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Lavoratori Istat in sciopero: “No alla privatizzazione, non siamo carne da macello”

Hanno scioperato contro l’esternalizzazione delle funzioni informatiche dell’ente, la mancata valorizzazione delle carriere e il nodo smart working: i lavoratori Istat annunciano la mobilitazione a oltranza se la 3-I non sarà stralciata dal PNRR.
A cura di Natascia Grbic
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"Stiamo attraversando una delle fasi più buie da quando abbiamo memoria. La vicenda della 3-I e l'esternalizzazione dell'informatica è solo l'ultima goccia. L'Istat è un istituto allo sbando, durante l'ultimo quadriennio dell'amministrazione Blangiardo/Camisasca abbiamo assistito a un progressivo declino. Basti pensare che durante la fase pandemica la produzione statistica in merito a numeri ed estensione del contagio non è stata in grado di fornire un'informazione tempestiva e di qualità, a differenza degli altri istituti europei. Siamo stanchi e non abbiamo intenzione di essere carne da macello". A parlare, a Fanpage.it, è Angelita Castellani, dell'assemblea permanente dei lavoratori Istat. Da settimane l'istituto è in mobilitazione contro l'esternalizzazione di tutte le funzioni informatiche dell'ente, reparto che da solo conta circa duecento impiegati. Lunedì 20 giugno i dipendenti hanno scioperato, prima davanti la sede di via Balbo, e poi a Palazzo Vidoni. Il rischio che vedono i lavoratori è quello di una progressiva privatizzazione di un servizio che dovrebbe essere pubblico, oltre allo smantellamento di un intero reparto, con dipendenti che potrebbero non avere più garantita la propria funzione. "Non vogliamo che l'Istat sia privatizzato e che i nostri dati finiscano in mano a una società per azioni – aggiunge Eleonora Sibilio – Difendiamo la statistica pubblica e l'autonomia del nostro ente".

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Smart working, blocco delle carriere e mancanza di lavoratori

Al centro delle proteste dei dipendenti Istat, anche la mancata valorizzazione dei lavoratori all'interno dell'istituto e la mancanza di concorsi che ha portato gli stessi a un sovraccarico di lavoro per il mancato ricambio generazionale. "Non abbiamo procedure concorsuali in grado di ripristinare il personale andato in pensione per via dell'applicazione di Quota 100 – continua Castellani – Inoltre le politiche di reclutamento e valorizzazione delle carriere solo al palo da anni, cosa che ha prodotto uno stop all'incremento salariale necessario per affrontare la fase di recessione che stiamo attraversando". C'è poi la questione dello smart working: durante la pandemia l'istituto ha funzionato molto bene con il lavoro agile, e molti dipendenti vorrebbero continuare a lavorare in smart working. Se prima l'Istat aveva aperto a questa possibilità, adesso con l'avvento di Renato Brunetta al ministero dell'Amministrazione pubblica si è fatto un passo indietro. "Durante la pandemia c'è stata un'accelerazione sul lavoro agile, progetto che è stato presentato in pompa magna dai dirigenti in vari convegni – spiega Castellani – Adesso siamo tornati alla mera adesione delle norme di Brunetta post pandemia. Torniamo quindi alla prevalenza in ufficio quando il grado di informatizzazione potrebbe garantire forme di lavoro da remoto. Questo ha prodotto caos organizzativo, demotivazione e sfiducia".

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La formazione della 3-I a opera del PNRR

La 3-I (dove le tre ‘I' stanno per Istat, Inail e Inps) è una società privata a capitale pubblico creata dall'art.28 del decreto legge per l'attuazione del PNRR, che si andrà a occupare delle funzioni informatiche degli enti. Per la sua costituzione i tre istituti dovranno versare ciascuno quindici milioni di euro. Questo nonostante il ministero per la Transizione digitale abbia riconosciuto il settore informatico dell'Istat come uno dei più virtuosi in Italia. Il rischio paventato dai sindacati è che un pezzo di lavoratori pubblici divenga privato, e che i dati sensibili raccolti dall'Istat su cittadini e imprese possano non essere più protetti adeguatamente.

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