
Rosario: Cambiando le provette e facendolo risultare dopato.
Anna: Madonna mia!
Rosario: Questa cosa ci tiene a saperla anche la mamma.
Anna: Ma è vera questa cosa?.
Rosario: Sì.
Anna: Ah ah ah ok.
Rosario: Sì.

Tolomelli, nuovamente interrogato in relazione a quelle ed altre intercettazioni, spiegò alla Polizia Giudiziaria: "Gagliardi Angelo fu quello che mi aveva detto i fatti di Pantani. So che Gagliardi era un affiliato del clan La Torre. Era particolarmente legato a La Torre Augusto. So che il Gagliardi, al contrario di Augusto, non si è mai pentito. Lui aveva confidenza con Vallanzasca".

Le conferme del pentito: "La Camorra ha architettato l'esclusione di Pantani dal Giro 1999"

Gagliardi negò in seguito ogni coinvolgimento nella vicenda. Augusto La Torre, già boss dell’omonimo clan di Mon­dragone dall’inizio degli anni '80, collaboratore di giustizia sin dal 2003, invece confermò ai Carabinieri di Forlì che nel 1999 clan camorristici del napoletano gestivano le scommesse clandestine ed avevano architettato l’esclusione dal Giro d’Italia di Marco Pantani.

Il collaboratore di giustizia Augusto La Torre, ex boss della Camorra.
Il collaboratore di giustizia Augusto La Torre, ex boss della Camorra.

La Torre riferì di essere stato più volte condotto nel carcere di Secondigliano, presso i reparti del 41-bis, di aver avuto modo di parlare, in tempi diversi, con Francesco Bidognetti (capo del clan dei Casalesi), Angelo Moccia (capo del clan Moccia di Afragola) e Luigi Vollero (capo del clan di Portici). Costoro gli dissero che l’esclusione di Marco Pantani dal  Giro d’Italia era stata voluta dai clan operanti a Napoli.

La Torre dichiarò: "Conoscendo le amicizie dei predetti, do per scontato che l’alleanza di Secondigliano, ovvero i Mallardo di Giugliano in Campania possano aver organizzato il tutto. I suddetti tre mi dissero che il banco, se Pantani vinceva, saltava e la Camorra avrebbe dovuto pagare diversi miliardi in scommesse clandestine e rischiava la bancarotta (…). Non credo che erano direttamente coinvolti nel giro delle scommesse clandestine".

Sempre La Torre riportò agli inquirenti alcune frasi pronunciate da Bidognetti, Moccia e Vollero: "Ricordo le frasi che erano del tipo: ‘Sono rimasto deluso da Pantani perché anche lui è dopato perché anche lui ha preso la bumbazza’, e di rimando, uno dei tre, non ricordo chi con precisione: ‘Ma quale bumbazza e bumbazza, l’hanno fatto fuori perché sennò buttava in mezzo la via quelli che gestivano le scommesse'".

Lo stesso collaboratore di giustizia riferì ancora ai carabinieri di Forlì: "Non sono a conoscenza di come hanno fatto per i dati di Pantani per farlo risultare positivo. Il clan intervenuto ha avvicinato sicuramente chi era addetto ai controlli e li hanno corrotti. (…) Escludo nella maniera più assoluta che i medici siano stati minacciati; si tratta unica­mente di corruzione".

Perché il gip di Forlì archiviò l'inchiesta sulla Camorra e Pantani

Elementi che, come accennato, non costituiscono una novità assoluta, ma compongono una storia inquietante. Di questa storia sono a conoscenza la famiglia di Marco Pantani e alcuni giornalisti che da sempre seguono la vicenda del Pirata, ma anche i magistrati della Procura di Forlì. Dopo un’indagine durata due anni nell’estate del 2016 il gip Monica Galassi chiese l’archiviazione del caso accogliendo la richiesta della Procura. Il procuratore Sergio Sottani e il pm Lucia Spirito avevano chiesto l'archiviazione a causa della prescrizione del reato ipotizzato: associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva. Ricorda la Commissione Parlamentare d’inchiesta che il giudice, "pur sostenendo di ritenere possibile che nel corso degli anni fossero effettivamente state poste in essere condotte minacciose ed intimidatorie nei confronti dei soggetti a vario titolo coinvolti nella vicenda del prelievo ematico effettuato a Marco Pantani, concluse affermando che gli elementi acquisiti non erano idonei a consen­tire l’identificazione degli autori dei reati ipotizzati".

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La Commissione Antimafia: "Possibile svolgere ulteriori approfondimenti"

Osserva a tal riguardo la Commissione: "Sarebbe stato, forse, possibile svolgere ulteriori approfondimenti: invero, nella escussione testimoniale presso il carcere di Milano, pur a distanza di quasi un ventennio, Vallanzasca ha riferito la probabile collocazione della cella dove si trovava il detenuto dal quale aveva avuto informazioni sulla vicenda, risultando in tal modo notevolmente circoscritto il numero dei soggetti fra i quali individuare la persona dal predetto indicata e descritta. Il confronto dei registri carcerari, qualora ancora disponibili, avrebbe verosimilmente consentito l’acquisizione di elementi utili per l’accertamento della verità".

La tesi della Commissione Parlamentare Antimafia collima con quella della famiglia Pantani. Mamma Tonina e papà Paolo da sempre sostengono che il figlio, Marco, fu vittima di un complotto e venne schiacciato da un meccanismo troppo più grande di lui. E sostengono anche che il 14 febbraio del 2004 il Pirata venne ucciso in una stanza del residence Le Rose di Rimini. Anche su questo la Commissione Parlamentare Antimafia ha riscontrato incongruenze ed errori investigativi talvolta grossolani. Ne riparleremo.

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