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Opinioni

No, l’Italia non è il Paese dell’anno nemmeno per sbaglio

L’Economist incensa l’Italia come Paese più migliorato del 2021. L’ennesima meritata medaglia di questo 2021? No, purtroppo è solo un tentativo mal riuscito di inchiodare Mario Draghi a Palazzo Chigi.
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Mai una gioia, d’accordo. Però almeno risparmiamoci la retorica patriottica, quando non è il caso. Pure quando ce la mettono addosso gli altri. Perché può pure farci piacere che il settimanale inglese The Economist, che con l’Italia non è mai stato tenero, ci abbia incoronato Paese dell’anno del 2021. Allo stesso modo, però, dobbiamo avere l’onestà intellettuale di ammettere che in quel giudizio c’è più conformismo che altro, sia esso figlio delle vittorie di Jacobs e Tamberi, o dell’Italia di Mancini, o dei Maneskin, o del carisma di Mario Draghi, fate voi.

Ok, noi abbiamo vaccinato (quasi) più di tutti e cresciamo (quasi) più di tutti. Quasi, per l’appunto. Perché tanto per dirne una, la Spagna a fine anno crescerà più di noi e avrà vaccinato più gente di noi. Perché allora non è la Spagna, il Paese dell’anno? Perché Pedro Sanchez è meno super di Mario Draghi? Perché Dani Olmo ha sbagliato il rigore e Jorginho invece no? Misteri del giornalismo anglosassone.

Non solo: a dispetto della retorica patriottica sulla nostra straordinaria abilità negoziale, che ha dipinto l’Italia come il Paese che ha ottenuto più fondi dal piano Next Generation Eu, la Spagna è riuscita a strappare pure più sovvenzioni a fondo perduto di noi: numeri alla mano 69,51 miliardi, contro i 68,55 miliardi italiani. Certo, poi noi abbiamo preso anche un bel po’ di soldi in prestito, a differenza degli spagnoli. Però quelli dovremo restituirli con gli interessi, che andranno a gravare su un debito pubblico pari al 154,8% del PIl. Quello sì da record, ma negativo.

Il prezzo di questi soldi, dice la fanfara dell’Economist, sono le straordinarie e coraggiose riforme della maggioranza bulgara che sostiene l’esecutivo. Nello specifico: una riforma fiscale che privilegia i ceti più abbienti, una riforma della giustizia che piace sia a Forza Italia, sia al Movimento Cinque Stelle e un piano per la transizione verde meno ambizioso di quello dell’Unione Europea – con un taglio delle emissioni del 51% rispetto al 1990, contro il 55% di Bruxelles -, tutto sbilanciato a favore dell’idrogeno gassoso che si ottiene dal metano, uno dei peggiori gas serra esistenti. Per la cronaca: nel 2021, l'Italia-Paese dell’anno ha aumentato le emissioni di gas serra, anziché ridurle come molti Paesi al mondo, tra cui il Giappone. Ma hey, il Giappone non ha vinto i cento metri alle Olimpiadi.

E già che ci siamo, facciamo finta di non vedere che nel 2021 la disoccupazione giovanile del Paese dell’anno – sono dati di settembre – ha raggiunto il 29,8%, superando addirittura quella greca. O che nel 2020, il Paese dell’anno, ha battuto un nuovo record di denatalità, con 12.500 nascite mancate in più rispetto al 2020. O che il numero delle donne uccise dagli uomini è cresciuto dell’8% in un solo anno. O che sono aumentate del 6,3% le denunce di infortuni sul lavoro, quasi 450mila in soli dodici mesi.

Certo, poteva andare peggio. Ad esempio, potevamo essere i peggiori come al solito e non lo siamo stati. Ma il dubbio malevolo che l’Economist ci incensi perché vuole invitarci a lasciare Mario Draghi al suo posto c’è. Del resto, il primo azionista dell’Economist, con il 43,3% delle quote, è la Exor, cassaforte di John Elkann e della famiglia Agnelli, i cui giornali sono stati tra i più grandi sponsor dell’ascesa dell’ex presidente della Bce a Palazzo Chigi. A pensar male si fa peccato, certo, ma la vanagloria è un peccato ancora peggiore.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro. 15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019)
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