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Violenze contro le donne nell’Aeronautica, il caso di Giulia Schiff: “Io picchiata da 8 commilitoni”

La senatrice Cinzia Leone ha presentato un’interrogazione parlamentare orale al ministro della Difesa Guerini, per denunciare la vicenda di Giulia Schiff, ex allieva dell’Accademia aeronautica vittima di un rito di iniziazione, avvenuto nel 2018, che si è trasformato poi in violenza fisica e psicologica.
A cura di Annalisa Cangemi
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Cinzia Leone (M5s) e Giulia Schiff
Cinzia Leone (M5s) e Giulia Schiff

Nonnismo, bullismo, percosse, frustate, un rito goliardico che sfocia in atrocità, all'interno dei corpi militari. "Da mamma e da parlamentare volevo manifestare il mio supporto a Giulia Schiff. Ho fatto un'interrogazione parlamentare orale al ministro Guerini su questo caso inaccettabile", ha detto la senatrice Cinzia Leone (M5s), durante l'ultima puntata di ‘Nemmeno con un clic', l'appuntamento digitale del MoVimento 5 Stelle per il contrasto ad ogni forma di violenza di genere, privata, sessuale e sui minori, che oggi è dedicata alla vicenda della ventunenne Giulia Schiff, ex allieva dell'Accademia aeronautica che ha denunciato otto commilitoni per un rito di iniziazione, avvenuto nel 2018, che si è trasformato in violenza fisica e psicologica, una tortura durata 8 minuti.

Nell'articolo 719, quando di parla di ‘spirito di corpo', si fa riferimento al "sentimento di solidarietà che, fondato sulle tradizioni etiche e storiche del corpo, deve unire i membri di una stessa unita' al fine di mantenere elevato e accrescere il prestigio del corpo cui appartengono". Un concetto molto distante dal ‘rito goliardico' subito questa donna. "Giulia ha avuto il coraggio di denunciare", ha detto Leone, che è vice presidente della commissione Femminicidio. Dopo i pestaggi la ragazza era coperta di ferite e lividi sulle natiche. "Altro che solidarietà e spirito di corpo", ha commentato Leone. Il ministro Guerini ha risposto all'interrogazione, assicurando che seguirà la vicenda con "doverosa attenzione".

"La mia storia – ha raccontato Giulia Schiff – iniziò poco prima del battesimo del volo. Allora avevo già ricevuto delle minacce. Mi avevano detto che mi avrebbero spaccato i denti sull'ala. Ne parlai con un superiore, il quale però mi disse che se mi fossi rifiutata di partecipare a quel rito mi sarei auto-emarginata. Quindi fui costretta a sottopormi a quelle violenze. Dopo quell'episodio mostrai le foto delle ferite sul mio corpo a mio padre, che è tenente colonnello in congedo, il quale rimase allibito e si infuriò. Anche lui da giovane aveva fatto questo battesimo, ma non aveva mai subito niente del genere. Chiese spiegazioni al mio comando, che però negò tutto, assicurando che era stata soltanto rispettata la tradizione". Ma la tradizione prevede che l'allievo venga raccolto dall'aereo, senza toccare terra, per essere poi buttato in piscina. Nulla a che vedere con quello che è successo a Giulia.

"Dopo la mia denuncia è iniziato il mobbing, con punizioni esorbitanti per delle inezie. Senza un minimo preavviso sono stata espulsa dall'accademia. Sono stata sbattuta fuori, come un criminale, non mi hanno dato nemmeno la possibilità di recuperare i miei effetti personali. Ora stiamo combattendo contro quest'espulsione".

"All'interno dell'Esercito è stato attivato un numero verde per le vittime di violenza, per l'Aeronautica non mi risulta", ha precisato Giulia Schiff – Qualcuno dovrebbe prendere dei provvedimenti, attivare un numero verde tutelato", per evitare appunto che possano esserci ritorsioni da parte dei superiori.

Il caso di Emanuele Scieri

Ma i casi di violenza che vedono coinvolti i militari, e quindi le istituzioni repubblicane, non sono purtroppo isolati. È intervenuta oggi anche l'avvocata Alessandra Furnari, che assiste la madre e il fratello di Emanuele Scieri, paracadutista morto il 13 agosto 1999 mentre svolgeva il servizio militare di leva a Pisa, probabilmente nel tentativo probabilmente nel tentativo di sottrarsi ad atti di nonnismo in caserma. Allora era obbligatorio il servizio di leva. Come tanti altri ragazzi Emanuele prese servizio miliare all'età di 26 anni, dopo la laurea.

"Il suo corpo non è stato ritrovato per 3 giorni, all'interno della caserma di Pisa – ha spiegato il legale – In quel momento non c'erano i sistemi mediatici di ora, ma la vicenda fece molto scalpore. In un primo momento sembrava che nessuno avesse visto e sentito niente. Si tentò di dire che Emanuele si era suicidato. La famiglia si sentì dire che il figlio aveva dei problemi. Si alzò un muro di gomma, tanto è vero che nonostante tutte le indagini non si arrivò a nulla. Con la morte di Emanuele gli amici si costituirono subito in un comitato, ‘Giustizia per Lele'. Grazie a quest'associazione è stata creata la commissione parlamentare d'inchiesta, e la documentazione è stata depositata alla procura di Pisa e a quella militare, e si è arrivati a due richieste di rinvio a giudizio. La Cassazione ha assegnato poi il caso al tribunale ordinario. Ora ci sono tre presunti colpevoli del fatto materiale, omicidio pluriaggravato, e due imputati di favoreggiamento. Dalla ricostruzione che adesso abbiamo capiamo come all'interno di quella caserma c'erano solo atti di violenza e prevaricazione, non atti di goliardia".

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