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Riace, Lucano: “Anche nei campi di concentramento di Hitler si rispettavano le regole”

Mimmo Lucano risponde in tribunale durante l’interrogatorio di garanzia davanti al gip: “Non ho nulla da nascondere, tutto quello che so lo dico”. Il procuratore di Locri, in un’intervista, rilancia le accuse: “Ha operato non come sindaco ma come un monarca, ammettendo di fregarsene di quelle regole che sono una garanzia per tutti. Sarà pure un illuminato, ma non può passare”.
A cura di Annalisa Cangemi
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 Il sindaco di Riace Mimmo Lucano, arrestato martedì per l'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e altri reati e altri reati, fra cui l'associazione per delinquere (che però non hanno trovato riscontro da parte del gip nell'applicazione della misura cautelare), è arrivato in tribunale questa mattina per l'interrogatorio di garanzia, accompagnato dai suoi avvocati e dal fratello. Dovrà rispondere alle domande del gip Giuseppe Di Croce, che deciderà se confermare o meno gli arresti domiciliari, disposti nell'ambito dell'inchiesta "Xenia". "Non ho nulla da nascondere, tutto quello che so lo dico", ha dichiarato Lucano ai cronisti.

Al termine dell'interrogatorio ha poi dichiarato: "Anche i campi di concentramento quando c'era Hitler rispettavano le regole. C'è mi accusa di non aver rispettato le regole ma forse la Costituzione italiana la rispetto più io di molti che si nascondono dietro ‘le regole'. La prima regola della Costituzione italiana che nasce dalla Resistenza è il rispetto degli esseri umani. E non hanno colore della pelle o nazionalità. Quello che sta succedendo è una cosa assurda. Anche gli inquirenti durante l'interrogatorio – dice – hanno riconosciuto che quello che mi contestano è il reato di umanità. Però, mi hanno detto, ci sono le regole".

"Mimmo Lucano? ‘Le roi c'est moi'. Ha operato non come sindaco, rappresentando i cittadini nel rispetto delle regole, ma come un monarca, ammettendo di fregarsene di quelle regole che sono una garanzia per tutti. Sarà pure un illuminato, ma non può passare. L'unico Stato nello Stato che c'è in Italia, oltre al Vaticano, è San Marino e non Riace". È l'accusa lanciata dal procuratore di Locri, Luigi D'Alessio, in un'intervista a Repubblica. Il magistrato ha spiegato di non aver mai "messo in discussione" il modello Riace, "non sta a me giudicare e non intendo passare per il Torquemada di un progetto che ammiro. Dico solo che quando si elegge a paladino dell'accoglienza un'unica persona, se poi quella persona si rivela non valida, finisce per trascinare con sé tutto il resto".

"La politica non c'entra – ha ribadito – L'indagine è nata un anno e mezzo fa con il precedente governo. Che sia arrivata a conclusione ora è un caso. Non abbiamo ricevuto pressioni e non è giustizia a orologeria. Sapevo che saremmo stati oggetto di invettive e strumentalizzazioni ma non potevo esimermi dall'uscire in mare aperto. L'azione penale è obbligatoria, anche per Lucano". Riguardo all'impianto accusatorio, in buona parte sconfessato dal gip, "abbiamo un'idea fondata che siano stati commessi reati ben più gravi, tra cui la sottrazione di somme che lo Stato aveva erogato per quel progetto, almeno 2 milioni. Quei soldi non sono stati rendicontati, sono spariti. Riteniamo che Lucano li abbia utilizzati per fini personali. Abbiamo riscontri di grosse spese di viaggi e di beni per la compagna di Lucano, incompatibili con il suo stipendio da sindaco. E a volte il tornaconto personale può essere anche politico, d'immagine". Ora "stiamo preparando ricorso al Riesame, ma nelle more andremo avanti con la richiesta di rinvio a giudizio per tutti i reati. Nessun accanimento, ma ritengo che gli elementi siano sufficienti. E ci terrei a dire un'ultima cosa: vorrei lanciare un messaggio di serenità in questo clima di veleno. La sopravvivenza del modello Riace è una scelta politica. Io auspico che sia portata avanti con gli strumenti della legalità".

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