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L’Inter salva Inzaghi dall’esonero ma è costretta a intervenire: sta perdendo la squadra

Se la permanenza di Simone Inzaghi sulla panchina dell’Inter non è messa in discussione dalla società, nei prossimi giorni ci sarà un vertice. Sul tavolo temi decisivi: scelte, cambi e gerarchie da ristabilire e rivedere.
A cura di Alessio Pediglieri
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Tre sconfitte in campionato, un'altra in Champions League su un totale di 9 incontri ma soprattutto 13 gol subiti, mantenendo inviolata la propria porta in sole 3 occasioni.  Numeri che certificano la crisi attuale dell'Inter di Simone Inzaghi, oggi difeso ad oltranza dalla società ma sul banco degli imputati per gli scarsi rendimenti che non cessano più. In aggiunta al tutto, c'è l'involuzione di diversi giocatori ritenuti da sempre la chiave di volta del gioco e le scelte sul campo che stanno facendo discutere sulla reale capacità del tecnico di saper "leggere" i match e tenere in pugno lo spogliatoio.

Le analisi attuali sono disarmanti perché già a settembre l'Inter sembra essere stata messa ai margini della lotta scudetto, dove si ritrova a cinque punti dalla vetta ma soprattutto con davanti sei squadre. Un avvio maledettamente difficile e in salita che vede la squadra di Inzaghi dover rincorrere gli avversari, dovendo pensare anche al Girone infernale di Champions League dove non sono ammesse distrazioni che costerebbero la  – già difficilissima – qualificazione agli ottavi. E se si aggiunge un'estate trascorsa sul campo ricca di incertezze e perplessità certificate da amichevoli tutt'altro che confortanti, il quadro che ne esce è preoccupante.

Sotto osservazione c'è soprattutto il lavoro del tecnico che dopo il primo anno vissuto sull'onda lunga dello scudetto conquistato con Conte e dell'entusiasmo di un ambiente che lo ha portato ad alzare Coppa Italia e Supercoppa, oggi si deve confrontare con l'incapacità di ridare una fisionomia e carattere ad una squadra spesso alla deriva. Gioco e risultati lo dimostrano, non ultima la sconfitta esterna contro l'Udinese che ha evidenziato situazioni oramai non più sostenibili. E se sul fronte della preparazione e tenuta atletica Simone Inzaghi direttamente ha poco di cui essere responsabile, pur a capo dello staff che dovrebbe curare fino ai minimi particolari questi aspetti, è sulle scelte compiute in campo che si ritrova circondato da critiche e perplessità.

Non dalla società. L'Inter ha ribadito in tempi non sospetti e poi ancora in queste ore l'assoluta unità di intenti con l'ex Lazio, confermandone la stima, il posto e la tranquillità di poter tornare a lavorare. Le parole di Marotta sono state chiare in tal senso: "Il tecnico sta svolgendo un ottimo lavoro, sa allenare e gestire benissimo la squadra" aveva sottolineato ai microfoni di Sky subito dopo il debutto con sconfitta in Champions League. "Le tante novità viste contro il Bayern sono un messaggio di coraggio, anche se adesso avrà lo stress di dover gestire la rosa nel migliore dei modi per i tanti impegni da affrontare fino al 13 novembre".

Ma è proprio la seconda ed ultima parte del pensiero di Marotta a ritornare prepotente all'indomani della sconfitta di Udine: ciò che definisce "stress", ovvero l'obbligo di gestire più situazioni contemporanee al meglio, si è trasformato in una confusione totale, riversatasi sul campo e soprattutto sulla difesa i cui cambi hanno mandato in tilt prima il tecnico e poi i giocatori. Se sul fronte "esonero", in società non c'è nemmeno l'ombra, il prossimo confronto – approfittando della pausa – verterà su questi temi.

Primo tema: si chiederà un cambiamento nella gestione dei cambi. Gli stessi che Inzaghi nel corso della sua carriera, già a Roma, ha sempre utilizzato quasi in modo scientifico su giocatori ammoniti (al momento i dati dicono che sono ben 43 i giocatori nerazzurri sostituiti dopo il cartellino giallo). Ad Udine, dopo soli 30 minuti ha tolto dal campo due giocatori che aveva scelto come titolari, Bastoni e Mkhitaryan, ribaltando scelte e gerarchie iniziali. Per poi cambiare e cambiare ancora nel corso dei 90 minuti l'assetto soprattutto difensivo, inserendo prima D'Ambrosio per Darmian (ammonito pure lui), quindi Acerbi con de Vrij. Risultato? Confusione totale, Skriniar che rimedia un imbarazzante autogol, crollo nel finale in cui l'Inter affonda e la frustrante reazione di Bastoni quando viene relegato in panchina.

Tutto ciò sta creando difficoltà nello spogliatoio, con i primi malumori che iniziano a palesarsi tra chi si riteneva titolare e oggi si vede in ballottaggio senza un'apparente scelta tecnica decisa e decisiva. Ciò sta portando alla deriva la credibilità di Simone Inzaghi non per le sue conoscenze tecniche ma per la sua leadership all'interno dello spogliatoio, già toccato dall'ultimo scudetto rossonero e oggi infastidito da continui cambi e sostituzioni.

Secondo tema su cui ci sarà confronto saranno proprio le scelte tecniche su cui fare chiarezza. A fronte del fatto che l'Inter di oggi è praticamente la medesima di 10 mesi fa quando la difesa si vantava di essere tra le più forti del campionato e d'Europa, oggi la gestione Inzaghi ha rotto più di un semplice equilibrio importante, le cui ripercussioni sono più che visibili nelle prestazioni dei singoli e nell'insieme.

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Il ballottaggio improvviso tra Handanovic e Onana sta creando più incomprensioni e difficoltà che una sana competitività, con Inzaghi che riserva all'ultimo istante le decisioni su chi gioca titolare di gara in gara. L'utilizzo di Bastoni, solo 2 partite per 90 minuti, tra campionato e Coppa, hanno evidentemente inciso sulle sue prestazioni laddove ritiene e riteneva di essersi guadagnato i galloni da titolare. Come per de Vrij, le cue sicurezze sono venute meno da una estate con la valigia in mano e un rinnovo mancato che si aggiungono all'arrivo di Acerbi, primo suo sostituto.

Sono solo alcuni esempi, parti di una problematica ben più complessa che sarà al vaglio del prossimo faccia a faccia con la dirigenza. Con la quale si discuterà anche della gestione degli altri reparti dove si è evidenziata una Brozovic-dipendenza – anche davanti ad un giocatore che non sta assolutamente affrontando un periodo di forma positivo – da parte di Inzaghi che in panchina ha il suo naturale sostituto in Asllani, ma mai seriamente utilizzato. O nella gestione dell'attacco dove vacilla il ruolo di primo vice Lukaku: Dzeko o Correa? Così da mettere in ulteriore difficoltà lo stesso Lautaro.

 
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