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Roberto Baggio e il Mondiale 2002, storia di una ferita ancora aperta

La mancata convocazione ai mondiali del 2002 resterà una delle ferite più difficili da rimarginare per Roberto Baggio. Nel 2000, il Divin Codino si accasa a Brescia con l’intento di convincere Trapattoni a portarlo in Giappone. A pochi mesi dal campionato del mondo, si rompe di nuovo il legamento crociato anteriore del ginocchio, ma riesce a recuperare a tempo di record, segnando 3 gol nelle ultime partite di campionato. Per il Trap non basta, la sua decisione è netta: Baggio non va ai mondiali.
A cura di Valerio Albertini
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È il 14 settembre 2000. Dopo un'estate da svincolato, poiché l'Inter ha deciso di non rinnovargli il contratto per via dei dissapori con l'allenatore Marcello Lippi, Roberto Baggio firma per il Brescia. Lo volevano il Barcellona e altre squadre blasonate della Premier League, ma lui ha scelto di restare in Italia, in un club che lotta per non retrocedere, con un solo obiettivo: convincere il ct della Nazionale Giovanni Trapattoni a portarlo ai mondiali nippo-coreani del 2002, per quella che sarebbe la sua quarta partecipazione a un campionato del mondo. Non ha altro in testa, vuole indossare per l'ultima volta l'unica maglia che abbia mai sentito davvero sua, quella azzurra.

La scelta di andare a Brescia per riconquistare la Nazionale

L'ultima sua presenza con l'Italia è datata 31 marzo 1999, con Dino Zoff ct. Il capitano della Nazionale campione del mondo del 1982 sceglie di non portarlo agli Europei del 2000 e Baggio capisce che, se non vuole provare la stessa delusione due anni dopo, ha bisogno di giocare con una continuità che l'Inter non può garantirgli. Per questo sceglie Brescia, dove allena Carlo Mazzone, a detta del Divin Codino l'unico allenatore che l'abbia davvero capito fino in fondo. Con 10 gol in campionato, Roby trascina le rondinelle all'ottavo posto, miglior piazzamento mai ottenuto in Serie A, che vale anche la qualificazione alla Coppa Intertoto. Eppure, Trapattoni non vuole saperne di convocarlo in Nazionale, anche se, durante l'anno, non chiude le porte a un suo ritorno:

Roberto è in forma ed è un campione da rispettare: sa come la penso, deve solo continuare a fare quello che combina adesso e che gli fa onore.

La stagione successiva è quella che porta al mondiale di Giappone-Corea e Baggio sa di dover rendere al massimo per convincere il ct a convocarlo. Per questo motivo, si presenta tirato a lucido e, dopo 7 giornate di campionato, è addirittura capocannoniere con 8 gol segnati. La sua ascesa verso il mondiale, però, sembra interrompersi bruscamente allo stadio Tardini di Parma.

L'infortunio al crociato, il recupero record e i gol nel finale di stagione

È il 4 febbraio 2002 e in Emilia si gioca la semifinale di Coppa Italia tra i ducali e il Brescia. Il Divin Codino entra dalla panchina, ma la sua partita finisce dopo soli 2 minuti. Su una sponda di Igli Tare, Baggio poggia male il piede e resta a terra dolorante. Capisce subito di essersi fatto di nuovo male e la diagnosi è impietosa: rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro. Roby ha 35 anni, un infortunio di quell'entità, per un calciatore con quelle ginocchia, potrebbe mettere fine non solo alla stagione ma anche alla carriera. Non a quella di Roberto Baggio. Decide di operarsi il giorno dopo, sa che si tratta di una follia, ma lui vuole comunque mettercela tutta per provare a recuperare in tempo per i mondiali. Con un recupero record, due mesi e mezzo dopo un infortunio per il quale solitamente si sta fermi anche un anno, Baggio è di nuovo in campo. Sa che sta mettendo a serio rischio le sue ginocchia, ma non gli importa: la Nazionale viene prima di tutto.

Il 21 aprile è di nuovo in campo e Carlo Mazzone lo fa entrare al 25′ del secondo tempo del match contro una Fiorentina già retrocessa, vitale per la corsa salvezza del Brescia. Ad aspettarlo in campo c'è Pep Guardiola, che gli consegna la fascia di capitano. Tutti lo attendono e Roby risponde alla sua maniera. A 3 minuti dal suo ingresso in campo, mette in porta Luca Toni, che calcia addosso a Taglialatela. La palla danza nell'area piccola e Baggio, con le spalle alla porta, infila il pallone in rete in mezza rovesciata. Il Divin Codino è tornato, ma non è finita qui. In chiusura di partita firma anche la doppietta, dimostrando di essere rientrato in condizioni ottimali. Roberto segna anche all'ultima giornata contro il Bologna e contribuisce a salvare il Brescia. Ha dimostrato di stare bene fisicamente e l'Italia lo reclama nei 23 che il Trap dovrà portare ai mondiali.

