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Festival di Sanremo 2024

Le parole di Giovanni Allevi a Sanremo: “Con la malattia ho perso tutto, ma il dolore mi ha donato tanto”

Giovanni Allevi ospite a Sanremo 2024 a recitato un lungo monologo sulla malattia da cui è affetto: “All’improvviso mi è crollato tutto. Ho perso molto, il mio lavoro, ho perso i miei capelli, le mie certezze, ma non la speranza e la voglia di immaginare”.
A cura di Gaia Martino
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Giovanni Allevi è il primo ospite della 74esima edizione del Festival di Sanremo 2024 a esibirsi sul palco dell'Ariston. Nel corso della seconda serata il pianista e compositore ha recitato un lungo monologo che fa riferimento alla sua battaglia contro il mieloma multiplo. Ha poi suonato al pianoforte ‘Tomorrow‘, un brano scritto durante i ricoveri in ospedale.

Il monologo di Giovanni Allevi a Sanremo 2024

Giovanni Allevi commosso sul palco dell'Ariston è stato accolto da un caloroso e lungo abbraccio. Il pianista e compositore ha così iniziato il suo monologo con la voce rotta dalla commozione:

All'improvviso mi è crollato tutto.
Non suono più il pianoforte davanti ad un pubblico da quasi due anni.
Nel mio ultimo concerto, alla Konzerthaus di Vienna, il dolore alla schiena era talmente forte che sull'applauso finale non riuscivo ad alzarmi dallo sgabello. E non sapevo ancora di essere malato.
Poi è arrivata la diagnosi, pesantissima.
Ho guardato il soffitto con la sensazione di avere la febbre a 39 per un anno consecutivo.
Ho perso molto, il mio lavoro, ho perso i miei capelli, le mie certezze, ma non la speranza e la voglia di immaginare. Era come se la malattia mi porgesse, assieme al dolore, degli inaspettati doni. Quali? Vi faccio un esempio….
Non molto tempo fa, prima che accadesse tutto questo, durante un concerto in un teatro pieno, ho notato una poltrona vuota. Come una poltrona vuota?! Mi sono sentito mancare!
Eppure, quando ero agli inizi, per molto tempo ho fatto concerti davanti ad un pubblico di quindici, venti persone ed ero felicissimo!
Oggi….dopo la malattia, non so cosa darei per suonare davanti a quindici persone.
I numeri…non contano!
Sembra paradossale detto da qui. Perché ogni individuo, ognuno di noi, ognuno di voi, è unico, irripetibile e a suo modo infinito.
Un altro dono!
La gratitudine nei confronti della bellezza del Creato.
Non si contano le albe e i tramonti che ho ammirato da quelle stanze d'ospedale.
Un altro dono.
La riconoscenza per il talento dei medici, degli infermieri, di tutto il personale ospedaliero.
Per la ricerca scientifica, senza la quale non sarei qui a parlarvi.
La riconoscenza per l'affetto, la forza, l'esempio che ricevo dagli altri pazienti, i guerrieri, così li chiamo.
E lo sono anche i loro familiari, e lo sono anche i genitori dei piccoli guerrieri.
Quando tutto crolla e resta in piedi solo l'essenziale, il giudizio che riceviamo dall'esterno non conta più. Io sono quel che sono, noi siamo quel che siamo. E come intuisce Kant alla fine della Critica della Ragion Pratica, il cielo stellato può continuare a volteggiare nelle sue orbite perfette, io posso essere immerso in una condizione di continuo mutamento, eppure sento che in me c'è qualcosa che permane! Ed è ragionevole pensare che permarrà in eterno.
Io sono quel che sono. Voglio andare fino in fondo con questo pensiero. Se le cose stanno davvero così, cosa mai sarà un giudizio dall'esterno? Voglio accettare il nuovo Giovanni.

Ha tolto il cappello e mostrato la sua chioma riccia prima di concludere:

Per onorare la vostra attenzione e per dare forza e speranza alle persone che come me lottano contro la sofferenza, suonerò il pianoforte. Ho due vertebre fratturate e tremore e formicolio alle dite, neuropatia. Come dissi a Vienna, non potendo più contare sul mio corpo, suonerò con tutta l'anima. Ci sarà sempre un giorno più bello ad attenderci.

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