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Opinioni

In Serie A litigano sulle retrocessioni ma nessuno pensa al minuto di raccoglimento

La Serie A che s’è ritrovata compatta quando s’è trattato di esigere i soldi dei diritti tv ora è in subbuglio. Non sorprende che l’argomento principale di queste ore siano il blocco delle retrocessioni e il tentativo da parte di alcuni presidenti di cambiare le carte (e le regole) in tavola oppure di trovare una soluzione compromesso. Tre mesi e quasi 40 mila morti ma nessuno finora ha fatto cenno a un minuto da osservare in loro memoria. E sarebbe stata la prima cosa da fare.
A cura di Maurizio De Santis
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La prima cosa che ha fatto la Liga spagnola è stata sancire il minuto di raccoglimento da osservare su tutti i campi in occasione della prima partita di campionato dopo il lungo stop per la pandemia. È successo anche in Bundesliga, sia pure a scoppio ritardato: i tedeschi lo fecero alla seconda giornata, evidentemente distratti dalla solerzia e dal pragmatismo che li ha portati a fare da capofila in Europa anche nel mondo del calcio. In Italia non sorprende che l’argomento principale di queste ore siano il blocco delle retrocessioni, il tentativo da parte di alcuni presidenti di cambiare le carte (e le regole) in tavola oppure di trovare una soluzione compromesso.

Lo hanno definito il "lodo Giulini", nome preso in prestito dal numero uno del Cagliari promotore dell'ipotesi che piace tantissimo alle società. Nulla vogliono rischiare alla ripresa del campionato e così, al netto delle 2 retrocessioni da tenere salde (e delle corrispettive promozioni dalla B), nel novero dei sommersi e dei salvati resterebbe la terzultima in classifica (una tra Lecce e Genoa) a discapito dell'altra formazione che potrebbe salire dai cadetti attraverso i playoff.

Ci hanno provato (ma a vuoto) perché è tornata di stretta attualità l'ipotesi capestro del caso di positività di un calciatore che rischia di far saltare il banco e bloccare ancora – e questa volta in via definitiva – il torneo. Un nodo mai sciolto ed è stato come averlo sempre al collo. Il motivo? Sempre lo stesso: la questione della quarantena obbligatoria di 2 settimane qualora uno dei membri del "gruppo squadra" risultasse contagiato dal Covid-19. Il tempo del "andrà tutto bene" e del senso di comunità è finito. O forse non c'è mai stato. Funziona sempre così quando, passata la paura, prevalgono gli interessi e gli egoismi di parte. E quella Serie A che s'è ritrovata compatta quando s'è trattato di esigere i soldi dei diritti tv minacciando ingiunzioni di pagamento e cause in tribunale ora è in subbuglio.

Adesso "deve andare tutto bene", non c'è altra strada. Si spiega anche così l'intransigenza della Federcalcio rispetto ai possibili furbetti della positività e dei ‘casi a orologeria', al tentativo di una parte dei club di fare partito e forzare la mano approfittando dell'equilibrio precario sul quale si destreggia la Figc. Ogni infrazione sarà legata a una violazione del codice di giustizia sportiva e comporterà una sanzione, nei casi più gravi anche una esclusione delle società che hanno agito violando il protocollo medico.

Tre mesi di dolore e di angoscia. Tre mesi che hanno sconvolto il Paese, l'economia già precaria delle famiglie, il mondo del lavoro e di chi ce l'ha/l'aveva/non la ha più/e non sa se lo riavrà. Tre mesi e (alcuni) provano il colpo di mano, la furbata da marciapiede per salvarsi la pelle. Tre mesi e quasi 40 mila morti ma nessuno finora ha fatto cenno a un minuto da osservare in loro memoria. E sarebbe stata la prima cosa da fare.

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Da venticinque anni nel mondo dell’informazione. Ho iniziato alla vecchia maniera, partendo da zero, in redazioni che erano palestre di vita e di professione. Sono professionista dal 2002. L’esperienza mi ha portato dalla carta stampata fino all’editoria online, e in particolare a Fanpage.it che è sempre stato molto più di un giornale e per il quale lavoro da novembre 2012. È una porta verso una nuova dimensione del racconto giornalistico e della comunicazione: l’ho aperta e ci sono entrato riqualificandomi. Perché nella vita non si smette mai di imparare. Lo sport è la mia area di riferimento dal punto di vista professionale.
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