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Salvini, il “derby” del 25 aprile e la distorsione geniale delle parole

Matteo Salvini sul 25 aprile: “Siamo nel 2019 e mi interessa poco il derby fascisti-comunisti”. Chiamare “derby” la festa della liberazione è una mossa geniale, distorta ma geniale. E rientra nella strategia linguistica di dissimulazione che Salvini sta conducendo rispetto al fascismo. Vediamo come.
A cura di Giorgio Moretti
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Il Vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini ha dichiarato che il 25 aprile parteciperà a una manifestazione contro la mafia in Sicilia, e non alle celebrazioni della festa della Liberazione. Niente di nuovo, pare che almeno da quando è segretario della Lega non vi abbia mai partecipato. Ma non è mai stato in vista come quest'anno, il che richiede di alzare l'asticella. Infatti ha esternato questa dichiarazione affermando che "Siamo nel 2019 e mi interessa poco il derby fascisti-comunisti": ha invece indicato la mafia come problema attuale, e quindi sì meritevole di essere combattuto da lui. Questo rientra magistralmente nella sua strategia di dissimulazione del fascismo.

Correva l'anno 1780 quando Edward Stanley, dodicesimo conte di Derby, decise di istituire un premio ippico: una corsa al galoppo di cavalli di tre anni d'età. Questa gara prese il nome della sua contea, e si svolgeva presso la sua magione. Ora, molti sapranno che l'ippica è uno sport che nel mondo britannico ha sempre avuto un'importanza capitale, e questa particolare gara ebbe un successo e un'eco impressionante. Infatti nel secolo successivo molti altri Paesi istituirono il proprio "Derby": in Italia fu re Umberto I, nel 1883, a istituire il "Derby Reale" (si dice, per dare forza all'ippica in Italia). Questo nome è nato quindi descrivendo una gara sportiva di importanza particolare; ma verso la metà del ‘900 iniziò a trovare uno sbocco semantico al di fuori dell'ippica e tanto più popolare, indicando una gara sportiva, di solito di calcio, fra due squadre della stessa città o regione. Il che torna perfettamente: questo genere di gara è sentito come eccezionale, importantissimo: due squadre si contendono il tifo di un solo territorio, ed è naturale che la rivalità fra loro sia parecchio accesa. Per quanto non distruttiva, sono pur sempre concittadini.

Chiamare "derby" la celebrazione del 25 aprile raggiunge un grado di perversione concettuale così alto da essere strabiliante. Permette di vestire la Liberazione con i panni festosi di una rivalità ridicola ma amata per tradizione, di una competizione sportiva attesa da tutta la città, che scandisce l'anno come una festa comandata e oziosa, praticamente un palio del ciuco. Si riducono i partecipanti a fascisti e comunisti quasi fossero milanisti e interisti a Milano, una certa parte della popolazione che a tempo perso coltiva questa passione. Salvini dice in pratica che non potrà venire alla partita perché deve lavorare. E questa è dissimulazione del fascismo.

Nel momento stesso in cui col suo costante benaltrismo Matteo Salvini ribadisce che non ha modo di curarsi del fascismo, che è un affare polveroso consegnato a una storia remota che ormai accende solo i comunisti faziosi, proprio nel momento in cui lo dipinge così sta dissimulando la portata fascista del suo partito, che si può calcolare in maniera netta e spassionata seguendo i punti del Fascismo eterno di Umberto Eco. Quando per farlo usa come diversivo la lotta alla mafia ottiene un risultato formidabile: cerca il cortocircuito dei suoi avversari politici ponendo come alternative la lotta alla mafia e quella al fascismo, usa una delle più nobili cause per travestirsi.

Il pensiero a cui si giunge alla fine è geniale e cristallino: io non ho tempo di pensare al fascismo, passato, perché devo pensare alla lotta alla mafia, presente. Se voi volete continuare ad appiccicarmi queste etichette muffite fate pure, ci penserò io a combattere anche le vostre battaglie mentre voi siete alla partita. Un distillato raffinatissimo. Pericoloso come pochi altri, perché mira con mal protesa intelligenza a screditare (!) il fascismo a parole, relegandolo nel passato dei telai a vapore e dei valvassori, mentre è rampante. Un pensiero imperniato sul ricorso a una parola innocua come "derby". Figuriamoci a che livello di guardia dobbiamo stare.

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Nato nel 1989, fiorentino. Giurista e scrittore gioviale. Co-fondatore del sito “Una parola al giorno”, dal 2010 faccio divulgazione linguistica online. Con Edoardo Lombardi Vallauri ho pubblicato il libro “Parole di giornata” (Il Mulino, 2015).
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