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Cosa hanno combinato al povero VAR in Serie A per far sì che questo non fosse rigore

La casistica degli episodi e la platea delle proteste è abbastanza variegata, la maggior parte delle quali insistono sulla difficile sintesi tra Var e arbitri. In Torino-Inter si è assistito a un altro aspetto del cortocircuito tra strumento tecnologico e ruolo del direttore di gara.
A cura di Maurizio De Santis
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Il calcio di rigore non concesso al Torino per fallo di Ranocchia su Belotti è il caso clamoroso che ha riacceso polemiche su arbitraggi e Var nel campionato italiano.
Il calcio di rigore non concesso al Torino per fallo di Ranocchia su Belotti è il caso clamoroso che ha riacceso polemiche su arbitraggi e Var nel campionato italiano.

Che fine ha fatto il Var? O, meglio, cosa è diventato l'ausilio tecnologico che, almeno secondo le intenzioni iniziali, avrebbe dovuto aiutare gli arbitri a dirimere gli episodi più intricati? Cosa hanno combinato allo strumento che nel corso del tempo s'è rivelato amico/nemico degli stessi direttori di gara? Il caso del fallo di Ranocchia su Belotti in Torino-Inter ha riportato di nuovo la questione al centro della discussione e, ancora una volta, le polemiche sono state durissime per il peso avuto da quell'evento sul risultato.

Il dialogo tra Guida (designato per il match dell'Olimpico) e il direttore sportivo dei granata, Vagnati, dà un'idea abbastanza chiara di qual è lo stato di impaccio, imbarazzo e disagio raggiunto nell'utilizzo della Video Assistant Referee e di come la qualità stessa degli arbitri sia stata influenzata in negativo o, nella migliore delle ipotesi (ma è un eufemismo), ridimensionata e confusa tra interpretazione personale e frequenza degli interventi del Var.

"Quando gli ho chiesto spiegazioni – ha ammesso Vagnati a DAZN – mi ha detto di non essere stato richiamato dal Var (c'era Massa nella cabina di regia)". C'è un ulteriore spunto di riflessione che scaturisce dalle parole del dirigente e scandisce come sia inaccettabile un atteggiamento del genere: "Se c'è rigore deve essere lui per primo a fischiarlo, altrimenti il riferimento al Var è una giustificazione".

Il corto circuito è nell'interpretazione del regolamento: il Var è un ufficiale di gara (non un'intelligenza artificiale che ragiona con algoritmi informatici) che ha accesso indipendente ai filmati della partita e può assistere l’arbitro soltanto in situazioni di gioco identificate come "chiaro ed evidente errore" o "grave episodio non visto". Gli suggerisce una eventuale revisione a bordo campo dell'episodio e lascia a lui (che ha l'ultima parola, come previsto dalla normativa) l'opportunità o meno di ricorrere alla on-field-review per una valutazione più equa.

In Torino-Inter – come anche in altri frangenti di match del campionato italiano – si è assistito a un altro aspetto del cattivo funzionamento del meccanismo: spesso si è inceppato, portando in rilievo la sicumera dell'arbitro oppure la ingerenza del Var nel suo operato, ma questa volta è divenuto il paravento dietro il quale nascondersi e sottrarsi alle proprie responsabilità (esattamente il contrario di quanto raccomandato e auspicato dall'Aia).

La casistica degli episodi e la platea delle proteste è abbastanza variegata, la maggior parte delle quali insistono sulla difficile sintesi tra Var e arbitri nonostante la figura del fischietto designato resti centrale come indicato dai vertici dell'associazione. Ma forse non ha abbastanza qualità e spalle larghe per reggere la pressione del ruolo.

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