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Ronaldo si è rifiutato di entrare, il Manchester United usa il pugno durissimo: fuori squadra!

Cristiano Ronaldo è stato sospeso dal Manchester United dopo il suo comportamento nel finale del match contro il Tottenham: la decisione arriva su input diretto del tecnico Erik ten Hag.
A cura di Paolo Fiorenza
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A neanche 24 ore dalla brutta scena di cui è stato protagonista nel finale del match vinto dal Manchester United contro il Tottenham – quando ha abbandonato il terreno di gioco prima del termine della gara, prendendo la via del tunnel e poi abbandonando gli spogliatoi di Old Trafford quando ancora i suoi compagni dovevano farvi ritorno – Cristiano Ronaldo è stato ignominiosamente sospeso dal club, come comunicato ufficialmente in una nota.

La nota del Manchester United
La nota del Manchester United

Il portoghese non farà parte della squadra che sabato prossimo andrà a fare visita al Chelsea, né si allenerà con i compagni. La decisione, resa nota dallo United, è frutto della diretta volontà del tecnico Erik ten Hag. Nelle ultime ore era emersa la verità su quanto accaduto mercoledì sera: Ronaldo aveva lasciato la panchina non perché aveva capito che non sarebbe più entrato, ma lo aveva fatto dopo che si era rifiutato di subentrare.

Il Daily Mail ha ricostruito quei concitati momenti in cui l'ego di Ronaldo è esploso senza più freni assieme alla rabbia del campione che tuttora ritiene di aver diritto ad uno status di intoccabile, a dispetto dei 37 anni e di un rendimento che inevitabilmente non può più essere quello dei bei tempi. Inizialmente si era pensato che CR7 avesse reagito furiosamente al fatto di essere stato lasciato in panchina per l'intera durata del match (per la seconda volta quest'anno), affronto intollerabile per uno che già digeriva male il fatto di non essere più il titolare a favore di Rashford. Ed invece, sul punteggio di 2-0 e dopo che all'87' erano già entrati in campo Eriksen ed Elanga, Ronaldo non ha voluto ascoltare le istruzioni che ten Hag era pronto a dargli per quegli ultimi spiccioli di partita e si è rifiutato di entrare in campo.

Quell'andatura risoluta e sdegnata verso il tunnel di Old Trafford simboleggia molto probabilmente anche l'uscita di Ronaldo dal club che lo ha lanciato nel firmamento calcistico tre lustri fa, perché è ormai chiaro che la relazione col tecnico – ma anche con i compagni, trattati in maniera irrispettosa – è arrivata ad un punto di non ritorno. L'addio a gennaio sembra a questo punto una soluzione inevitabile nell'interesse di tutti, anche se non è facile capire quale squadra – qualificata agli ottavi di Champions League nelle intenzioni del portoghese – potrebbe aver voglia di scommettere ancora su un giocatore così acclaratamente egoista.

Ronaldo in questo momento è cieco e sordo ai destini del club in cui gioca, interessato soltanto a rimpolpare i suoi record finché l'orologio della vita glielo consentirà. Una spirale di protagonismo che stride con lo spessore del campione, in uno sport che non è individuale ma di squadra. Una regola a cui non si può derogare neanche se sei CR7, hai vinto cinque Palloni d'Oro e sei il primatista assoluto di tutti i tempi per gol segnati.

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