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Come è finito il dominio della Juventus: le mosse di Marotta, Pirlo in DAD e calciatori inadatti

Dopo la partita contro il Benevento, Fabio Paratici ci ha messo la faccia, senza però far immaginare rimedi per la crisi profonda della Juventus. Un declino che nasce da lontano: ci sono stati errori per quel che riguarda le azioni dirigenziali, non si è saputo costruire un’area tecnica con esperienza e nuove idee e molto calciatori non sono all’altezza del dominio juventino di questi ultimi nove anni.
A cura di Jvan Sica
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L’unica faccia juventina che si è coraggiosamente mostrata dopo la partita persa dalla Juventus contro il Benevento (e dopo essere usciti dalla Champions League contro il Porto in dieci uomini) è stata quella di Fabio Paratici e appena dopo, anche se per contratto, quella di Andrea Pirlo.

Bisogna dare atto a Paratici che davvero ci ha messo la faccia e questo merita sempre una menzione d’onore, ma le sue parole non tanto di scuse, quanto di reinterpretazione degli eventi sopra descritti non sono così stabili. L’amministratore delegato della Juventus ha parlato giustamente di nove anni di successi, un evento storico nel calcio italiano. Nessuna squadra nel nostro Paese aveva dominato così a lungo. Prendiamo come esempio la Grande Inter di Herrera. Il suo ciclo temporale è andato dal 1964 al 1971, sono sette anni in cui non ha sempre vinto il campionato, anche se ha conquistato due Coppe dei Campioni. Stessa cosa al Milan di Sacchi, durato ancora meno in cui ha vinto un solo scudetto. L’unica squadra con cui può paragonarsi questa Juve è il Grande Torino bloccato solo dalla tragedia di Superga.

Stiamo parlando di numeri di un dominio, è evidente che le condizioni e i contesti sono assolutamente differenti, tanto è vero che questo dominio così egemonico lo stanno esercitando anche altre grandi squadre in altri campionati europei. È quindi un effetto strutturale del nuovo sistema del calcio, che però la Juve ha saputo intercettare e cavalcare, crescendo sempre di più. Dopo aver vinto per nove anni quindi, come diceva Paratici, ci può essere una fase di ripartenza con risultati meno adeguati, ma è il resto del discorso che è considerabile come un po’ nebuloso.
Dividiamo le questioni che riguardano la Juve in tre grandi aree, dirigenza, area tecnica e calciatori.

La dirigenza

Nell’autunno 2018 Giuseppe Marotta lascia la Juve e passa all’Inter. Era ovvio che la sua prima attività era portare avanti operazioni di contrasto nei confronti di chi esercitava dominio ormai da anni. Era stato perfetto nel confermare il dominio, acquisendo in una sola estate i due migliori calciatori delle sole due potenziali concorrenti per lo scudetto, Pjanic dalla Roma e Higuain dal Napoli. Arrivato all’Inter è riuscito in poco tempo a mettere in campo due azioni di contropotere che la Juve, forse anche un po’ troppo adagiata appunto sulle sue posizioni di dominio inscalfibile, non è riuscita controbattere. Dopo l’acquisto di Cristiano Ronaldo era ed è evidente ancora oggi che accanto al portoghese ci sia bisogno di un grande centravanti per esaltarne le caratteristiche. Un centravanti che sappia fare tutto e lavorare nei vuoti che si creano intorno a Cristiano Ronaldo, capace di attirare tutto su di sé quando ha la palla. Marotta e l’Inter è riuscito a non far andare Icardi alla Juventus e poi a strappargli Romelu Lukaku, due calciatori che sarebbero stati eccezionali nella Juve di CR7, con il primo che sarebbe stato addirittura strepitoso proprio per la sua capacità di esserci solo nei momenti che contano.

