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Conte come Mourinho, il ritorno dell’Inter che non vuole la palla

Conte esalta il pragmatismo della sua Inter facendo battute sul lifting e sull’estetica del bel gioco. Il concetto è lo stesso del suo predecessore portoghese (“oggi non volevo la palla”) con una differenza sostanziale: aveva di fronte il Sassuolo e non certo il Barcellona dei ‘marziani’; Mourinho ha vinto tutto quel che poteva nella sua esperienza a Milano, lui è uscito per due volte dalla Champions con poco onore. Ed è contento di vincere giocando in contropiede anche contro formazioni di livello tecnico inferiore.
A cura di Maurizio De Santis
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"Ci sono partite dove voglio la palla e partite dove non voglio la palla". La sera dell'impresa a Barcellona potevi leggerne la soddisfazione sul volto. José Mourinho aveva un ghigno beffardo stampato in viso e il dolce sapore della vittoria tra le labbra. In dieci uomini (per l'espulsione di Thiago Motta), aveva convinto Eto'o a giocare nel ruolo di terzino schierando la sua Inter in trincea e portandola in finale di Champions.

Più il Camp Nou ribolliva di tifo, più la "sporca dozzina" nerazzurra serrava i ranghi. Più i catalani tessevano la trama dei palleggi e del fraseggio stretto per stanare gli avversari, più sull'altro fronte la "falange" respingeva gli assalti dietro gli scudi. Il gol di Piqué fu il classico colpo coda, la mossa per uscire dall'assedio e rovesciare le sorti della battaglia. Mou l'aveva già vinta, prendendo perfino anche la briga di sussurrare all'orecchio di Pep Guardiola "non fare festa, questa partita non è finita". A fine gara gongolava per aver lasciato a loro il possesso palla, le percentuali e le statistiche, la mistica di quel "tiki-taka" esteticamente interessante ma rivelatosi inefficace almeno contro la sua squadra. L'Inter passò il turno e aggiunse un altro pezzo alla stagione leggendaria del triplete culminata con la conquista della Champions. Chapeau.

Adesso portate avanti la sequenza videoclip e fermate il nastro a mercoledì sera, in occasione di Inter-Sassuolo che ha consegnato alla squadra di Antonio Conte un successo prezioso nella corsa scudetto. È a +11 sul Milan, ha il titolo in tasca. Abbastanza perché il tecnico si presenti dinanzi ai microfoni tronfio e contento, pronto alla battuta che gli viene servita su un piatto d'argento a proposito del bel gioco e della gestione della partita. "Abbiamo un obiettivo e l'estetica se arriva è bene, altrimenti amen, l'importante è lo scudetto – le parole dell'ex ct -. Per l'estetica, poi andiamo tutti a un centro estetico e faremo un lifting".

Il concetto è lo stesso del suo predecessore portoghese ("oggi non volevo la palla") con una differenza sostanziale: aveva di fronte il Sassuolo e non certo il Barcellona dei ‘marziani'; Mourinho ha vinto tutto quel che poteva nella sua esperienza a Milano, lui per adesso è ancora a "zero tituli" ed è uscito per due volte dalla Champions ai gironi e con poco onore, sfiorando la vittoria dell'Europa League. Ed è contento di vincere giocando in contropiede anche contro formazioni di livello tecnico inferiore.

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