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Cosa sono i graffi sulla testa di Guardiola, l’esperto: “Frustrazione che non riesce a controllare”

I graffi sulla testa di Pep Guardiola dopo Manchester City-Feyenoord. Un’immagine dell’allenatore che ha fatto il giro del mondo: “Frustrazione che non riesce a controllare”.
Intervista a Dott. Daniele Stizza
Psicologo dello Sport e Preparatore mentale Esport.
A cura di Fabrizio Rinelli
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Il gesto di Pep Guardiola dopo l'ennesimo stop del Manchester City, ha fatto il giro del mondo. Il tecnico dei Citizens si mostra alle telecamere, al triplice fischio del 3-3 contro il Feyenoord in Champions, con il volto ricoperto di graffi che lui stesso si è fatto. Un'immagine forte, importante, che ha lasciato senza parole i tanti opinionisti e analisti presenti nelle varie tv: "Sì, me le sono fatti con le dita, perché volevo farmi del male". Frasi che lasciano intendere come in questo momento Guardiola abbia probabilmente perso il controllo di se stesso.

Ai microfoni di Fanpage, il Dott. Daniele Stizza, Psicologo dello Sport e Preparatore mentale Esport, ha analizzato il comportamento mostrato da Guardiola. Ma l'autolesionismo, come sottolineato anche dallo stesso tecnico spagnolo sui social, non c'entra. "È in realtà un gesto di frustrazione che nemmeno lo stesso Guardiola riesce a controllare in questo momento – spiega il Dott. Stizza -. Si tratta di forte sovraccarico di tensione che può portare a una manifestazione non verbale di un conflitto interiore".

Le immagini di Guardiola durante la partita di Champions col Feyenoord.
Le immagini di Guardiola durante la partita di Champions col Feyenoord.

Può una sconfitta o una partita andata male portare un allenatore a compiere una sorta di autolesionismo?
"Non si può isolare questa sconfitta dal contesto che sta vivendo il Manchester City che ha sempre dominato e vinto. L'autolesionismo di cui lui parla, anche se per fortuna si è corretto sui social, è in realtà un gesto di frustrazione che nemmeno lo stesso Guardiola riesce a controllare in questo momento. L'allenatore del City utilizza spesso la gestualità, e questo sovraccarico di forte tensione può portare a una manifestazione non verbale di un conflitto interiore".

Fino a che punto la pressione di una prestazione sportiva può portare ad azioni di questo tipo?
"Si può immaginare per persone che non hanno mai vinto qualcosa nella loro carriera e trovano un modo per potersi colpevolizzare, ma nel caso di Guardiola forse non ha mai avuto la possibilità di vivere questa situazione e nemmeno in questo momento è in grado di esorcizzarle. Le aspettative esterne evidentemente stanno diventando troppo alte anche per lui portandolo a manifestazioni di questo tipo".

La disperazione di Pep nel corso della sfida di Champions.
La disperazione di Pep nel corso della sfida di Champions.

Secondo lei c'è un modo per non sentire le emozioni che turbavano Guardiola in quel momento?
"Le emozioni non si possono non provare e non si possono isolare, ma solo gestire. Noi psicologi dello sport abbiamo proprio il compito di rendere consapevoli gli atleti delle proprie emozioni e fargliele gestire. In quel momento Guardiola, essendo una persona estremamente mentale, ha visto saltare tutte le tecniche di gestione delle emozioni".

Il gesto di Guardiola può avere riscontri con il passato del mister?
"Guardiola è uno degli allenatori più vincenti della storia ma anche i più grandi hanno le loro defaillance. Può darsi che non sappia gestire il conflitto e che questo si possa anche ripercuotere nello spogliatoio. Ma è chiaro che se un tecnico non è in grado di gestire la propria emotività inevitabilmente trasmette insicurezza alla squadra".

Secondo lei ha agito in questo modo per non sentire il dolore emotivo o invece per avere un maggior contatto con il suo corpo?
"Rivedendo alcune immagini di Guardiola sembra che in quel momento il tecnico abbia delle mani tesisissime sulla propria testa, come a far pressione, quasi a voler trovare una soluzione a tutti i costi. In quel momento dopo il 3-1 si vede l'emblema del dramma che stava vivendo emotivamente e quando hai questi pensieri ti dimentichi del tuo controllo fisico".

La frustrazione di Guardiola in partita.
La frustrazione di Guardiola in partita.

Come si spiega il fatto che un allenatore così vincente arrivi ad avere questo tipo di reazione.
"Per Guardiola è importante capire perché si provi rabbia in quel momento, perché abbia quegli atteggiamenti. È mancanza di motivazioni o le troppe pressioni esterne? Tutto questo porta a un cortocircuito di una gestione emotiva non ottimale".

Il fatto di aver vinto tanto rende più complesso il rapporto con la sconfitta?
"La fame di chi ha vinto tanto deve essere sempre alimentata da qualcuno che guidi questa voglia di vincere, basti pensare al Real di Ancelotti. Dopo tante vittorie, la cosa importante per allenatori e tecnici è quella di trovare una nuova motivazione che ti spinge a cercare nuovi obiettivi. Dove trova allora la motivazione uno che ha vinto tutto? È molto difficile, ma va trovata soprattutto per trasmettere passione alle persone che lo seguono".

L'autolesionismo nello sport è diffuso?
"L'autolesionismo è una delle tante manifestazioni di un conflitto interiore, e la sensibilità ad un argomento come la salute mentale è cruciale per poter affrontare vissuti di questo genere".

In che modo la prestazione sportiva può migliorare grazie alla psicologia?
"L'obiettivo è quello di migliorare la performance dell'atleta collegato a uno sviluppo di consapevolezza dei propri mezzi. Allo stesso tempo va creato un ambiente sereno e stabile affinché l'atleta possa vivere la sua carriera nel modo più sano possibile".

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