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Pesaro, Polizia Urbana multa un richiedente asilo per accattonaggio: ma mendicare non è un reato

Il vicesegretario di Possibile, Andrea Maestri, ha denunciato un atto della Polizia Urbana di Pesaro che ha sanzionato un richiedente asilo di nazionalità nigeriana per aver chiesto l’elemosina in via Rossini. Tuttavia, la legge italiana non considera le pratiche di accattonaggio e mendicità come reati dal 1995.
A cura di Annalisa Girardi
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Andrea Maestri, della segreteria di Possibile, ha accusato la polizia urbana di Pesaro di aver sanzionato, multando un richiedente asilo di nazionalità nigeriana per le violazioni di accattonaggio e mendicità, ciò che la legge non punisce più dal 1995. Attraverso un post su Facebook, Maestri ha pubblicato la foto di un verbale del Comando generale di Pesaro da cui emerge che la polizia comunale ha contestato a un uomo nigeriano di aver chiesto le elemosina in Via Rossini lo scorso 3 maggio. Ciò sarebbe avvenuto in quanto il regolamento della polizia, all'articolo 17 bis, prevede il divieto di mendicare in alcune zone della città.

Queste predisposizioni, evidenzia Maestri, sono in netto contrasto con la Costituzione e le leggi italiane. Mendicare in modo molesto o invasivo è sì tornato ad essere reato con il Decreto sicurezza firmato dal ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ma si tratta solo di alcuni casi determinati dall'Articolo 669 bis: "Chiunque esercita l'accattonaggio con modalità vessatorie o simulando deformità o malattie o attraverso il ricorso a mezzi fraudolenti per destare l'altrui pietà, è punito con la pena dell'arresto da tre a sei mesi e con l'ammenda da euro 3.000 a euro 6.000. È sempre disposto il sequestro delle cose che sono servite o sono state destinate a commettere l'illecito o che ne costituiscono il provento". Chiedere le elemosina ai passanti è invece lecito.

Tuttavia, al richiedente asilo è stata imposta una sanzione di 50 euro. Una "norma comunale regolamentare non può, ovviamente, derogare alla Costituzione e alle leggi della Repubblica", spiega l'avvocato. "Non può, legittimamente, il Regolamento di Polizia Urbana stabilire che è ammessa la mendicità solo in alcune zone della città, perché se un'attività è lecita, non ne può essere limitato geograficamente lo svolgimento se non violando la libertà di circolazione di cui all'art. 16 della Costituzione, per cui ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche", scrive Maestri, rimarcando come nel caso di via Rossini non sussista alcuna ragione di sanità o sicurezza che spiegherebbe il divieto.

Per la Corte Costituzionale mendicare non è reato

Maestri rivolge poi al sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, alcune affermazioni sostenute dalla legge 519 del 1995, attraverso la quale la Corte Costituzionale ha stabilito che mendicare non sia più un reato: "Gli squilibri e le forti tensioni che caratterizzano le società più avanzate producono condizioni di estrema emarginazione", per cui si considerano pericolose e colpevoli le persone in condizioni di povertà estrema. "Ma la coscienza sociale ha compiuto un ripensamento a fronte di comportamenti un tempo ritenuti pericolo incombente per un'ordinata convivenza, e la società civile consapevole dell'insufficienza dell'azione dello Stato ha attivato autonome risposte, come testimoniano le organizzazioni di volontariato che hanno tratto la loro ragion d'essere, e la loro regola, dal valore costituzionale della solidarietà", continua la sentenza. "In questo quadro", conclude poi la Corte Costituzionale, "la figura criminosa della mendicità non invasiva appare costituzionalmente illegittima alla luce del canone della ragionevolezza, non potendosi ritenere in alcun modo necessitato il ricorso alla regola penale. Nè la tutela dei beni giuridici della tranquillità pubblica  può dirsi invero seriamente posta in pericolo dalla mera mendicità che si risolve in una semplice richiesta di aiuto". L'esponente di Possibile ha quindi concluso il suo appello su Facebook esprimendo fiducia in "un'immediata modifica del regolamento che punisce i poveri". Fanpage.it ha interpellato per chiarimenti l'ufficio stampa del sindaco di Pesaro che però non era a conoscenza del caso e non ha commentato ulteriormente.

La proposta di Forza Italia

Il tema, oltre ad essere stato rivisitato dal Decreto sicurezza, è anche stato riemerso in seguito ad una proposta di legge (ancora non discussa a Montecitorio) firmata dal deputato di Forza Italia, Galeazzo Bignami. Nel documento si legge che, a causa dell'aumento dell'accattonaggio, le amministrazioni comunali avrebbero "dovuto sopperire alla mancanza della previsione di tale reato con appositi regolamenti che vietano l’esercizio della pratica stabilendo, in caso di violazione del divieto, l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie". Il testo continua definendo la mendicità una delle "ragioni del degrado e dell’insicurezza che caratterizzano le nostre città" e pertanto richiede una "delega al Governo affinché assicuri un contrasto più efficace della pratica dell’accattonaggio introducendo nel codice penale una serie specifica di reati in materia".

"La povertà non può essere motivo di emarginazione"

Contattato da Fanpage.it, Maestri ha ribadito che il verbale si trova in netto contrasto con le norme attualmente in vigore nel nostro Paese, per cui "la condotta contestata al ragazzo non corrisponde ad accattonaggio invasivo, per cui sono previste sanzioni". Infatti, ha sottolineato Maestri, nel verbale la crocetta di "accattonaggio molesto" non viene nemmeno segnata, mentre si indica semplicemente la mendicità, che non corrisponde ad alcun reato. Le amministrazioni comunali, per questione di ordine pubblico, possono regolamentare il modo in cui questa attività viene praticata, ad esempio non consentendo lo stazionamento per più di un certo tempo in un dato luogo, ma non possono vietare qualcosa che la normativa italiana considera lecito, come ha spiegato ancora Maestri.

"La condizione di povertà delle persone non può essere motivo di emarginazione", sostiene Maestri, che ha presentato un ricorso al sindaco di Pesaro chiedendo la modifica del regolamento della polizia urbana. Alcune condizioni sociali stigmatizzate non possono essere motivo di "allontanamento delle persone dai salotti buoni della città", ha continuato Maestri, affermando che non si possono trasformare degli individui discriminati in un problema di sicurezza urbana.

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