La lettera per convincere il Trap non basta: Baggio non va ai mondiali

Baggio prova a convincerlo con una lettera inviata al Processo di Aldo Biscardi, in cui chiede al ct di convocarlo per la rassegna nippo-coreana, ricordandogli i sacrifici fatti per esserci:

Due anni fa decisi di rimanere in Italia, scegliendo Brescia e Mazzone per provare a conquistare una maglia per i Mondiali. L'ho fatto perché quella della nazionale italiana è l'unica maglia che mi sento cucita addosso, ed è per essa che vorrei offrire il mio contributo nella prossima avventura mondiale. Per 90 giorni ho vissuto con grande intensità e costante determinazione ogni singolo istante di ogni singola giornata, fatta di duro lavoro in palestra, in piscina e in campo, restando lontano da casa e rinunciando a stare vicino alla famiglia ed agli affetti più cari. Se non dovessi raggiungere il mio obiettivo accetterei l'amaro calice dell'insuccesso ma mai e poi mai avrò il rimpianto di non aver provato lottando fino in fondo.

Purtroppo, il finale di questa storia è già stato scritto. Trapattoni, da uomo pragmatico qual è, non cambia idea e le ultime prestazioni di Baggio non lo convincono a portarlo con sé in Giappone. Si rivelano inutili la mobilitazione del calcio e un sit-in di suoi tifosi davanti alla FIGC. Il Trap preferisce convocare Cristiano Doni, più funzionale al suo gioco, e lasciare a casa il Divin Codino, che, nella sua logica, non avrebbe fatto altro che mettere pressione agli altri numeri 10 azzurri, Totti e Del Piero. È lo stesso ct, incalzato dai giornalisti, a spiegare i motivi della sua scelta:

Baggio per me è un caso chiuso. Sono scelte dolorose, ma io devo avere senso di responsabilità, fare gli interessi di tutti e sbagliare il meno possibile, senza lasciarmi condizionare se Tizio è più bello o più simpatico di Caio. Mi dispiace molto di non averlo potuto convocare. I miei collaboratori e io lo abbiamo seguito per lungo tempo sia durante il recupero dall'infortunio sia nelle ultime partite di campionato. Ho parlato con Roberto e ci siamo chiariti, ha capito il motivo per cui non l'ho convocato, gli ho fatto gli auguri per il suo futuro.

Prima di parlare con la stampa, Trapattoni aveva chiamato personalmente Roberto per spiegargli il motivo della sua mancata convocazione, legato alle sue condizioni fisiche, considerate non all'altezza dal ct, come raccontato dallo stesso Baggio:

Mi ha detto che non mi avrebbe convocato perché non mi vedeva in condizione e secondo lui non ero completamente guarito. Io gli ho risposto che stavo bene, che in 130 minuti avevo fatto tre gol, che ero sano. Lui insisteva dicendo che non era possibile, che non ero quello di prima.

Ancora Roby, rende l'idea di quanto ci tenesse a partecipare a quel mondiale:

Nessuno desiderava andare al mondiale come me, nessuno. Io con me stesso non ho perso. Non ho rimpianti, ho sognato fino alla fine alla mia maniera.

Il retroscena del Trap e la ferita ancora aperta di Baggio

A distanza di anni, il Trap è tornato su quella scelta, svelando un retroscena interessante:

Io moralmente mi sento a posto verso Roberto. Io dissi a Baggio e al suo agente, Vittorio Petrone, se gli andasse di aggregarsi a noi in Giappone come 24esimo. Una sorta di riserva aggiunta, per tutelarsi in caso di infortuni dell’ultima ora. Avremmo potuto cambiare la lista sino a 24 ore dall’esordio. Lui si sentì forse considerato come una ruota di scorta e per orgoglio disse no. Lo capii. In pochi capirono me. È il calcio.

Roberto Baggio, invece, non ha dimenticato quanto successo in quell'estate e, anche se è passato molto tempo, continua a soffrire per quella mancata convocazione:

Gente dell’organizzazione diceva che le rose fossero state allargate a 23 elementi perché la Fifa contava che così ci saremmo stati sia io sia Ronaldo, ma Trapattoni mi lasciò a casa. Quella è una ferita paragonabile solo al rigore di Pasadena. Meritavo di essere tra i convocati di quel Mondiale. Qualcuno aveva dubbi sulle mie condizioni fisiche, ma ero tornato appena 77 giorni dopo l’intervento. Anche se non avrei giocato, non meritavo di star fuori. Era qualcosa che il calcio mi doveva. Forse è anche per questo oggi mi sono allontanato.

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