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Nella dichiarazione finale del G20 solo “la maggior parte dei Paesi” condanna la guerra in Ucraina

Nella dichiarazione finale del G20 solo la maggior parte dei Paesi partecipanti “deplora con la massima fermezza l’aggressione della Federazione Russa contro l’Ucraina e richiede il suo ritiro completo e incondizionato”.
A cura di Annalisa Girardi
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Si conclude il G20 a Bali e il presidente indonesiano Joko Widodo ha passato il testimone al premier indiano, Narendra Modi, che ospiterà la prossima edizione nel 2023. Nella dichiarazione finale la maggior parte dei leader mondiali "ha condannato con forza la guerra in Ucraina" che "sta causando immense sofferenze umane e aggravando le fragilità esistenti nell'economia globale, limitando la crescita, aumentando l'inflazione, interrompendo le catene di approvvigionamento, aumentando l'insicurezza energetica e alimentare ed elevando i rischi per la stabilità finanziaria".

Tuttavia, si legge ancora nel comunicato, "ci sono stati punti di vista e diverse valutazioni della situazione e delle sanzioni".

In particolare, il comunicato finale (invariato rispetto alla bozza diffusa ieri), nel terzo punto, recita: "Quest'anno abbiamo assistito all'ulteriore impatto negativo della guerra in Ucraina sull'economia globale. La questione è stata discussa. Abbiamo ribadito le nostre posizioni nazionali espresse in altre sedi, tra cui il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite che, nella Risoluzione n. ES-11/1 del 2 marzo 2022, adottata a maggioranza (141 voti favorevoli, 5 contrari, 35 astensioni, 12 assenti) deplora con la massima fermezza l'aggressione della Federazione Russa contro l'Ucraina e richiede il suo ritiro completo e incondizionato dal territorio dell'Ucraina", si legge al terzo punto della dichiarazione.

E ancora: "Riconoscendo che il G20 non è la sede per risolvere le questioni di sicurezza, riconosciamo che le questioni di sicurezza possono avere conseguenze significative per l'economia globale", conclude il terzo punto della dichiarazione finale. In cui si parla anche del rischio legato alle armi nucleari. "È essenziale sostenere il diritto internazionale e il sistema multilaterale che salvaguarda la pace e la stabilità. Ciò include la difesa di tutti gli scopi e i principi sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite e l'adesione al diritto umanitario internazionale, compresa la protezione dei civili e delle infrastrutture nei conflitti armati. L'uso o la minaccia di uso di armi nucleari è inammissibile. La risoluzione pacifica dei conflitti, gli sforzi per affrontare le crisi, così come la diplomazia e il dialogo, sono fondamentali. L'epoca odierna non deve essere quella della guerra", si legge ancora nel comunicato.

A margine del G20 oggi c'è stata anche una riunione degli alleati Nato, tra cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, per "valutare i prossimi passi" dopo aver appreso la notizia dei missili russi che sarebbero caduti in Polonia. Non è presente al giorno conclusivo di G20 il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, che ieri è ripartito per la Russia con un giorno di anticipo rispetto alla conclusione dei lavori.

Oggi il presidente indonesiano Widodo ha aperto la giornata lanciando un appello affinché la guerra si fermi il prima possibile. L'attenzione in questa ultima giornata di vertice è tutta concentrata su quanto accaduto al confine tra Polonia e Ucraina. Nella notte si sono riuniti i leader del G7, a cui si sono aggiunti i primi ministri olandese e spagnolo. La preoccupazione è tanta, ma i leader rimangono cauti: non è ancora certo che il missile sia stato lanciato dal territorio russo. La Polonia afferma di essere sicura che si tratti di un paio di ordigni di fabbricazione russa, ma potrebbero anche essere i resti di missili russi abbattuti dalle forze ucraine. Oppure missili ucraini della contraerea.

Insomma, la dinamica è ancora tutta da chiarire, anche se chiaramente le tensioni rimangono elevate. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky oggi dovrebbe intervenire ulteriormente al G20, in videoconferenza.

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