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Crollo fisico, emotivo e tecnico: così la Roma è sparita nel secondo tempo di Manchester

Che la Roma fosse una squadra con delle difficoltà lo si sapeva già prima della semifinale d’andata di Europa League contro il Manchester United. Il secondo tempo dell’Old Trafford le ha evidenziate tutte, con i Red Devils che hanno annientato una Roma falcidiata dagli infortuni e senza possibilità di fare cambi, vincendo per 6-2.
A cura di Valerio Albertini
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La Roma ha perso 6-2 in casa del Manchester United nell'andata delle semifinali di Europa League. Ancora una volta durante questa stagione, i giallorossi si sono sciolti completamente alle prime difficoltà, rimediando una sconfitta pesantissima. Ieri sera, i capitolini hanno giocato un primo tempo gagliardo e sono riusciti a reagire dopo il primo gol di Bruno Fernandes. Il rigore trasformato da Pellegrini e la rete di Dzeko hanno illuso i tifosi romanisti, che erano convinti di assistere a tutto un altro secondo tempo.

Il paradossale primo gol di Cavani

Ciò che è successo dal 46′ al 90′ è, invece, paradossale. Dopo tre minuti la Roma si è dimenticata di essere in vantaggio per 1-2 all'Old Trafford e si è gettata in avanti come se dovesse recuperare il risultato. Pogba ha servito facilmente Cavani e i Red Devils hanno potuto sviluppare addirittura un 3 contro 3 nei confronti di quel che restava della difesa giallorossa. Per Bruno Fernandes è stato un gioco da ragazzi imbucare per Cavani, che ha segnato il gol del pari. Viene da chiedersi come sia possibile subire una rete del genere dopo due minuti. Pur essendo falcidiata dagli infortuni, che hanno costretto Fonseca a rinunciare a Veretout, Pau Lopez e Spinazzola, finendo anche gli slot per i cambi nel primo tempo, la Roma non può essere calata fisicamente già a inizio secondo tempo. Probabilmente è mancata la concentrazione e l'attenzione che, in partite come quella di ieri, non si può disperdere nemmeno un attimo.

Il calo fisico

Dal secondo gol di Cavani, che è arrivato più o meno all'ora di gioco, i giallorossi hanno smesso di essere presenti mentalmente in campo. Lo United è una squadra più forte e più preparata fisicamente della Roma, che ancora una volta ha fatto registrare un calo nella seconda parte del match. Era già accaduto a Napoli, quando gli uomini di Gattuso avevano trovato tre gol nell'ultima mezz'ora, fissando il risultato sul 4-0 finale. Era successo a Bergamo, dove i romanisti avevano chiuso il primo tempo sullo 0-1, per poi subire quattro gol in 25 minuti. La Roma cala dal punto di vista fisico nell'ultima parte di partita, su questo non c'è dubbio. È una squadra che anche quest'anno è stata condizionata dagli infortuni. Non ha mai avuto Zaniolo, ha perso alternativamente i suoi uomini migliori come Smalling, Veretout, Spinazzola e Mkhitaryan, ma la spiegazione a una debacle come quella di ieri sera non può essere data prendendo soltanto in considerazione il lato atletico.

La mancanza di certezze

Quello di ieri sera, infatti, è stato anche un crollo emotivo. L'impressione che si ha dall'esterno è quella di una squadra che non sia in grado di reagire alle difficoltà, un gruppo che si rassegni troppo facilmente a subire sconfitte pesanti, perché convinto di non avere gli strumenti per ribaltare la situazione. Guardando i volti dei giocatori, si percepisce un senso di disorientamento, una mancanza di fiducia che non possono non essere correlati anche agli scarsi risultati arrivati in campionato. La Roma ha provato a fare la sua partita fino a un certo punto, prima di subire la rimonta dei Red Devils e gettare la spugna troppo presto. Questa squadra ha poche certezze, quelle che era riuscita a crearsi le ha perse per infortunio o per squalifica. I leader tecnici dei giallorossi, a oggi, sono Veretout, Spinazzola e Mkhitaryan. L'ultimo ha provato a fare la sua partita, ma è ancora lontano parente del calciatore che ha trascinato i giallorossi nella parte centrale della stagione. Veretout si è fatto male dopo 2 minuti, mentre Spinazzola è stato costretto a uscire al 35′ del primo tempo, dopo aver dimostrato di poter dare fastidio a Wan-Bissaka. I leader emotivi, invece, erano stati persi già durante questa stagione. Quello che fino a dicembre era stato il totem giallorosso, Edin Dzeko, ha perso i gradi di capitano dopo la frattura con Fonseca e lo spogliatoio non può non averne risentito. Lorenzo Pellegrini ha provato a prendersi la squadra sulle spalle, ma è stato costretto a maturare troppo in fretta. Ha provato a dargli una mano Mancini, anche lui ieri assente per squalifica. Tra infortuni per il primo e prestazioni deludenti per il secondo, nemmeno due uomini con esperienza da vendere come Smalling e Pedro sono riusciti a trascinare la Roma.

Il gap di personalità

Ciò che è emerso ieri sera, ma era già stato evidente nelle sfide sopracitate con Napoli e Atalanta, è un gap di personalità che i giallorossi pagano nei confronti delle grandi squadre. Non è un caso che non abbiano mai vinto contro nessuna tra quelle affrontate quest'anno. Alla maggior parte dei calciatori della Roma manca l'esperienza per giocare una partita come quella di ieri sera. Il limite più grande di Paulo Fonseca, inoltre, sembra essere quello di non riuscire a tirare fuori il massimo dalla testa dei suoi. Troppo spesso i capitolini sono sembrati piatti, apatici, e raramente abbiamo visto il portoghese perdere le staffe alla vista di atteggiamenti non sempre consoni da parte dei suoi giocatori.

La Roma, infine, ha sempre avuto bisogno, nel corso della sua storia, della spinta dei suoi tifosi per andare oltre le proprie possibilità. Detto che tutte le squadre soffrono la mancanza dei propri sostenitori dietro le spalle, i giallorossi hanno subito più di altri questa privazione. Magari sentendo cantare 5.000 tifosi dietro la loro porta anche dopo aver subito il gol del 3-2, i calciatori capitolini avrebbero potuto trovare la forza di gettare il cuore oltre l'ostacolo, evitando il tracollo subito nel finale.

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