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Referendum, Zingaretti: “Non condivido argomenti del M5s. Ma è per questo che non mi tiro indietro”

Nicola Zingaretti torna a difendere le sue ragioni del Sì al referendum sul taglio del numero dei parlamentari. E alle voci interne del Partito democratico che non mandano giù una riforma promossa dal Movimento Cinque Stelle, risponde: “Odio l’antipolitica, l’ho sempre odiata. Io non faccio un passo indietro perché il campo è occupato da qualcuno che pur votando sì lo fa con argomenti che io non condivido. Anzi, questo è proprio uno dei motivi che mi spinge a starci e aprire il cantiere delle riforme”.
A cura di Annalisa Girardi
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Il leader del Partito democratico, Nicola Zingaretti, parla delle sue ragioni per il Sì al referendum costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari. Tema caldo delle ultime settimane non solo in Parlamento, ma anche all'interno del suo stesso partito. Il segretario dem risponde alle voci critiche interne che contestano una riforma promossa dal Movimento Cinque Stelle, la quale penserebbe solo a tagliare le poltrone senza tenere conto di altri importanti elementi. In primis la questione della legge elettorale. Ma Zingaretti sottolinea come la riforma per la riduzione di deputati e senatori sia sempre stata nel Dna del suo partito e che sebbene lui stesso non condivida alcuni assunti degli alleati di governo, proprio per questa ragione è importante non tirarsi indietro. "Odio l'antipolitica, l'ho sempre odiata. L'ho combattuta anche quando qualcuno le lisciava il pelo perché era contro la sinistra o il Partito democratico. E ora non lascio il campo quando c'è una riforma che vuole cambiare le cose. Su una proposta, quella della riduzione dei parlamentari che è sempre stata nella storia e nel Dna dei democratici, che deve essere accompagnata da riforme. Che ora è giusto fare: perché l'antipolitica si combatte anche cambiando le cose", afferma il leader dem intervenendo a diMartedì su La7.

Alle voci contrastanti, che poco accettano una proposta proveniente dalle fila dei Cinque Stelle e che puntano il dito contro gli argomenti di Luigi Di Maio, Zingaretti risponde: "Chi se ne frega di Di Maio, io non lascio il campo di una mia riforma ad altri che non la pensano come me. Lo dobbiamo occupare e con il Sì aprire il cantiere delle riforme. Con il No rimane tutto come adesso e questo secondo me è sbagliato".

Molti critici nell'area dem, più che il contenuto in sé della riforma, contestano al segretario come questa venga promossa dietro proposta dei pentastellati: se è vero che il Pd ha più volte parlato di ridurre il numero dei parlamentari negli anni, sottolineano, è anche vero che lo ha sempre fatto parlando di una riforma più generale. Mentre i Cinque Stelle parlano semplicemente di tagliare le poltrone. "Allora mi verrebbe da chiedere: dove stavate ad agosto dell'anno scorso? Perché quando stavamo facendo il governo e io dicevo di discutere bene il programma, mi accusavano di boicottarlo", replica il segretario dem. E prosegue: "Grazie a noi abbiamo messo questo punto a base del governo insieme a un processo di riforma, difficilissimo e di garanzie dal punto di vista di funzionamento delle istituzioni molto complesso. Ma non per questo dobbiamo gettare la spugna e lasciare tutto com'è. Se c'è un piccolo spazio per cambiare le cose, noi in quel piccolo spazio ci dobbiamo entrare e combattere per cambiare".

Zingaretti lancia un appello al suo partito, affermando che non si deve essere "subalterni all'antipolitica". Poi continua: "Io non faccio un passo indietro perché il campo è occupato da qualcuno che pur votando sì lo fa con argomenti che io non condivido. Anzi, questo è proprio uno dei motivi che mi spinge a stare in campo. Sono stato anche molto attento ad alcune motivazioni, come il pericolo per la democrazia. Con sincerità dico che non è questo il punto. Posso dirlo, per la libertà e la democrazia di questo Paese darei la vita. La democrazia italiana è nata anche sul sangue di chi è morto per difenderla, ma non è vero che se passa questa riforma siamo in quelle condizioni". Secondo il leader dem, se vincerà il Sì al referendum si aprirà invece la condizione di poter cambiare le cose: "Combattiamo per cambiare con i nostri valori come sempre abbiamo fatto. Altrimenti non serviamo a niente. E allora sì siamo subalterni agli altri".

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