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Con queste due mosse non solo l’Inter si è rafforzata, ma ha lasciato alla Juve solo Morata che, come abbiamo visto, è un discreto attaccante ma niente di memorabile. Quello che una dirigenza forte deve fare in queste fasi è riuscire in azioni di potere che forzino le controazioni altrui, alzando la posta. Prendiamo un benchmark juventino, ovvero il Bayern Monaco. Stesso dominio in Bundesliga, stesse avversarie che fanno azioni di contropotere (acquisto di Haaland ad esempio) per poterli superare. Il Bayern che fa? Cerca di contrattaccare rimettendo al centro del progetto Javi Martínez, dà un altro anno di contratto a Ribery, cerca in tutti i modi di far crescere Renato Sanches? No. Nell’estate 2018 prende Leon Goretzka, nel 2019 i due terzini campioni del mondo Lucas Hernández e Benjamin Pavard e nel 2020 Leroy Sané, facendo crescere contestualmente i vari Gnabry e Kimmich e diventando la squadra migliore del mondo. Anche il Real Madrid quest’anno si sta comportando in Liga più o meno come la Juve. Vero, ma ha già messo le mani su Alaba e Haaland per il prossimo anno. Più azione di potere di così. La Juve senza Marotta invece ha acquistato solo Matthijs de Ligt come vero uomo che fa migliorare una squadra (anche se Chiesa non dispiace del tutto).

L'area tecnica

Secondo punto, l’area tecnica. Il Bayern Monaco è la migliore squadra del mondo con un tecnico, Hans-Dieter Flick, che fino a due anni fa nessuno conosceva. Come è successo? Quando nel 2013 Guardiola arriva al Bayern cambia il modo di giocare della squadra tedesca. Un numero ampio di allenatori tedeschi lo guardano non come un neo da togliere (in Italia avremmo fatto così?), ma come l’uomo che gli può insegnare il calcio nuovo. Lo studiano a fondo, con lui fanno numerosi incontri, e tra questi c’è anche un assistente di Joachim Löw, Hans-Dieter Flick, che poi riporta tutto al Bayern quando è chiamato in causa. Stessa cosa la sta facendo il Manchester City sempre con Guardiola. Mikel Arteta ora è all’Arsenal, ma chi può negare il fatto che al momento dell’addio guardiolano, Arteta non torni al City, dopo il suo stage molto probante con i Gunners?

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La Juve voleva sviluppare una strada del genere, prendendo Maurizio Sarri, il più guardiolano degli allenatori italiani. Intorno a lui stava iniziando a inserire Pirlo, Baronio, Tudor. Poi Sarri è stato cacciato e Pirlo, senza nemmeno un giorno di scuola ma solo con qualche sessione in DAD, si è trovato allenatore della prima squadra. Non si poteva riuscire in qualche modo a trattenere Maurizio Sarri?

I calciatori

C’è un gruppo di calciatori inadatti al juego de posición che Sarri doveva insegnare a calciatori e giovani tecnici della Juventus. Sono Chiellini, Ramsey, Betancur. Cristiano Ronaldo devi coprirlo in qualche modo perché gioca solo con la palla e come vuole lui. Chiesa, Bernardeschi, Cuadrado continuano a cambiare ruoli e compiti in campo, ci sono alcuni giocatori che non sono quello che crediamo, come Rabiot, Arthur, Alex Sandro (ormai senza più spunto). Se mescoli a tutto questo l’assenza dell’uomo che da solo poteva risolvere tutto con una giocata, Paulo Dybala, la squadra è effettivamente più debole di tante altre squadre che hanno indossato la maglia bianconera in questi nove anni. E le evidenze sono sotto gli occhi di tutti.

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Alla fine dell’intervista di Paratici questi problemi non sono chiaramente emersi, sarebbe stata un’autocritica troppo pesante da fare pubblicamente. La cosa preoccupante però è il fatto che il dirigente juventino non abbia nemmeno fatto immaginare un rimedio possibile, se non quello molto fumoso del “Si deve crescere, abbiamo tanti giovani”. Mbappé e più giovane di Chiesa, Sané è più giovane di Bernardeschi, Eric García del City ha due anni in meno di Matthijs de Ligt. In cosa esattamente si deve crescere?

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