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Rosi Mauro, una “laurea pagata coi soldi pubblici” anche per lei

Vicepresidente del Senato, capo del Sindacato Padano, Rosi Mauro è la preferita di Umberto Bossi. Dalle carte dei magistrati che indagano sullo scandalo della Lega Nord, viene fuori che l’uso disinvolto dei finanziamenti la riguardava in primissimo piano.
A cura di Biagio Chiariello
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vicepresidente del senato, capo del senato padano rosi e la preferita di bossi

Giorno dopo giorno -o meglio, ora dopo ora- emergono nuovi particolari dall'inchiesta sulla Family leghista. Dopo i dettagli sulla campagna elettorale e le lauree pagate al Trota, le automobili di Riccardo Bossi (tra cui una Porsche), la casa di Gemonio ristrutturata all'insaputa del senatùr, il mutuo «per la scuola Bosina di Manuela Marrone (moglie di Umberto)», i 250 mila euro per i «costi liquidi dei ragazzi di Renzo» (la scorta?) e così via, ora dal fiume di intercettazioni, interrogatori e indiscrezioni contenute nei documenti in mano ai magistrati di Milano, Napoli e Reggio, vengono fuori anche dei soldi per Rosi Mauro, vicepresidente del Senato della Repubblica, segretaria del Sindacato Padano, membro principe del Cerchio Magico dei bossiani; è anche e soprattutto da lei che è passato il controllo della segretaria federale dopo la malattia di Bossi, «l'inizio della fine» secondo Nadia Dagrada, la segretaria che nei giorni scorsi ha rifatto agli inquirenti l'elenco delle spese del partito per le esigenze personali del "Capo".

«Rosi Mauro era un pericolo», così si espressa due giorni fa di fronte ai pm l'altra segretaria del leader del Carroccio, Daniela Cantamessa. I magistrati le chiedono di spiegare il senso di una frase intercettata in una telefonata con la Dagrada, in cui diceva «il capo continua imperterrito con quello che gli ho detto», la donna ha risposto: «Mi riferivo al fatto che io stessa avevo avvisato Bossi delle irregolarità del Belsito, o meglio della sua superficialità ed incompetenza, e del fatto che la Rosi Mauro era un pericolo sia politicamente e sia per i suoi rapporti con la famiglia Bossi». Nella stessa telefonata con la Dagrada, questa le confermò l'ipotesi di una sorta di ricatto a Bossi e cioè di «aver suggerito a Belsito di fotocopiarsi tutta la documentazione compromettente, in modo che rimanesse la prova delle malversazioni effettuate e che chi non era stato fedele al partito ne pagasse le conseguenze, prima fra tutti la Rosi Mauro». E non è un caso se da un'intercettazione dello scorso 7 febbraio, Belsito rivela alla Dagrada di credere che la senatrice «stia tramando col ‘capò (Bossi) per mandarlo via», e l'ex segretario: «sai quanto gli ho dato l'altro giorno alla nera? (Rosi Mauro) (…) 29.142 in franchi… vuoi che ti dica tutti gli altri di prima?»

La pasionaria del Carroccio, così come viene chiamata la Mauro, ha goduto di «3 lauree pagate con i soldi della Lega». Parole della Dagrada fatte ai magistrati nel corso dell'interrogatorio all'indomani delle perquisizioni in Via Bellerio. Belsito avrebbe sborsato «120mila euro, prelevati dalle casse della Lega», cioè soldi pubblici, per gli studi del vicepresidente del Senato, ma anche per quelli di Pier Moscagiuro, compagno della stessa Rosi. Ma si parla anche di «200/300 mila euro» per il Sinpa.

Ma Rosi Mauro respinge ogni imputazione: «Non sono solita commentare le notizie di stampa che spesso riguardano la mia persona – scrive in un comunicato – Ma mi trovo costretta a ribattere alle "porcherie" che i giornali si stanno inventando, per salvaguardare il bene più prezioso, il Sindacato, che ho creato con enormi sacrifici». Una replica che tuttavia non convince. Dopo lo scandalo che l'ha travolta, Rosi Mauro dovrebbe quanto meno dare lo stesso esempio che ha già dato il suo mentore con le dimissioni da segretario della Lega. Solo per il fatto che ricopre un ruolo istituzionale, è un atto dovuto. E se pensiamo che in Gran Bretagna, il Ministro dell’Ambiente, Chris Huhne, ha lasciato per una multa per eccesso di velocità, lo è ancora di più.

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